mercoledì 30 aprile 2014

Il sindacato della licenza di uccidere


Il sindacato della licenza di uccidere
Ci sembra il caso di riportare unicamente il testo dell'Ansa, senza i commenti che ognuno di voi saprà fare con altrettanta indignazione.
Circa cinque minuti di applausi e delegati in piedi alla sessione pomeridiana del Congresso nazionale del Sap, il sindacato autonomo di Polizia, per tre dei quattro agenti condannati in via definitiva per la morte del 18enne Federico Aldrovandi durante un controllo il 25 settembre del 2005 a Ferrara: Paolo Forlani, Luca Pollastri e Enzo Pontani.
I tre agenti presenti al congresso del Sap, sono stati condannati dalla Corte di Cassazione il 21 giugno del 2012 per eccesso colposo in omicidio colposo a tre anni e sei mesi, tre anni dei quali coperti dall'indulto. Oltre ai tre poliziotti presenti al congresso riminese, nel caso Aldrovandi era coinvolta anche un'altra poliziotta, Monica Segatto. I quattro hanno trascorso alcuni mesi in carcere.
"Mi si rivolta lo stomaco. E' terrificante", reagisce Patrizia Moretti, madre di Federico. "Cosa significa? Che si sostiene chi uccide un ragazzo in strada? Chi ammazza i nostri figli? E' estremamente pericoloso".
Il capo della polizia Alessandro Pansa aveva da poco lasciato la sala dopo aver parlato delle “nuove regole d’ingaggio” in ordine pubblico che si rendono necessarie dopo gli abusi documentati in occasione degli incidenti dello scorso 12 aprile a Roma.

Applausi a scena aperta per il degrado civile

20140429_68611_aldrovandi-ansa-applausi-poliziotti-sap.jpg.pagespeed.ce.rIMqNM-ClzE così anche i poliziotti del Sap applaudono a scena aperta agli assassini di Aldrovandi, seguendo l’esempio degli industriali di Confindustria che festeggiarono i killer della Thyssen Krupp, ora salvati dalla diligente Cassazione. Un intero mondo di civiltà e di speranza viene schiacciato da quelle che mani che battono insistenti e senza vergogna, anzi arroganti, sapendo benissimo che proprio la sfrontatezza dell’ingiustizia che ostentano sarà di monito a chi s’indigna e di conforto per i complici che si nascondo dietro la politica e le istituzioni.
Inutile scandalizzarsi di tutto questo, quando l’intera società viene condotta dall’ambito dei diritti a quello dello sfruttamento: piangere sulla tragedia della Thyssen e poi appoggiare lo sfascio della legislazione del lavoro è il duro, indefesso lavoro dell’ipocrita. E pensare che un sistema che vuole trasformarsi da democratico a oligarchico abbia bisogno di poliziotti rispettosi della legge e non invece di semplici bravi, è come il vagare dei ciechi. Ed è proprio in questa cornice che va inquadrata la standing ovation del Sap, tutt’altro che spontanea, ma voluta e preparata: non pensiate di toccarci perché siamo ciò che il potere vuole che si sia. Del resto erano presenti all’assemblea anche alcuni parlamentari plaudenti tra cui Lara Comi del Pdl.
E quale dimostrazione migliore di tutto questo del finto scandalo del ministro Alfano, absit iniuria verbis,  che proprio pochi giorni si era indignato per la sola idea di mettere identificativi sui caschi del poliziotti alle manifestazioni? E’ un chiaro endorsement verso la irresponsabilità degli agenti chiamati invece a reprimere duramente ogni contestazione all’opera del sistema politico. E dunque anche un applauso indiretto al Sap. Ma anche le altre reazioni, compresa quella di Renzi, nuotano nel nulla: in qualsiasi Paese agenti condannati per fatti come quello di Ferrara sarebbero già da un bel pezzo fuori dalle forze dell’ordine, mica tutelati come si conviene a un clan di stato negli stipendi e nelle pensioni.
Inutile starci a girare intorno: la riduzione della democrazia ha bisogno anche di pescare nel torbido di queste vite e di queste vicende, soprattutto ha bisogno di tutelare i suoi tutori, di coprire, depistare, proteggere. Di infliggere pene minime come già avviene per il sistema di potere.  Certo, com’è ovvio, le mele marce ci sono dovunque e di certo la gran parte dei poliziotti non ha nulla a che vedere con i quattro del caso Aldrovandi, ma gli applausi del Sap hanno volutamente contraddetto questa evidenza facendo sapere al sistema di voler far parte del cerchio magico dell’impunità sostanziale se vogliono avere qualcuno disponibile a reprimere i cittadini.
Certo l’arroganza li ha spinti a fare un passo falso mettendo in imbarazzo proprio i loro protettori. Ma questi sono ormai così deboli e legati al filo delle menzogne, che possono esigere la visibilità della barbarie più scoperta.  Del resto perché a loro dovrebbe essere negato lo stesso privilegio che viene concesso ad altri persino con il favore dell’opinione pubblica?

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