Vecchi politicanti e
opinionisti di grido vi rigirano spudoratamente il coltello, ma la piaga,
stavolta, sanguina sul serio: basta passare in rassegna i dati per
rendersi conto che, per il MoVimento 5 Stelle, le amministrative di fine maggio
sono state una caporetto.
L’annichilente 14% di
Roma è uno dei risultati migliori, e questo dice tutto: in molte città
capoluogo l’armata grillina ha visto le percentuali di febbraio ridursi ad un
terzo, ma le perdite in termini di voti fanno ancora più male. Un esempio
clamoroso: nella Siena di Montepaschi – simbolo del “malgoverno” piddino – al
candidato dei 5 Stelle tocca la medaglia di latta, persino Laura Vigni
(sostenuta dalla Sinistra propriamente detta) va più vicina al ballottaggio.
Grillo e il suo staff
ripetono la solita solfa: le elezioni locali sono altra cosa rispetto alle politiche
ecc. ecc. L’argomento è privo di pregio, per un semplice fatto:
l’ascesa, apparentemente inarrestabile, dei 5 Stelle era iniziata proprio alle
amministrative di un anno fa, con il trionfo di Parma ed un onorevolissimo
terzo posto a Genova. Oggi sembra cambiato tutto, e la fiammata di febbraio si
rivela un fuoco fatuo. Domandarsi il perché è sempre utile.
Tralasciamo il gongolo
travestito da commento del vicedirettore Giannini – che approfitta
dell’occasione per farla fuori dal vaso, sommando due falsità su Syriza
nell’unico periodo «com’è accaduto in Grecia alla sinistra estremista
di Syriza, anche il movimento di Grillo e Casaleggio ha subito l’enorme
riflusso di chi l’aveva scelto per “dare un segnale”, e ora è rimasto deluso» -
per cercare una spiegazione attendibile del fenomeno, che potrebbe coincidere
con quella fornita dal senatore “dissidente” Adriano Zaccagnini. Secondo
costui, le radici dell’insuccesso affonderebbero nella delusione
dell’elettorato per una linea politica rivelatasi poco costruttiva: rinunciando
a fare nomi per Palazzo Chigi – cioè a proporsi come forza di governo – il
movimento avrebbe dimostrato di voler semplicemente lucrare su quel 25% e passa
di voti piovuti dal cielo. Avendo criticato, a suo tempo, quella mossa
“tattica”, siamo tentati di dar ragione al cittadino/parlamentare,
ma permane il dubbio che un’altra lettura sia possibile.
A ben vedere, Beppe
Grillo si è presentato ad elettori spaesati ed impauriti come un taumaturgo, un
uomo capace di prodigi: anche l’attraversamento a nuoto dello stretto
serviva a convincere le masse che “volere è potere”. Ebbene, questi tre mesi di
bagarre parlamentare hanno riportato gli italiani con i piedi per terra: nessun
miracolo, anziché cambiare la Storia (e l’Europa, e tutto il resto!), i
grillini si perdono in piccinerie come la diaria, e nel gioco della politica
restano fermi alla casella di partenza. Leziosi, ininfluenti, goffi, inutili.
Può darsi che il
giudizio sia prematuro e ingeneroso (probabilmente, anzi sicuramente è così),
ma in tempi di crisi il Popolo sovrano non aspetta: un Dio che tuona soltanto
sul blog non serve a niente – tanto vale abbandonarlo al suo fato. Forse non ha
torto Bracconi quando ci ricorda, sempre su Repubblica, che «l’Italia è un paese
popolato da elettori volatili, infantili, viziati e frettolosi. Se gli prometti
la luna, almeno qualche stella gliela devi dare. E presto.»
In fondo, dai primi
riscontri pare proprio che il voto grillino non sia andato a destra o a
sinistra (se non in piccola parte, in città tradizionalmente “rosse”):
semplicemente si è volatilizzato, è diventato non voto, astensione. Poco
conta che, da febbraio ad oggi, la condotta del M5S sia stata irreprensibile a
paragone di quella del PD, che ha preso in giro gli italiani su Presidenza
della Repubblica, alleanze, governo e Berlusconi: allo stregone non si chiede
di timbrare il cartellino o di esibire il conto del ristorante.
Gli italiani, che
votano quasi sempre a caso, si disamorano presto… e qualcuno, magari, si sarà
pure spaventato per quell’onda anomala che, in febbraio, ha contribuito a
sollevare. Adesso – si diranno in molti – meglio non alzare troppo la voce, e
lasciar lavorare Letta che “conosce il mondo”, e magari, con qualche furbata,
ci caverà dai pasticci.
Se mancano
la luna e le stelle, ci si affida al sempiterno “stellone”. Attenzione,
però, concittadini: presto tornerà a piovere, anzi a grandinare, e i nostri
minuscoli ombrelli personali non basteranno a ripararci.
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