Anche
ieri reparti dell’esercito ucraino mandati nelle regioni dell’est a
reprimere le proteste della popolazione russa e russofona, sono passati
dall’altra parte: in particolare centinaia di giovani cadetti hanno
issato la bandiera di Mosca e in qualche caso anche quella rossa, mentre
dappertutto i carri armati o si impantanano come quelli tedeschi di
settant’anni fa oppure vengono fermati dalla folla o si arrendono:
l’attacco del regime nazionalista di Kiev lanciato dal tracotante presidente
ad interim Turchinov, si sta tramutando in una disfatta perché è del
tutto evidente la pochissima voglia dell’esercito regolare di fare sul
serio, anche se per caso ne avesse i mezzi e le competenze. Agli
oligarchi di Kiev e al loro cambiamento di verso avvenuto grazie alle
mene americane e alla desolante subalternità dell’Europa, non rimangono
che le milizie di Settore Destro o i contractor giunti dagli Usa, in
pratica le stesse forze sulle quali potevano contare all’inizio.
D’altro canto anche la popolazione delle regioni occidentali che
grazie al cambiamento di regime si è trovata esposta alle famose ricette
della troika, sembra sempre meno disposta a guardare con simpatia a
questa avventura e ai miliziani che la difendono. Purtroppo questo
insieme di fattori apre prospettive molto pericolose perché è evidente
che lo spostamento dell’Ucraina nel campo Nato non è realizzabile senza
un intervento esterno e/o un aperto appoggio e sostegno a un regime di
chiara marca. Senza nemmeno citare le perplessità di molta dell’economia
europea di fronte alle sanzioni nei confronti di Mosca e travolta dalla
politica del premio nobel per la pace preventivo – uno dei peggiori
presidenti Usa mai visti, un personaggio che non ha saputo essere
nemmeno a un decimo dell’altezza di ciò che avrebbe potuto
rappresentare. E che nel migliore dei casi dimostra come a Washington le
lobby stiano sostituendo la democrazia. Senza nemmeno parlare della
necessità di appoggiare il regime di Kiev con valanghe di miliardi in
una situazione di acuta crisi economica.
Insomma si voleva gettare l’Ucraina fra le ruote del carro russo in
ascesa e invece pare proprio che l’Ucraina rischi di finire
negli ingranaggi dell’Occidente visto che anche una guerra finanziaria
sarebbe a doppio taglio e probabilmente non vincente quanto meno per
l’Europa dentro un mondo in cui l’asimmetria è ormai la regola. Altro
che guerra fredda. E di certo la presenza di un vulcano continuamente in
eruzione sarebbe un pericolo troppo grave. L’unica via d’uscita a
questo punto è che il golpe di Kiev venga lasciato fallire, che la
democrazia sventolata come menzogna serva almeno come alibi efficace per
fare marcia indietro senza dare la sensazione di una sconfitta.
Disgraziatamente non credo che questo avverrà facilmente: le classi
dominanti hanno imparato una cosa dalla crisi ed è che hanno bisogno di
un nemico per resistere efficacemente alle conseguenze della regressione
sociale che esse impongono. La massiccia infusione degli ideal tipi
liberisti, la mutazione maligna di istituzioni come la Ue, la forza di
strumenti di tortura come l’euro, non sono sufficienti ad evitare il
pericolo che gli strumenti messi in piedi o resi funzionali al disegno,
sopravvivano alla tempesta. Così niente di meglio che rimettere in campo
l’antagonista tradizionale, quello cui si è già abituati e che non
richiede costose riconversioni dell’immaginario, ovvero la Russia che
paradossalmente non è più l’Unione sovietica, ma anzi un modello di
oligarchia da far invidia a JP Morgan. Quindi anche il sostegno
irrealistico alla farsa ucraina a suon di miliardi potrebbe rivelarsi un
buon investimento: la Germania sarà costretta a comprare gas da Mosca
per rivenderlo all’Ucraina a prezzo scontato? Migliaia di aziende
rischiano di veder inaridire uno dei mercati in maggiore crescita?
Piccolezze se questo è uno strumento per ricondurre all’ovile masse
disperse, ma forse già sul punto di essere raggruppate
dall’impoverimento generale sia pure senza un qualche obiettivo di lungo
termine. Pretendi forse un contratto a tempo indeterminato e la sanità
pubblica quando c’è il nemico alle porte?
Così la tentazione di lasciare un margine di incertezza e di scontro,
di mettere le premesse per un’escalation è molto forte e si concreta
con gli assurdi accordi di Ginevra che sembrano scritti e pensati un
secolo fa e che sono inutili perché pretendono di passare in ogni caso
sopra la volontà popolare in un piccolo gioco di potenze e potentati. Un
invidiabile miscela per la guerra. E che in effetti un secolo fa la
provocò.
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