“Il sogno della democrazia consiste nell’elevare il proletariato a livello dell’idiozia borghese” (Gustave Flaubert)
Non
è stata la manifestazione più grande, non ci ha lasciato immagini
epiche da tramandare ai posteri e, nemmeno, slogan che passeranno alla
storia…eppure, eppure…il corteo del 19 ottobre a Roma ha segnato il
passaggio ad una fase nuova. Una massa che non si fa rappresentare, ma
che si rappresenta. Una massa che non ascolta dichiarazioni e promesse,
ma che si dichiara.Una massa combattiva e pacifica, determinata e
multietnica. Una massa consapevolmente in guerra contro l’esistente e
più pericolosa per le istituzioni di qualsiasi pubblica ed imbelle
dichiarazione di guerra.
Perché la democrazia non sta nelle costituzioni, se queste non
prevedono il conflitto e il diritto alla rivolta. E non sta nelle leggi
elettorali se non esistono partiti in grado di difendere e diffondere
il conflitto sociale. E non sta nei partiti e partitini se questi si
arrogano, comunque e soltanto, la rappresentazione del conflitto. La
democrazia è conflitto e vive soltanto nel conflitto.
Là dove il conflitto è negato, la democrazia non c’è. Che sia un
governo liberista a negarlo, oppure un governo ancor più marcatamente
autoritario oppure, ancora, un governo socialista come quello sovietico
dagli anni venti del ‘900 in avanti, ci si trova davanti ad una
dittatura.
Non è questione di forme, ma di sostanza. Prendendo a prestito una
frase di Mark Rotko a proposito dell’arte e della pittura, si può
affermare che “La democrazia non è qualcosa che riguarda l’esperienza , ma è l’esperienza”.
Democrazia è esperienza diretta della politica. Per chi non è rappresentato dagli ingombranti catafalchi della politica racket, è la politica. E, in quanto tale, non può che essere conflittuale.
Non vi è democrazia nel compromesso. Il compromesso si preoccupa delle forme e non dei risultati. Reali. La democrazia borghese è formale, dichiarativa, rappresentativa e a-conflittuale. Deve superare, castrare, negare, regolarizzare e rappresentare, appunto, il conflitto. Relegandolo alle stanze della politica, ai palazzi, agli ambiti parlamentari. Agli angoli oscuri delle trattative riservate oppure, per uguale e opposta formalità, alla rappresentazione mediatica giornalistica e televisiva.
Non vi è democrazia nel compromesso. Il compromesso si preoccupa delle forme e non dei risultati. Reali. La democrazia borghese è formale, dichiarativa, rappresentativa e a-conflittuale. Deve superare, castrare, negare, regolarizzare e rappresentare, appunto, il conflitto. Relegandolo alle stanze della politica, ai palazzi, agli ambiti parlamentari. Agli angoli oscuri delle trattative riservate oppure, per uguale e opposta formalità, alla rappresentazione mediatica giornalistica e televisiva.
Là dove quotidianamente viene rappresentata una delle più celebri opere di Shakespeare: “Molto rumore per nulla”.
Sempre uguale nella sostanza, ma sempre diversa soltanto per gli
attori, sempre più scadenti, che la portano in scena. Inutile, noiosa,
imbelle ripetizione di schemi, parole, proposte sempre uguali, vuote e
volgari. Slogan che non servono nemmeno più a lenire il malessere
causato dalla crisi o a consolare chi continua a pagare per debiti,
colpe e responsabilità che non ha mai avuto e non ha mai contribuito a
creare.
La democrazia è per forza di cose conflittuale poiché si realizza,
anche solo parzialmente, soltanto là dove esistono forze reali
contrapposte (Lavoro Vs. Capitale), in cui gli attori abbiano
tutti un’eguale peso politico nella società. La rappresentazione
parlamentare che ne conseguirà non sarà dunque la causa, ma l’effetto
del conflitto. In barba, val la pena di ripeterlo, a tutte le leggi
elettorali e alle, sempre aleatorie, garanzie istituzionali.
Negli anni settanta uno slogan recitava: “Democrazia è il fucile in spalla agli operai”.
Alcuni lo vollero attuare clandestinamente anche là dove non ne
esistevano le condizioni, senza capire che il vero fucile sulla spalla
degli operai, dei giovani e dei lavoratori era quello delle lotte, delle
occupazioni delle fabbriche, della scuole e delle case e che solo a
partire da queste era possibile rivendicare un diritto all’autodifesa
che fu riconosciuto, a metà degli anni settanta, anche dal Tribunale
chiamato a processare un nucleo di operai di Sesto San Giovanni colti in
possesso di armi.
Tutto ciò diventa particolarmente vero nell’attuale situazione
italiana. Dove, nonostante i balletti, le dichiarazioni, le
fantasmagoriche ricette o leggi di “stabilità”, tutto traballa, tutto
scivola lungo un piano inclinato sempre più ripido. E l’accelerazione
della crisi sociale, politica ed economica diventa ogni giorno più
rapida e violenta.
Monti è definitivamente cotto, bollito o fritto che sia. Letta è
agli sgoccioli e Napolitano pure, mentre si abbarbica ad un formalismo
autoritario con la disperazione di un cercatore di funghi scivolato
lungo un pendio che lo porterà a volare in un dirupo. Mentre le lotte
intestine al PdL porteranno ben presto allo sfascio quella che è
sembrata, ma soltanto sembrata, essere l’unica forza politica di
governo degli ultimi venti anni.
Allo stesso tempo, però, anche il sogno di una nuova, grande DC, che dalle ceneri del PdL avrebbe dovuto rinascere come l’Araba Fenice, è già morto.
Allo stesso tempo, però, anche il sogno di una nuova, grande DC, che dalle ceneri del PdL avrebbe dovuto rinascere come l’Araba Fenice, è già morto.
Abortito nonostante i voti della Chiesa e di Papa Bergoglio. Perché
la DC non ha mai potuto esistere o governare senza il supporto di
un’abbondante spesa pubblica. E’ stato il segreto di Pulcinella per i
suoi quasi cinquant’anni di governo, dal 1948 al 1993. E Mani Pulite
non servì a combattere la corruttela politica ed economica dei suoi
leader e rappresentanti, ma, sostanzialmente, a eliminare un sistema di
governo che ripartiva anche socialmente una parte della ricchezza
prodotta collettivamente pur di mantenere il proprio potere politico.
Insomma Mani Pulite mise fine all’era Giolitti iniziata novant’anni prima per riportare tutto a un immaginario ordine liberale in cui tutti i profitti dell’economia reale, irreale e mafiosa dovevano tornare esclusivamente nelle tasche dei parùn da le bele braghe bianche senza che questi dovessero tirar fuori o tralasciare altre palanche
per compensare il resto della società . Stop! Fine della DC e anche
del sogno neo-DC, ucciso dai colpi di coda di Berlusconi e di Monti e
dal trionfo della finanza su qualsiasi altra attività economica.
A ben pensare però, nel corso degli ultimi vent’anni, l’unica forza
che ha davvero governato l’Italia sulla via della restaurazione
capitalistico-finanziaria non è stata però Forza Italia con i suoi
orrendi alleati leghisti e fascisti, ma, nell’ombra solo per chi non
vuol vedere la realtà, il PCI – PDS – PD. Dalla mortadella Prodi al
salame Bersani, quell’aggregato politico ha rappresentato la vera
continuità e garanzia istituzionale sulla strada della riforma liberista
e finanziaria del sistema Italia. E’ dunque per questo motivo che si
può dire che Reagan e la Thatcher hanno avuto, qui da noi, la maschera
di “severi” politici come D’Alema e i suoi accoliti, seppure in salsa
catto-comunista emiliana.
La cui unica proposta alternativa è stata per anni quella
dell’economia del “Terzo Settore”, cooperative e associazionismo, che,
dopo aver contribuito a smantellare lo stato sociale appellandosi alla
solidarietà, hanno finito con il rappresentare il modello principale
per le attività sottopagate, aprendo la via alla riforma al ribasso del lavoro di
cui sente quotidianamente parlare oggi. Così, mentre da un lato la
CGIL si ostinava, apparentemente, a difendere i lavoratori delle grandi
fabbriche (in realtà garantendo soltanto ai grandi complessi
industriali la possibilità di usufruire di milioni e milioni di ore di
cassa integrazione), dall’altra si creavano tutte le condizioni per un
drastico abbassamento dei costi del lavoro, giovanile e non.
Solo così si può comprendere la funzione di quella sinistra
istituzionale che ha rivendicato negli ultimi vent’anni la sua funzione
( anche se verrebbe da scrivere finzione) liberale, scambiando liberalismo con liberismo…but Love me, love me, love me, I’m a liberal!
(come cantava quasi cinquant’anni fa il buon Phil Ochs). E il cui
risultato attuale è il mostruoso, gigionesco e pericolosissimo Matteo
Renzi. Colui che ha già gettato l’ultimo residuo di maschera sinistrese
di quel partito e che, onesto almeno in questo, ha rivolto apertamente
la sua richiesta di voto all’elettorato di destra! Completando e
portando a termine la parabola di un partito iniziata, come minimo,
settanta anni fa con la svolta togliattiana di Salerno.
Unico candidato possibile per un Partito destinato ormai a ricoprire
il ruolo di centro che nessun altro ( né Berlusconi, né Monti, né
tanto meno Casini) può oggi cercare di ricoprire. Soltanto a questo si
possono ricollegare le speranze di vittoria elettorale del PD, che
fanno oggi fibrillare il governo Letta quanto le altalenanti tattiche
berlusconiane e che alimentano le ultime speranze di governabilità della marcia e decomposta borghesia italiana.
Ma proprio questa speranza centrista sarà ciò che affosserà
definitivamente il PD, che finirà sì col guadagnare voti a destra, ma
anche col perdere gran parte del poco elettorato attivo di sinistra che
ancora gli rimaneva. E che non vedeva ancora come il ruolo democratico
rappresentativo del Partito fosse dipeso più dalle lotte sociali reali
degli anni sessanta e settanta che gli imponevano determinate tattiche
più che dai suoi intenti reali.
Così, mentre i sondaggi danno ormai per le prossime elezioni un 50%
di astensioni (tra astensione reale e schede bianche), i movimenti del
19 ottobre (No-Tav, per la casa e per il lavoro) diventano l’unico
possibile polo di aggregazione per la stragrande maggioranza dei
cittadini italiani, volenti o nolenti che siano. Le parole d’ordine
concrete diventano infatti la base di pratiche antagonistiche e delle
uniche riforme possibili. Riforme che, come si è già detto più volte su
Carmilla, non possono che essere conseguenza di una pratica
conflittuale e, quindi, rivoluzionaria.
“La Rivoluzione futura sarà anonima e tremenda” affermava
molti decenni or sono il vecchio dinosauro Amadeo Bordiga. Tanto
anonima da non aver bisogno di un partito fondato su dichiarazioni di
stampo ideologico, tanto tremenda da non aver bisogno di racket
politici e parlamentari per far parlare di sé. Tanto pericolosa da far
tremare i suoi avversari anche senza l’uso immediato della violenza.
Cosa di cui i rappresentanti più scaltri dell’ordine esistente (dai
giornalisti come Santoro agli imprenditori della piccola e media
industria ) si sono già accorti, mentre il Potere delle istituzioni si
sbriciola e sfarina ogni giorno di più sotto gli occhi di tutti e anche
Grillo deve fare i conti con un vertiginoso calo di popolarità.
Ieri un importante quotidiano, infatti, ha potuto così affermare : ”Di
ottimisti, cioè di entusiasti pronti a pronosticare lunga vita per
Letta e i suoi ministri, in giro se ne trovano sempre meno.[...] Il
quadro della situazione, del resto, è sufficientemente noto: non uno dei
tre partiti che sostengono il governo delle larghe intese gode di
buona salute [...] E se è fondata la «rivelazione» di Simona Vicari,
senatrice PdL,secondo la quale le «elezioni le vogliono i renziani, i
falchi PdL e tutto il Movimento 5 Stelle», ecco, se questa è la
polveriera sulla quale siede Enrico Letta, chi darà fuoco alla miccia?
[...] Con buona pace, naturalmente, delle riforme da fare, delle
preoccupazioni del Capo dello Stato e della situazione in cui versa il
paese”*
A cui va aggiunto ciò che affermava l’editorialista di un altro importante quotidiano nei giorni scorsi; “Se [questo] servirà a scaricare di nuovo sull’Italia e sulle sue istituzioni l’impotenza dei partiti, si apriranno scenari dei quali ognuno si dovrà assumere le proprie responsabilità”**
A cui va aggiunto ciò che affermava l’editorialista di un altro importante quotidiano nei giorni scorsi; “Se [questo] servirà a scaricare di nuovo sull’Italia e sulle sue istituzioni l’impotenza dei partiti, si apriranno scenari dei quali ognuno si dovrà assumere le proprie responsabilità”**
In questo contesto sarà, sempre più probabilmente, costituito da
tutto ciò che è stato fin qui elencato il motivo reale del successo dei
movimenti, in cui i giovani e i lavoratori, le donne e gli immigrati
(ovvero i grandi e indiscussi protagonisti della manifestazione
ottobrina), scopriranno sempre di più la bellezza, l’utilità immediata e
la gioia connesse a una lotta di liberazione in cui l’individuo
riscoprirà tutte le sue potenzialità creative, all’interno di una nuova
comunità umana. In cui la ripartizione sociale delle ricchezze e del
lavoro non sarà più solo frutto dei capricci del capitale finanziario e
delle banche centrali. Libera dallo sfruttamento, dal consumo inutile e
distruttivo e dallo spreco delle risorse umane ed ambientali.
Ovvero, finalmente, la vera democrazia realizzata e non quella fittizia, stigmatizzata da Flaubert già nel XIX secolo!
Ovvero, finalmente, la vera democrazia realizzata e non quella fittizia, stigmatizzata da Flaubert già nel XIX secolo!
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