È tempo di rilanciare una forte mobilitazione
che unisca insieme sindacati, lavoratori, studenti, organizzazioni e
movimenti sociali per proporre e rivendicare politiche alternative a
tutela dei diritti del lavoro, sociali e di cittadinanza
La manifestazione nazionale del 18 maggio indetta dalla Fiom “Diritto
al lavoro, all’istruzione, alla salute, al reddito, alla cittadinanza,
per la giustizia sociale e la democrazia” non è una manifestazione come
le altre. Si colloca in un contesto politico, economico e sociale
straordinario che richiede da parte della società civile una risposta
altrettanto straordinaria.
Sul piano politico il Governo appena entrato in carica è quanto di
più lontano da quanto espresso dal voto del 24 e 25 febbraio. Il 25%
degli elettori che hanno votato il M5S, l’altro 25% che ha votato il
centro-sinistra e il 30% di astenuti segnalano un forte dissenso
rispetto alle politiche di austerità, di impoverimento sociale e di
indebolimento dei diritti sul lavoro portate avanti dai governi
Berlusconi e Monti e rivendicano un cambiamento che un governo
egemonizzato da Berlusconi difficilmente potrà realizzare.
Sul piano economico gli ultimi dati ufficiali ci consegnano un paese
in piena recessione la cui “ripresa” viene posticipata di volta in volta
dalle diverse statistiche offerte dalle istituzioni internazionali.
Tutti i principali indicatori economici sanciscono il fallimento delle
politiche liberiste adottate sino ad oggi: una contrazione prevista del
Pil dell’1% nel 2013 dopo quella del 2,1% registrata nel 2012; un
rapporto debito/Pil previsto per quest’anno al 130,4%; una
disoccupazione nel 2012 al 10,6% (+2,2% rispetto al 2011) che tra i
giovani ha però toccato il 38,4% nel marzo 2013; un 11% della
popolazione che si trova in condizioni di gravi deprivazione.
A pagare sono i soliti noti: giovani, donne, anziani, lavoratori
dipendenti e pensionati colpiti dalle riforme sul lavoro e sulle
pensioni, dalla voracità delle speculazioni finanziarie e
dall’incapacità della politica di osare, finalmente, una nuova scelta di
campo. Servirebbe ri-orientare e razionalizzare la spesa pubblica,
rilanciare il ruolo pubblico nella programmazione in campo economico,
ripensare un modello di welfare fragile, indebolito e sbilanciato a
favore di chi fa parte del mondo del lavoro e fondato sulla centralità
del sostegno familiare, in particolare femminile.
I governi Berlusconi e Monti sono riusciti ad agitare nel dibattito
pubblico il tema di una presunta competizione tra giovani e anziani,
disoccupati, studenti e lavoratori, lavoratori dipendenti e precari, e a
far credere che le loro riforme avrebbero riequilibrato il sistema.
Laddove il vero tema è invece quello di fermare la crescita delle
diseguaglianze economiche e sociali.
Servirebbe un governo capace di assumere come priorità una maggiore
giustizia economica e sociale; ne abbiamo uno ancora una volta ostaggio
di Berlusconi che preannuncia modifiche alla riforma Fornero ma per
rendere ancora più flessibile il lavoro, che prospetta un welfare
caritatevole (“per le famiglie bisognose”), annuncia la creazione di
nuovi posti di lavoro senza spiegare come e con quali risorse, si
appresta a riformare l’IMU, guardandosi bene dal prefigurare un aumento
dell’imposizione fiscale per i contribuenti più abbienti.
La società civile non può stare a guardare. Se la politica non è in
grado di trovare da sola risposte al disastro economico e sociale in cui
ci troviamo, è necessario riorganizzare una mobilitazione sociale
diffusa che riunisca insieme i soggetti più colpiti dalla crisi per
proporre e rivendicare scelte politiche alternative a tutela dei diritti
del lavoro, sociali, di cittadinanza. In una fase di grande crisi della
politica e della rappresentanza come questa, è anche nostra
responsabilità dare voce a quel 90% di cittadini che hanno pagato e
stanno pagando i costi di politiche economiche e sociali sbagliate
rilanciando una forte mobilitazione sociale che unisca insieme
sindacati, lavoratori, studenti, organizzazioni e movimenti sociali.
Serve rinunciare ad una autoreferenzialità che ci condanna tutti alla
frammentazione e al fallimento e serve ricostruire una cultura diffusa
dei diritti di cittadinanza liquefatta dal liberismo.
La direzione da intraprendere è suggerita dallo slogan della
manifestazione del 18 maggio, ma anche dalle associazioni e dai
movimenti che si sono espressi in questi anni tra i quali
Sbilanciamoci!: restituire dignità al lavoro, creare nuova occupazione
“umana”, “pulita” e “disarmata”, garantire istruzione e sanità
pubbliche, giustizia sociale e fiscale e maggiore democrazia. La gravità
della crisi ci impone poi di introdurre una forma di sostegno al
reddito per inoccupati, disoccupati e studenti. Non una concessione
caritatevole per i più “bisognosi”, ma un vero e proprio diritto di
cittadinanza da collegare a una riforma del mercato del lavoro che
rinunci all’inganno della flessibilità a tutti i costi, riduca il
ricorso alle forme di contratto atipico, preveda, laddove necessario, la
riduzione dell’orario di lavoro come forma di solidarietà in situazioni
di crisi aziendale e individui un salario minimo orario e/o per
prestazione lavorativa. E’ l’intero sistema di welfare che deve essere
riformato non senza un ripensamento complessivo delle politiche fiscali,
industriali, del lavoro. È ciò che la stessa Fiom ha discusso a Bologna
lo scorso 30 aprile in un seminario su Lavoro e welfare insieme a
studenti, ricercatori e rappresentanti dei movimenti sociali. Un nuovo
modello sociale che metta al centro la persona e il suo diritto
all’esistenza non può non fare i conti con la necessità di ridistribuire
la ricchezza, il reddito e ma anche il lavoro.
Si può scegliere di costruire una società escludente o inclusiva, una
società che marca le disuguaglianze sociali o che tenta di ridurle, che
si rivolge al “cittadino-consumatore-utente” spersonalizzandolo o alle
persone in carne e ossa. Anche in tempi di crisi si può scegliere di
stare dalla parte giusta: il 18 maggio a fianco della FIOM.
L’appuntamento è a Roma in Piazza della Repubblica alle ore 9,30.
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