Rifondazione Comunista sarà in piazza, lo saremo con una presenza
unitaria della lista “L’Altra Europa con Tsipras”, per onorare la
memoria e il sacrificio dei partigiani, perché la Resistenza è più che
mai attuale. Come vent’anni fa saremo in piazza a Milano, contro chi
vuole stravolgere la Costituzione, ieri Berlusconi e Bossi, oggi Renzi
con l’appoggio di Berlusconi. Proprio nella giornata del 25 aprile
vogliamo denunciare in modo chiaro che i pericoli per la democrazia oggi
non arrivano solo da destra ma anche da Renzi e dalla maggioranza del
PD, che ha fatto un’alleanza con Berlusconi finalizzata proprio allo
stravolgimento della Costituzione e alla definizione di una legge
elettorale ultramaggioritaria che viola la sentenza della Corte
Costituzionale ed è peggio della Legge Acerbo varata dal fascismo dopo
la marcia su Roma.
L’idea di democrazia per cui le partigiane e i partigiani hanno
lottato, anche a costo della propria vita, metteva al centro la
sovranità e l’autodeterminazione popolare; stringeva un forte nesso tra
il tema della democrazia e del pluralismo e il tema della giustizia
sociale, che poi avrebbe animato la discussione e la scrittura della
nostra Costituzione. Un’idea progressiva di democrazia, destinata per
definizione a confrontarsi continuamente con il tempo presente e con il
contesto sociale e politico, fondata sulla centralità della dignità
delle lavoratrici e dei lavoratori e dei loro diritti. In questi mesi
stiamo arrivando al compimento di un lungo processo – in gestazione da
almeno trent’anni – di rottura definitiva, sostanziale e formale,
nell’impianto costituzionale con tale idea di democrazia.
L’Italicum, ad opera di Renzi e Berlusconi, è molto di più di una
semplice legge elettorale: con esso passa l’idea compiuta della
democrazia ad uso e consumo di pochi – “oligarchia” si direbbe – dello
svuotamento totale del Parlamento come spazio rappresentativo anche
delle contraddizioni sociali, dell’oscuramento delle opposizioni, della
massimizzazione della ragion di governo. Con il 30% puoi ottenere la
maggioranza assoluta ma con il 7% resti fuori dal Parlamento: è con
questa distorsione mostruosa, che non ha alcun precedente, che si vuole
impedire alla questione sociale di affacciarsi ai palazzi della
politica. La trasformazione del Senato in un’assemblea di nominati è un
tassello coerente di tale strategia.
È chiaro che non stiamo parlando di semplici tecnicismi elettorali,
ma di un’operazione politica più generale, finalizzata a soffocare la
politica come spazio del conflitto sociale e delle lotte e che ha una
portata ben superiore alla semplice – per quanto grave – predefinizione
blindata di maggioranze e opposizioni. Il governo Renzi si appresta a
dare compimento alla domanda delle classi dirigenti di questo paese di
sgombrare il campo da lacci e lacciuoli, riducendo la democrazia a
consenso passivo a questo o quel leader costruito attraverso la
visibilità mediatica.
Lo stesso attacco al sindacato – svuotato da anni di concertazione –
si configura come un attacco ai corpi sociali intermedi del tutto
coerente con l’impianto di presidenzialismo strisciante che Renzi
propone. Si prova a chiudere la partita aperta in tale direzione da
Craxi, che non a caso fu il primo a sottoporre la necessità delle
“riforme” sul piano istituzionale e a dichiarare guerra alla scala
mobile e alla stagione di grandi conquiste del movimento operaio degli
anni ’60 e ’70, proseguita da Berlusconi ed ora portata avanti dal
governo Renzi-Alfano.
Vogliono una democrazia e una Costituzione ridisegnate dalla ‘lotta
di classe al contrario’ di cui parla Luciano Gallino, nella quale la
Resistenza e la Liberazione possono trovare spazio solo se confinati ad
un passato lontano e che non ha più niente da dire al presente.
Vogliono un paese che assomigli sempre di più all’Europa del neoliberismo e dell’austerità, in cui l’assenza di democrazia va perfettamente a braccetto ed è funzionale alla disoccupazione, alla precarizzazione e alla povertà di massa.
Vogliono un paese che assomigli sempre di più all’Europa del neoliberismo e dell’austerità, in cui l’assenza di democrazia va perfettamente a braccetto ed è funzionale alla disoccupazione, alla precarizzazione e alla povertà di massa.
Per tutto questo saremo in piazza: perché stare dalla parte del 25
aprile significa stare dalla parte della costruzione di un altro paese e
di un’altra Europa rispetto a quanto avvenuto in questi decenni e
quanto sta avvenendo. Noi ci saremo con le bandiere della lista Tsipras,
perché le elezioni del 25 maggio – tra un mese esatto – sono
un’occasione per ripartire da sinistra, dalla Costituzione e dai valori
della Resistenza.
Mi piace ricordare il 25 aprile di vent’anni fa quando un milione di
persone partecipò alla manifestazione di Milano, sotto una pioggia
battente: aveva vinto da poco Berlusconi, e per la prima volta c’erano i
fascisti al governo. Non fu una commemorazione, ma un ritrovarsi ed un
ripartire, una prova generale di quel protagonismo sociale e politico
che avrebbe nel giro di pochi mesi costretto Berlusconi alle dimissioni.
Quell’indignazione e quella determinazione devono essere oggi la nostra bussola.
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