Siamo ormai ad un punto cruciale per il futuro dello stabilimento
siderurgico di Taranto, così come per gli altri stabilimenti del gruppo e
senza enfasi per la siderurgia italiana. Sono di fronte a tutti le
palesi inandempienze del gruppo Riva nell’applicare quei provvedimenti
indispensabili a rendere compatibile la presenza industriale con la
vivibilità dei cittadini.
La proprietà dopo aver incamerato utili consistenti in questi anni , spesso a danno delle condizioni di lavoro sia in termini di carichi di lavoro che delle condizioni di sicurezza (una delle più alte percentuali di infortuni, anche mortali e non spiegabili con la pericolosità delle lavorazioni) ed alla salute dei cittadini con tassi di inquinamento insopportabili, invece di ottemperare alle ordinanze della magistratura prosegue nel ricatto della chiusura dello stabilimento, magari per ottenere che lo Stato si accolli costi ed impegni per le bonifiche e gli interventi strutturali necessari.
Uno stabilimento siderurgico, per le caratteristiche del ciclo produttivo oltre che per i costi, non può restare fermo per lungo tempo. Di fronte alle disposizioni della magistratura di sequestro giudiziario verso Riva Fire di 8 miliardi ,peraltro non trovati (chissa in quale società o conto off shore all’estero i Riva li avranno dirottati) si minaccia di nuovo il blocco dell’attività produttiva e la chiusura dello stabilimento. A front di questa situazione ormai intollerabile il Governo deve intervenire in modo netto: riappropriarsi del gruppo industriale, recuperare gli 8 miliardi ed attuare il piano di risanamento previsto garantendo il futuro produttivo ed occupazionale degli stabilimenti. Si fa un gran parlare della necessità ,nella crisi economica che il Paese sta vivendo , del rilancio della crescita economica e dell’occupazione :tutte chiacchere se poi si permette la chiusura di una grande realtà industriale strategica, che ha mercato e che produce utili ed occupazione. Questa vicenda industriale è quindi strategica non solo per Taranto e per la siderurgia italiana ma per l’intero Paese. Si può coniugare questa produzione industriale con una nuova qualità ambientale, come le esperienze in varie parti del mondo dimostrano. Lo si può fare se lo Stato si riapproria del suo ruolo di programmazione ed indirizzo economico attraverso il suo intervento diretto nella realizzazione di un nuovo sviluppo industriale.
La proprietà dopo aver incamerato utili consistenti in questi anni , spesso a danno delle condizioni di lavoro sia in termini di carichi di lavoro che delle condizioni di sicurezza (una delle più alte percentuali di infortuni, anche mortali e non spiegabili con la pericolosità delle lavorazioni) ed alla salute dei cittadini con tassi di inquinamento insopportabili, invece di ottemperare alle ordinanze della magistratura prosegue nel ricatto della chiusura dello stabilimento, magari per ottenere che lo Stato si accolli costi ed impegni per le bonifiche e gli interventi strutturali necessari.
Uno stabilimento siderurgico, per le caratteristiche del ciclo produttivo oltre che per i costi, non può restare fermo per lungo tempo. Di fronte alle disposizioni della magistratura di sequestro giudiziario verso Riva Fire di 8 miliardi ,peraltro non trovati (chissa in quale società o conto off shore all’estero i Riva li avranno dirottati) si minaccia di nuovo il blocco dell’attività produttiva e la chiusura dello stabilimento. A front di questa situazione ormai intollerabile il Governo deve intervenire in modo netto: riappropriarsi del gruppo industriale, recuperare gli 8 miliardi ed attuare il piano di risanamento previsto garantendo il futuro produttivo ed occupazionale degli stabilimenti. Si fa un gran parlare della necessità ,nella crisi economica che il Paese sta vivendo , del rilancio della crescita economica e dell’occupazione :tutte chiacchere se poi si permette la chiusura di una grande realtà industriale strategica, che ha mercato e che produce utili ed occupazione. Questa vicenda industriale è quindi strategica non solo per Taranto e per la siderurgia italiana ma per l’intero Paese. Si può coniugare questa produzione industriale con una nuova qualità ambientale, come le esperienze in varie parti del mondo dimostrano. Lo si può fare se lo Stato si riapproria del suo ruolo di programmazione ed indirizzo economico attraverso il suo intervento diretto nella realizzazione di un nuovo sviluppo industriale.
Augusto Rocchi Resp.Naz. Dip. Economico del PRC
Gli operai
della Cellula di Rifondazione Comunista dell’ILVA di Taranto, con la
federazione tarantina di Rifondazione Comunista, lanciano una raccolta di firme
che chiede la nazionalizzazione dell’azienda, il risanamento dello stabilimento
di Taranto, la difesa dei livelli occupazionali, il controllo da parte dei
lavoratori e della società civile sul processo di riqualificazione degli
impianti e di bonifica del territorio e il potenziamento dei presidi sanitari
locali. Il PRC ritiene che finalmente debbano essere le persone che giorno per
giorno vivono un’insostenibile condizione di incertezza in merito al loro
futuro ad esprimere un’opinione su quello che accadrà al più grande sito
produttivo del paese. A questo scopo da domani inizierà una raccolta firme
dentro il siderurgico jonico. L’obbiettivo è porre il governo di fronte alle
sue responsabilità, sollecitandone l’intervento nell’unica direzione che
porterebbe alla soluzione definitiva del “caso ILVA”, nonché la sola in grado
di superare l’artificioso dilemma Ambiente/Lavoro.”
IL TESTO
DELLA PETIZIONE:
Noi
sottoscritti lavoratrici e lavoratori, chiediamo al governo di provvedere
rapidamente alla nazionalizzazione dell’ILVA, al fine di realizzare senza
ulteriori indugi i seguenti obiettivi prioritari:
- Garantire
e gestire la complessa opera di bonifica e la riconversione ambientale delle
produzioni, mantenendo la produzione di acciaio in Italia e nei siti produttivi
esistenti.
- Utilizzare per queste opere gli enormi profitti realizzati dalla famiglia
Riva, sottratti negli anni agli investimenti per abbattere l’impatto
ambientale.
- Garantire l’occupazione e il salario di tutti gli addetti – diretti ed
indiretti –che oggi lavorano negli stabilimenti ILVA, senza che i lavori di
bonifica e riconversione produttiva pesino sulle lavoratrici e i lavoratori.
- Sottoporre la gestione pubblica delle bonifiche, delle riconversioni e della
produzione al controllo delle lavoratrici e dei lavoratori, dei Comitati e
delle associazioni ambientaliste, per garantire la massima trasparenza della
gestione pubblica e il pieno coinvolgimento di tutti i soggetti interessati.
- Istituire all'interno dello stabilimento siderurgico un presidio sanitario
gestito da Asl e Arpa, che faccia controlli più approfonditi ai lavoratori, che
funzioni da vero cardine per la prevenzione e tutela della salute.
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