I movimenti per il diritto all'abitare continuano la mobilitazione, mentre dai palazzi nessuna risposta.
Per avere un tetto sulla testa siamo disposti anche a camminare sul
tetto dei vostri blindati. A ballare sulle vostre teste la "danza
dell'austerità", quella che unisce corpi di colore diverso nella carica
della lotta. Questo la foto della giornata di assedio del 31 ottobre.
[...] “Il tetto” è il titolo di un film del 1955 di Vittorio De Sica che
racconta la storia di Natale e Lucia, migranti dal veneto e dal sud
nella Roma del dopoguerra. Due giovani sposi, lui muratore, che decidono
di costruirsi da soli la casa, in uno tra i borghetti e le borgate
spontanee da cui è nata la lotta per la casa. Migranti sono di nuovo i
protagonisti della battaglia di oggi, provenienti non più dal Sud Italia
ma dal Sud America e dall’altra sponda del Mediterraneo. Oggi abbiamo
visto e toccato con mano la conflittualità di centinaia di giovani
migranti, in prima fila a reggere lo scontro con la polizia, pronti a
salire sui tetti e a dare vita ad inediti processi di politicizzazione e
di protagonismo.
La rabbia, dopo le manganellate e la chiusura a qualsiasi tipo di
trattative per proseguire il corteo, è esplosa in via del Tritone. Un
gruppo si stacca dai cordoni sale sui blindati dopo aver fatto
indietreggiare scudi e manganelli delle forze dell’ordine. Salta sui
tetti delle camionette per vedere quello che c’è dietro, per arrivare ad
assediare la conferenza Stato-Regioni che parla di casa, proprio quella
per cui chi sta in piazza oggi sta lottando: occupando, resistendo agli
sfratti, con l’incubo dell’affitto e del mutuo.
La conferenza al posto di prendere in considerazione la possibilità
di dare il via ad un blocco degli sfratti ha scelto, ancora una volta,
di venire in aiuto alla proprietà immobiliare con due fondi specifici.
Uno di 100 milioni di euro per supportare il pagamento delle categorie
più disagiate; l’altro di 40 per aiutare chi cacciato dal lavoro,
annientato dalla crisi, messo letteralmente per strada viene con
eleganza etichettato come “morosità incolpevole”. Null’altro, nessun
riferimento all’utilizzo del patrimonio tenuto sfitto o a un piano di
edilizia sovvenzionata. Solo la promessa di un ulteriore fondo di circa
18 milioni da destinare come sopra (interventi tampone a favore della
proprietà) e, forse, una riduzione della cedolare secca (oggi al 15%)
per chi affitterà a canone concordato . Insomma tutto come doveva
andare: assicurare a proprietari e costruttori che comunque non
perderanno un euro. Così come avviene per le banche avranno tutto pagato
dal governo. Tutto -questo niente- a partire dal prossimo anno. Intanto
chi la casa non ce l’ha dovrà continuare a non averla e gli ufficiali
giudiziari continueranno a presentarsi scortati dalla polizia alla porta
delle 260mila famiglie sotto sfratto.
Il programma messo in piazza dai movimenti per il diritto all’abitare
invece è chiaro ed esige risposte, così dopo il muro contro muro si
continua in corteo per tornare ad occupare Piazza Montecitorio da cui la
mattina ci si è mossi. Ancora una volta il centro della città e i
palazzi del potere assediati dai bisogni reali di chi la crisi la sta
pagando ormai da sei anni, da chi si è impoverito e in qualche caso ha
perso tutto. Il diritto all’abitare come enorme vertenza collettiva che
parla del futuro delle nostre città, di distribuzione della ricchezza,
di welfare e di diritti.
Intanto mentre si attendono notizie delle nove persone fermate
qualche parlamentare del centrosinistra si aggira per Piazza
Montecitorio, ascolta smarrito e annoiato chi gli si fa sotto chiedendo
risposte. Che se ne vadano via tutti.
Provarci, resistere, avanzare di Infoaut.it
Per la terza volta in due settimane il
movimento ricompostosi tra piazza San Giovanni e Porta Pia torna
all'attacco, mostra i numeri, tiene la piazza e fa capire di essere una
minaccia reale a chi si rinserra nei palazzi del potere.
Il dopo #19o aveva visto i detrattori della settimana prima correre
sul carro del vincitore e cercare di accaparrarsi ex-post una scommessa
vinta dai movimenti: Il Manifesto tentava bislaccamente di susumere la
mostruosità del 19 sotto la più rassicurante ala protettiva del 12
ottobre; Sel giungeva con una settimana di ritardo a riconoscere
l'errore di aver disertato le piazze (“mi si nota di più se vado o non
vado..?”). Chissà che domani un Renzi non spari la sua cazzata della
settimana è qualche post-fascista alla Meloni non rievochi l'eredità
“sociale” dell'Msi...
La verità è invece molto più cristallina: ancora una volta i
movimenti, partendo dal basso e senza mediazioni, hanno messo sulla
pubblica piazza le contraddizioni che fanno male e che non si
risolveranno con qualche palliativo d'aggiustamento. Son dovuti scendere
in strada mettendo la carne di fronte ai manganelli e i polmoni ad
assorbire lacrimogeni, come avviene ovunque si lotti, in piazza Taksim, a
Rio De Janeiro o sulle pendici montuose della Val Clarea.
Cosi si fa! Altrimenti non ci ascoltano. E non dobbiamo stupirci.
Quella banda di ruffiani che hanno ancora la pretesa di chiamarsi tra
loro, “onorevoli”, “primi cittadini” e “governatori” continueranno a
scaricarsi l'un l'altro la patata bollente, sperando che la nottata
passi e che qualche tesoretto spremuto dalla nostra pelle collettiva
possa tamponare il problemino che inizia a porsi. Bisognava salire sul
tetto di un blindato per ricevere attenzione e farsi intravedere dalle
segrete stanze di Montecitorio e Palazzo Chigi.
A questo 31 ottobre si è giunti facendo tesoro della forza accumulata
nella piazza del 19. In pochi ci avevano creduto. Oggi iniziamo a
vedere i risultati, in termini di continuità e perseveranza, di cosa
possono produrre le soggettività di movimento se si muovono con umiltà e
metodo, individuando obiettivi concreti da praticare, mete da
raggiungere, percorsi che non si possono concordare. Una dimostrazione
d'assedio effettiva, una prefigurazione di quel che va fatto.
Sono primi passi incoraggianti ma siamo ancora lontani dall'aver
raggiunto i nostri traguardi. Che sono tanto ambiziosi e tanto ampi da
imporci di non accontentarci. Per provare a costruire una sollevazione
generale reale, che incida sui rapporti di forza e inverta i processi,
le aspettative di masse sempre più espropriate ma che possono essere
protagoniste quando sono consapevoli dei loro interessi e si uniscono
per difenderli.
Alcune date sono già sul tappeto, per continuare il cammino: il
prossimo 9/10 novembre a Roma, per discutere in assemblea generale nuovi
terreni di lotta e l'allargamento del conflitto sociale oltre il piano
della lotta per la casa, individuando gli altri gangli della
riproduzione sociale (reddito, spesa pubblica, sanità, formazione...ecc)
e provare magari a buttare giù qualche elemento di programma per il
medio periodo. Un'altra possibile iniziativa che si prospetta
all'orizzonte è il nuovo vertice italo-francese tra Letta e Hollande sul
Tav, il prossimo 20 novermbre, sempre a Roma, dove ri-ratificheranno la
decisione di buttare nell'idrovora di Chiomonte miliardi di euro di
denaro pubblico.
Anche questi sono solo piccoli passi ma necessari per tracciare una
nuova via. A sarà dura ma abbiamo iniziato a metterci in marcia... e non
abbiamo nessuna ntenzione di fermarci!
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