Ormai bisogna rimpiangere Leni
Riefenstahl, la regista di Hitler, la tutrice dell’estetica ariana: se
non altro il suo Olympia, girato nel 1936 in occasione dei giochi di
Berlino, ha imposto canoni cinematografici e televisivi (in
quell’occasione ci furono le prime riprese e trasmissioni effettive col
nuovo mezzo) usati ancora oggi. Quello che si prepara è molto peggio del
razzismo feroce, delirante, ma ingenuo della razza superiore, perché
quello che scientificamente è un non senso viene trasformato in una
sorta di inevitabile destino o meglio ancora di un desiderio.
Un tale Oliver Curry, sostiene che fra
100 mila anni la specie umana “si dividerà in due sottospecie costituite
una di individui alti, slanciati, sani e intelligenti e l’altra di
individui poco brillanti, brutti e sgraziati. Si formeranno insomma
secondo questa predizione una classe geneticamente superiore e una
inferiore.” Da notare che la brillantezza è associata all’altezza e la
stupidità alla bruttezza e all’essere bassi, proprio come ci si
aspetterebbe da un sano razzista vittoriano. Che bruttezza e bellezza
sono estetiche variabili nel tempo, mentre la statura è solo un elemento
adattativo e di per sé non significa nulla. Ma in generale, anche chi
superficialmente si tiene aggiornato sull’antropologia evolutiva, sa
benissimo che questo scenario è del tutto insensato, al di fuori di ogni
realtà, di ogni possibilità di speciazione e frutto di incompetenza
assoluta.
Allora perché il Corriere della Sera
ritiene di dare a questo personaggio uno spazio da prima pagina? Certo,
dirà qualcuno, se pubblica Alesina, qualunque altro va benissimo. E
infatti la ragione è più o meno la stessa: Olivier Curry insegna a
sorpresa alla London School of economics, uno di quei masterifici
anglosassoni nei quali, pagando, qualunque mediocre ha il suo
bell’attestato. Quindi non è molto importante che Curry sia un cialtrone
e dica cose assurde per comparire sui giornali, ma che segua la
dottrina ufficiale della scuola, ossia il liberismo. E non ci vuole
molto a capire che le due preconizzate e soprattutto auspicate
sottospecie umane, corrispondano ai ricchi alti, belli, sani e
intelligenti, mentre i poveri e gli impoveriti sono bassi, brutti,
ottusi. Tutti sanno che si tratta di ciarpame che persino uno scrittore
di fantascienza considererebbe di pessima qualità, ma la visione di
Curry corrisponde al “sentiment” di chi tira i fili e che ama molto
sentirsi superiore. Se poi si profila la possibilità di poter essere
addirittura progenitore di un’intera razza di eletti va in sollucchero.
Non soltanto è una prospettiva allettante, ma è anche un buon alibi per
poter giustificare la povertà altrui e per dare una buona ragione allo
sfruttamento. Il razzismo di classe è il nuovo obiettivo.
Ed è proprio per questo, per questa
corrispondenza alla visione finale e sottintesa del liberismo che la
robaccia di Curry, al confronto della quale il metodo stamina di Vannoni
ha un’ ineguagliabile raffinatezza scientifica, viene citata sia pure
criticamente anche da ricercatori seri come se fosse qualcosa su cui
soffermarsi e non soltanto la stravaganza di un cretino. Perché è nello
spirito del tempo, una sorta di racconto o di apologo che non ha niente
a che vedere con l’evoluzione e con l’antropologia, ma solo con una
visione del mondo delle classi dirigenti. Un modo indiretto per
contestare l’eguaglianza e la dignità di tutti gli uomini che in sé non
può ancora essere attaccata frontalmente, anche se si fa un grande
spreco di vincenti e perdenti. E chi non lo capisce scommetto che è
anche basso e brutto.
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