Il nono congresso del PRC sta per entrare nel vivo e Ferrero, tra i
sostenitori del documento "Ricostruire la Sinistra", accetta con
cortesia di rispondere alle nostre domande nonostante i numerosi impegni
(politici e non).
Quello
che Rifondazione sta per affrontare è un congresso straordinario. Tu
cosa ti aspetti dal IX congresso del PRC? Quali saranno i nodi più
importanti da sciogliere? Il risultato è così scontato come sembra?
Il punto fondamentale del congresso a me pare chiaro: come ridare
piena efficacia all'azione di Rifondazione Comunista nel contesto della
crisi economica, sociale ed istituzionale? Al fine di dare una risposta
positiva a questa domanda di fondo il Documento 1 propone tre terreni
prioritari di iniziativa.
In primo luogo rilanciare il Partito della Rifondazione Comunista e
la prospettiva della rifondazione comunista. Si tratta quindi di
riproporre il tema della trasformazione sociale radicale a partire
dall'impossibilità per il capitale di affrontare la crisi in termini
riformisti e nel contempo si tratta di riformare il partito al fine di
renderlo più efficace per affrontare questo compito. Nel documento vi
sono varie proposte che qui non riprendo.
In secondo luogo si tratta di costruire un polo della sinistra
autonomo ed alternativo al centro destra e al centro sinistra. Per fare
questo polo non basta rilanciare Rifondazione ma è necessario aggregare
tutte le forze - culturali, sociali e politiche - che si pongono il tema
dell'alternativa in termini che fuoriescono completamente
dall'alternanza. Questa proposta si basa sulla consapevolezza che larga
parte delle persone di sinistra non fanno oggi parte di rifondazione e
che quindi è necessario essere promotori di un processo di aggregazione.
Questa consapevolezza non è presente nel documento 2 ed in particolare
nel Doc. 3 e questo è un grave errore.
In terzo luogo occorre operare per costruire un movimento di massa
per la democrazia e contro le politiche di austerità. Vi sono positivi
elementi di ripresa (pensiamo alle manifestazioni del 12 e del 19) ma
non esiste un movimento unitario. Noi operiamo quindi per l'unificazione
dei diversi movimenti e per la loro sedimentazione in strutture sul
territorio.
Questi tre elementi su cui rilanciare il progetto politico di
Rifondazione sono tra loro intrecciati e per uscire dalla sconfitta
occorre perseguirle tutte e tre. Parimenti è del tutto evidente che per
poter agire efficacemente su questi tre terreni, occorre avere una
chiarezza estrema su almeno tre questioni.
In primo luogo servono obiettivi intermedi, che siano percepibili non
solo come auspicabili ma anche come possibili da vasti strati popolari.
E' questa la funzione del Piano per il lavoro e della battaglia per la
difesa e l'attuazione della Costituzione che rappresentano il cuore
della proposta politica di fase del Documento 1. Senza obiettivi
intermedi percepiti come praticabili le nostre parole d'ordine sono
destinate a trasformarsi in pura propaganda parolaia incapace di
interagire concretamente nella situazione data. In tutta franchezza mi
pare che questa sia la condizione dei documenti 2 e 3: grandi frasi
scarlatte - per citare Gramsci - incapaci di tradursi in "bandiere
piantate nella testa della gente", per citare Engels.
In secondo luogo occorre avere un ragionamento compiuto per quanto
riguarda l'Europa, che rappresenta il principio sovraordinatore e
legittimante le politiche di austerità. Noi proponiamo la disobbedienza
ai trattati e quindi una strada che veda la ripresa di sovranità
popolare a livello di stati nazionali, che costituiscono oggi l'unico
livello a cui esiste una forma democratica di partecipazione. Non si
tratta di rinchiudersi nell'orticello nazionale ma di scardinare questa
Unione Europea che è tutt'uno con le politiche neoliberiste e di
austerità. Per costruire l'Europa dei popoli è necessario scardinare in
radice l'Europa di Maastricht e di Lisbona.
In terzo luogo serve una prospettiva e relazioni a livello europeo:
centrale è nel Documento 1 il rafforzamento e la valorizzazione della
Sinistra Europea. A differenza degli altri due documenti diamo un
giudizio estremamente positivo della Sinistra Europea e riteniamo
necessario agire il complesso degli obiettivi intermedi - dal piano del
lavoro, alla difesa e rilancio della Costituzione, alla disobbedienza ai
trattati - in relazione con le altre forze dell'alternativa in Europa.
Al CPN convocato a seguito della sconfitta di
Rivoluzione Civile si era parlato di "congresso lungo", di
"straordinario congresso". Come giudichi questo percorso?
Ritengo che sia stato utile evitare di fare il congresso subito a
ridosso della sconfitta elettorale di Rivoluzione Civile. Sarebbe stato
un congresso di autoflagellazione in cui la sconfitta elettorale sarebbe
stata assolutizzata con effetti dirompenti per il nostro progetto
politico. A distanza di alcuni mesi siamo in grado di fare una
valutazione più oggettiva della situazione: si vede chiaramente come il
progetto di Grillo pur mantenendo un notevolissimo consenso non sia in
grado di dare risposte alla crisi, si vede chiaramente il fallimento del
progetto del PD. Parimenti risulta evidente come il progetto politico
di SEL - nonostante la grande rendita di posizione data dalla presenza
in parlamento ottenuta attraverso l'apparentamento con il PD - sia in
crisi: Fare la sinistra di Renzi non è una gran prospettiva politica.
Parallelamente assistiamo ad una certa ripresa di mobilitazione
sociale che ci parla di una possibilità e di una situazione non
pacificata. In altri termini io penso che la partita è tutt'altro che
finita, ma che anzi la situazione si modifica rapidissimamente e che la
sconfitta elettorale di Rivoluzione Civile non è impedente il rilancio
del nostro progetto politico. Questo si vede meglio oggi che non a
ridosso delle elezioni.
Detto questo è del tutto evidente che il percorso che abbiamo messo
in piedi in questi mesi è stato del tutto al di sotto delle necessità.
Anche per carenze oggettive - penso alla mancanza di Liberazione
cartacea - i momenti di discussione seminariali (sui 5 stelle, sulla
crisi, sulla composizione sociale del paese, sulla crisi istituzionale)
sono rimasti confinati tra i partecipanti agli stessi e non hanno aperto
una sufficiente discussione nel partito. D'altra parte abbiamo invece
fatto esperienze molto positive, come le assemblee dei segretari di
circolo, che rappresentano un modello di partecipazione e di
coinvolgimento del partito che deve diventare il modo normale di
funzionare per praticare l'autoriforma del partito.
Abbiamo quindi fatto bene a non fare il congresso subito ma abbiamo
utilizzato in modo insufficiente questi mesi al fine di dar vita a un
vero processo di discussione allargata. Questo ci rimanda anche alla
necessità di dotarci - come previsto nel documento - di strumenti di
discussione e comunicazione interna efficaci pur in assenza del giornale
cartaceo.
In molti settori del Partito forte è la critica al
gruppo dirigente. Come ti poni rispetto alle richieste di dimissioni
dello stesso? Le condividi?
La critica al gruppo dirigente è molto diffusa. Quando c'è una
critica innanzitutto va ascoltata, cosa che ho fatto in questi mesi,
cercando di ascoltare sia chi urlava più forte sia chi argomentava in
modo più problematico. L'idea che me ne sono fatto è la seguente.
Da un lato è evidente che vi è la necessità di modificare
radicalmente il modo di funzionare del partito, costruendo percorsi
democratici reali, che permettano ad ogni militante di essere partecipe
delle decisioni. Per
questo proponiamo di istituzionalizzare le assemblee dei segretari di
circolo, di fare referendum tra gli iscritti e le iscritte su ogni
scelta rilevante (a partire dalle prossime elezioni europee), di
costruire cioè una vera partecipazione democratica alle scelte del
partito. Questo tema del rinnovamento e del cambiamento del modo di
funzionare del partito va ben al di la dei singoli dirigenti ed è
irrinunciabile. Il partito deve diventare una comunità, deve accorciare
drasticamente la distanza tra i vari livelli di direzione e i compagni e
le compagne dei circoli.
In secondo luogo vi è un problema di rinnovamento dei gruppi
dirigenti e di verifica delle capacità dei singoli dirigenti che
correttamente deve essere fatto e il congresso è il momento principe di
questa verifica.
Le logiche di appartenenza a correnti e cordate sono
state in questi anni nefaste e hanno rappresentato nei fatti l'unico
criterio attraverso cui selezionare i gruppi dirigenti. Da questo punto
di vista penso che il rinnovamento dei gruppi dirigenti debba andare di
pari passo con la modifica delle procedure attraverso cui si eleggono i
gruppi dirigenti, valorizzando la concreta pratica di direzione politica
e non la fedeltà a questo o quel dirigente. Questo tema si lega al tema
della formazione dei quadri perché è evidente che abbiamo un enorme
problema di formazione di un tessuto di dirigenti in grado di dirigere
il partito a tutti i livelli. Non di dirigenti di corrente ma di
dirigenti del Partito della Rifondazione Comunista.
Vi è invece un punto nella discussione che ha preso una piega che non
condivido e che riguarda l'introiezione dentro Rifondazione Comunista
della logica della rottamazione: si perdono le elezioni e allora si
cambiano i gruppi dirigenti. L'ottanta per cento degli organismi
dirigenti approvano la linea politica ma poi la responsabilità è di uno
soltanto o al massimo della segretaria. Questa logica della ricerca del
capro espiatorio non la condivido e la considero devastante per il
nostro partito. Quando si perde bisogna discutere su cosa si è sbagliato
e conseguentemente modificare l'indirizzo e se i dirigenti hanno mal
operato nell'applicazione della linea decisa vanno cambiati. La
centralità però deve stare sulla discussione politica, altrimenti il
rischio è di trovarsi in una situazione in cui vi è chi usa il tema del
rinnovamento semplicemente per cambiare la linea politica senza dirlo.
Con anni di sconfitte alle spalle il tema del
ricambio generazionale è molto sentito, credi che la tua mozione sia in
grado di portare un cambiamento di immagine ed un lavoro profondo sulle
fondamenta del partito? Il PRC, ad esempio, è pronto per un segretario
donna?
Io penso che dopo anni di sconfitte occorre discutere seriamente su
come uscire da questa situazione di sconfitta, altrimenti si fa come il
PD che si affida al giovane Renzi per coprire con l'immagine i disastri
della sua linea politica. Il gruppo dirigente del PCdI si è scervellato
per vent'anni su come ricostruire un radicamento nell'Italia fascista.
La Cgil degli anni '50, dopo la sconfitta alla Fiat si è arrovellata per
anni su quale strada intraprendere per uscire dall'angolo. Se abbiamo
un problema di persone le cambiamo, a partire dal segretario nazionale,
ma questo non risolve il problema della discussione sulla costruzione di
una linea e di una pratica politica adeguata per riprendere efficacia.
Nel documento facciamo un bilancio di questi vent'anni cercando di
individuare i problemi con cui ci siamo scontrati, di farne tesoro e di
delineare conseguentemente l'indirizzo politico da seguire. Io considero
questa parte del documento molto importante ma mi pare che la
discussione su questi nodi, il confronto vero con i problemi che
abbiamo, non sia sufficientemente al centro della discussione politica
del congresso, quasi che i problemi che abbiamo fossero di natura
estetica e non politica. Da questo punto di vista io credo che il
documento numero 1 sia molto chiaro nell'individuare i problemi e nel
cercare di dare risposte sia in termini di svolta politica che in
termini di svolta organizzativa, che in termini di innovazione. Pensiamo
solo alle innovazioni proposte sul tema dell'Europa come alla proposta
della radicale democratizzazione nel nostro funzionamento interno. Per
quanto riguarda una segretaria donna non mi pare proprio che questo
potrebbe essere un problema in Rifondazione.
Finito il IX Congresso sarà possibile una
collaborazione tra le varie anime del partito? Non credi che la
cristallizzazione in correnti abbia fatto il proprio tempo? Secondo te è
ancora attuale la "rifondazione comunista"?
Penso che la collaborazione tra le varie anime del partito non solo
sia possibile ma necessaria, per questo io propongo da subito la
gestione unitaria del partito tra tutte le anime e a tutti i livelli,
dal circolo più piccolo al nazionale. Per favorire questo avevamo
proposto di fare un unico documento a tesi emendabile ma questo non è
stato possibile perché una parte di compagni e compagne ha deciso di dar
vita ai documenti 2 e 3. A questo riguardo segnalo che la polemica dei
compagni del doc. 3 sulle presunte violazioni antidemocratiche della
maggioranza è destituita di ogni fondamento: non abbiamo fatto un
regolamento che preveda l'elezione dei delegati su ogni singolo
emendamento per il semplice motivo che si tratta di un meccanismo
pressoché impossibile da applicare. Invito ognuno di voi a pensare come
si dovrebbero suddividere i delegati di ogni circolo su un documento che
ha ad oggi 6 emendamenti e che se fosse stato un documento unico ne
avrebbe avuto almeno una decina. E' evidente che si tratta di una cosa
sostanzialmente impossibile, tant'è vero che non si è mai visto in
Rifondazione un congresso i cui delegati fossero legati ai singoli
emendamenti.
Per quanto riguarda la cristallizzazione delle correnti nel partito
io ne penso tutto il male possibile, Infatti al Congresso di Napli
abbiamo proposto lo scioglimento delle correnti e io per questo non ho
più fatto riunioni di corrente dopo il congresso di Napoli.
Personalmente penso che la dialettica politica non dovrebbe essere
ingessata in strutture centralizzate ma dovrebbe valorizzare la libera
espressione di ogni compagno e compagna. Questo è sostanzialmente
impossibile fino a quando i gruppi dirigenti verranno eletti nei
congressi con il sistema delle liste bloccate. A tal fine io auspicherei
- si tratta evidentemente di una mia posizione personale - che una
parte del gruppo dirigente a tutti i livelli - nazionale compreso -
venga eletto sulla base del proprio incarico politico: ad esempio che il
30 % del CPN venga composto dai segretari regionali e provinciali delle
federazioni più grandi, in modo da ridurre il peso diretto delle
componenti e di valorizzare il lavoro politico concreto di direzione
politica territoriale.
Per quanto riguarda la rifondazione comunista io penso che sia più
attuale che mai. E' palese che il capitalismo ha vinto ma non è in grado
di dare una risposta ai problemi dell'umanità. Parallelamente, è del
tutto evidente che l'esperienza del socialismo reale è stata
fallimentare e certo non deve essere riproposta. Il comunismo è quindi
più attuale che mai e per la prima volta nella storia l'umanità può
passare dall'era della necessità all'era della libertà. Rifondare il
comunismo quindi come grande proposta di un neoumanesimo del terzo
millennio, in cui la ricchezza sociale potenziale diventi effettiva
ricchezza di vita per tutti e tutte.
Quale è la tua posizione riguardo ai sei emendamenti al primo documento?
Il mio dissenso maggiore è con l'emendamento relativo al capitolo
dell'unità della sinistra. In quell'emendamento si propone un cambio di
linea politica, perché si propone di unire la sinistra senza mai citare
il centro sinistra, facendo finta che il centro sinistra non esista.
Invece è proprio questo il problema, perché sul nodo del rapporto con il
centro sinistra abbiamo avuto tutte le scissioni dentro Rifondazione
Comunista e da ultima si è scassata la Federazione della Sinistra. Il
nostro problema non è genericamente di unire la sinistra - magari per
dividersi a 6 mesi dalle prossime elezioni tra chi vuole fare una
coalizione con il PD e chi no - il problema è di unire la sinistra che
voglia costruire un progetto politico autonomo dal PD. La stessa cosa
vale per l'unità tra i comunisti. Non si può porre questo tema se non si
pone chiaramente il nodo dell'autonomia e dell'alternatività del nostro
progetto politico rispetto al centro sinistra, pena il ripetere
all'infinito le scissioni e le frantumazioni che abbiamo già visto. Così
come sono per chiarire che l'unità dei comunisti non può avvenire
attraverso lo scioglimento di Rifondazione Comunista - come propone il
PdCI - ma deve avvenire sul terreno della rifondazione, che è il terreno
più avanzato su cui oltre 20 anni fa si è risposto alla crisi e allo
scioglimento del PCI.
Per quanto riguarda gli altri emendamenti, considero il testo del
documento migliore di quello degli emendamenti, più corretto
politicamente e più efficace, altrimenti li avrei firmati. Vale sulla
questione dell'Euro come su quello dell'unità dei comunisti e del
rinnovamento. Considero però il complesso di questi emendamenti delle
semplici accentuazioni di questo o quell'aspetto della linea politica e
non una linea politica alternativa. Mi pare quindi che definiscano una
sacrosanta dialettica all'interno di una linea politica condivisa.
La politica italiana, anche a sinistra, è carente per
non dire priva di respiro internazionale, malata di provincialismo.
Secondo te da cosa dipende questa "miopia"? Credi si possa costruire una
maggiore unità di intenti con le forze europee di sinistra?
Parto dalla fine. Noi abbiamo già oggi un Partito della Sinistra
Europea, alla cui fondazione abbiamo dato un contributo decisivo. Io
penso che non solo è auspicabile ma necessario far funzionare meglio e
di più questo livello: come abbiamo detto più volte, l'Europa è un
problema di politica interna, non un problema di politica estera. Ad
esempio le elezioni europee prossime possono e debbono essere un
laboratorio in questo senso. Per questo ho proposto mesi fa che Alexis
Tsipras, il presidente di Syriza, fosse candidato alla presidenza
dell'Unione Europea da tutti i partiti della sinistra europea. Questa
proposta sta diventando realtà perché la presidenza del partito europeo
ha fatto propria questo indirizzo. La campagna delle europee può quindi
essere il terreno in cui costruire una lista di sinistra che faccia
direttamente riferimento alla sinistra europea e appoggi esplicitamente
la candidatura di Tsipras, costruendo così una campagna unitaria di
grande impatto. Oltre a questo dobbiamo assolutamente riuscire a
costruire campagne unificanti in tutti i paesi europei per combattere
più efficacemente le politiche neoliberiste che rappresentano il veleno
di questa Europa.
Detto questo il dibattito politico italiano non è sempre stato così
provinciale. E' il bipolarismo con la sua asfissiante dialettica tra
berlusconiani ed antiberlusconiani che ha nascosto i problemi veri, le
scelte politiche vere. Il provincialismo del dibattito politico italiano
è la forma che ha assunto l'egemonia borghese dentro il bipolarismo: il
problema è la casta, il problema è Berlusconi, e così via. Questo
elemento ha prodotto una dialettica politica delirante in cui la destra è
più antiliberista del centro sinistra e il centro sinistra è impegnato a
spiegarci ogni giorno che
l'unico modo per rinnovare l'Italia sia quello di uniformarsi ai voleri
di Bruxelles. La rottura di questo provincialismo è quindi tutt'uno con
la costruzione di un progetto di sinistra che sappia fondare nella
storia nazionale il suo progetto di trasformazione. I sogni, le risorse e
la forza per cambiare le cose non le possiamo importare, le possiamo e
le dobbiamo trovare nella nostra realtà. Quando la sinistra italiana è
stata una grande sinistra non lo è stata perché copiava disegni di altri
ma perché ha saputo svolgere una funzione nazionale di emancipazione e
di liberazione a partire dalle contraddizioni e dalle risorse presenti
nel paese: pensiamo solo alla lotta partigiana come al ciclo di lotte
degli anni '70. La squalificazione della storia dell'Italia - da cui
nasce il provincialismo - è in primo luogo un gigantesco tentativo di
riscrivere la storia per cancellare il ruolo enorme che le classi
subalterne e la sinistra hanno avuto nel rendere questo un paese civile
dopo il disastro del fascismo.
La politica non è solo "elezioni", ma Rifondazione
come dovrebbe affrontare le prossime scadenze elettorali a partire dalle
Elezioni Europee? Esistono ancora i margini per un rapporto con SEL o è
ormai da considerarsi indissolubile il suo rapporto col PD? E con gli
altri pezzi di sinistra (Ross@, PdCI, gli ex di Sinistra Critica, PCL)?
Nel Documento 1 avanziamo la proposta di costruire una lista unitaria
di sinistra, su basi democratiche e partecipate, che abbia come
riferimento chiaro ed esplicito la sinistra europea. Da questo punto di
vista tutti coloro che sono disponibili a lavorare su questa prospettiva
sono nostri compagni di strada. Indicativamente, lo spettro politico
dei nostri interlocutori racchiude coloro che hanno fatto riferimento
alle mobilitazioni del 12 e del 19 ottobre. Per quanto riguarda SEL io
mi limito a constatare che ribadisce quotidianamente la scelta di
collocarsi nel centro sinistra in Italia e nella famiglia
dell'internazionale socialista a livello internazionale. Detto questo io
penso che la proposta di una lista di sinistra vada fatta a tutti: se
SEL riconferma la volontà di collocarsi nel partito socialista europeo
non vi saranno grandi spazi di discussione, se SEL scegliesse di
collocarsi in relazione alla sinistra europea al contrario si aprirebbe
una grande opportunità di costruzione comune. Dal mio punto divista i
progetti politici non possono che nascere e verificarsi sui contenuti e
sulle concrete prospettive politiche.
Un tema spesso tabù per il PRC è il tema sindacale.
Meglio lottare dentro la CGIL o impegnarsi a fondo per il salto di
qualità del sindacato non concertativo?
Penso che il problema è costruire una sinistra sindacale che sappia
mettere in relazione chi si batte per una modifica della linea della
Cgil con chi opera nel sindacalismo di base. Rifondazione non può e non
deve fare la scelta di una organizzazione ma operare per aggregare i
lavoratori che lottano e aiutare lo sviluppo di una sinistra sindacale
che non si chiuda nei muri della propria organizzazione.
Per chiudere. Perché un iscritto al IX Congresso di Rifondazione Comunista dovrebbe votare il documento da te sostenuto?
Perché il Documento 1 fa i conti con le difficoltà che noi comunisti e
comuniste abbiamo e propone una strada attraverso cui uscirne senza
affidarsi alla propaganda o alla demagogia. Danilo Montaldi diceva,
"dobbiamo saper sognare" e poi aggiungeva "Lenin ha saputo dare forma
organizzativa al sogno". Ecco, questo mi pare il tratto distintivo del
Documento 1: non smettere di sognare ma non smettere di misurarsi con la
sostanza dei problemi reali, perché il comunismo è il movimento reale
che abolisce lo stato di cose presenti, non uno slogan urlato più forte.
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