Conoscete Steven Johnson e
la sua teoria sul ‘peer progressivism’? Probabilmente no, ma non è
perché siete ignoranti voi: è che da noi il dibattito politico l’ha
snobbato e del suo ultimo libro hanno parlato giusto due o tre studiosi del web. Così come hanno avuto scarsa cittadinanza le tesi di Ha Joon Chang, docente a Cambridge, pubblicato dal Saggiatore. O le crude analisi di Thomas Piketty sull’economia nel nostro secolo.
Peccato, perché – certo – queste sono solo teorie tra le tante, e
come tali soggette a falsificazione, ma forse potrebbero contribuire
parecchio a far uscire la sinistra italiana dal complesso di inferiorità
di cui soffre dagli anni Ottanta e che ha portato a quello che vediamo
adesso: con un Partito democratico sempre più tiepido, annacquato,
centrista, fondamentalmente inutile (se non dannoso) per qualsiasi
prospettiva di cambiamento in meglio del Paese, in termini di diritti
civili e sociali.
Complesso di
inferiorità, si diceva. Certo: altro che ‘dominio culturale’. Complesso
di inferiorità iniziato dopo il fallimento del compromesso storico.
Negli anni successivi a quella sconfitta epocale, il Partito comunista
non è stato più capace di proporre un modello di modernità diverso da
quello nascente al tempo – Craxi, per intenderci: ma anche Berlusconi e
le sue tivù – e a quell’inganno ha risposto nel più autolesionista dei
modi: con l’emulazione.
Già: tutto quello
che è successo poi è stato inseguire e imitare la sedicente modernità
della destra. Incapace di proporre un modello alternativo, la sinistra
si è culturalmente accomunata al suo avversario. Così, anche quando ha
vinto, ha perso.
Quello che è
accaduto ancora dopo – da Monti fino alle larghe intese – è stato solo
il corollario di questo processo di emulazione e subordinazione.
Ci sono voluti
trent’anni perché la truffa si disvelasse: c’è voluta la crisi dei
derivati per far scoppiare la bolla del thatcherismo, abbiamo dovuto
vedere il fallimento concreto e doloroso del pensiero unico per
accorgerci che ci eravamo allontanati un po’ troppo da una società
decentemente giusta – e quindi non potevamo più ipotizzare di vivere in
una società ancora decentemente collaborativa.
Nel frattempo però è
cambiato tutto: non solo perché le fasce alla base della piramide
sociale si sono allontanate anni luce da quelle più alte, ma anche
perché le prime si sono gradualmente popolate di precari, flessibili,
schiavi cognitivi e della grande distribuzione, sfruttati nelle forme
più diverse e ormai troppo atomizzati e sfiduciati per costruire
qualsivoglia ipotesi di emancipazione collettiva. Mentre le strutture
tradizionali – sindacato, ‘sinistra’ storica – restavano chiusi nella
riserva indiana di garantiti e pensionati, tramontando con loro (ah
lo sapete? All’ultimo comizio della Cgil in piazza San Giovanni il
ragazzo del bar mi ha detto: «Scusi, sa a che ora finisce la festa degli
anziani?»).
Quindi, non c’è più la sinistra?
Balle, naturalmente. Se provate a buttare in giro alcuni temi
limpidamente e geneticamente di sinistra, scoprirete che godono
dell’appoggio di fette di cittadinanza che sfiorano e a volte superano
la maggioranza assoluta dei consensi: reddito minimo per i precari e
disoccupati, acqua pubblica, istruzione pubblica, sanità pubblica, tagli
alle spese militari, tutela del suolo anziché grandi opere,
biotestamento, uguali diritti per gli omosessuali, integrazione dei
migranti, lotta all’economia speculativa, riduzione degli eccessi
sperequativi dei redditi e così via.
Ma prendono sempre
più piede, specie tra i nuovi adulti, anche modelli nuovi e più umanisti
dell’esistere individuale e collettivo, che privilegiano la qualità
della vita quotidiana rispetto al mantra di produzione e consumo a cui
siamo stati educati come ‘senza alternative possibili’. In fondo,
l’eredità più ingombrante che ci ha lasciato la Thatcher è proprio
l’idea che il denaro sia il motore della politica, cioè del vivere
insieme. Ecco, quella è la destra. Noi siamo il contrario.
Quello che manca,
nell’Italia del 2013, semmai è un ‘partito’ che di queste istanze
multiformi si faccia organicamente portatore: ma questa è appunto storia
vecchia, quella che si è raccontata poco sopra.
Per ora, siamo alla sinistra ‘playlist’.
Visto il fallimento di quella sistematica, non è poi detto che sia una disgrazia.
Nessun commento:
Posta un commento