Quando dicevamo che il grillismo dava una risposta di destra a pulsioni e inquietudini provenienti anche
da sinistra, spesso si utilizzava il vecchio trucco retorico di fare la
caricatura delle posizioni dell’interlocutore, dicendo che ci
limitavamo a denunciare un “inesistente pericolo fascista”.
Evidentemente parlavamo di qualcosa di più complesso, che andava oltre
il movimento-azienda di Casaleggio e Grillo e parlava più in generale
delle nuove forme del potere al tempo della crisi.
Con forzatura evidente che mette a nudo ogni retorica del “decide la
Rete”, Grillo e Casaleggio hanno deciso di dare una mano a Nigel Farage,
volto della nuova destra anti-migranti e nazionalista britannica, per
formare un gruppo al Parlamento europeo. Oggi, magari qualcuno dirà “Ma
il sindaco grillino di Livorno ‘viene da sinistra’”. Ma vi pare che per
vincere le elezioni in una città come quella il partito-franchising
avesse mai potuto calcare la mano sui suoi tratti di destra? Il
grillismo funziona così, esattamente come la politica dominante tutta:
ti spinge a seguire l’evento del giorno e a perdere le fila delle
tendenze. Dunque, proviamo a non farci ingannare da dettagli locali, che
siano pittoreschi o significativi, e guardiamo ai processi generali.
Il fedelissimo Alessandro Di Battista, uno che zompetta tra parole di destra e slogan sinistra con la sfacciataggine tipica dell’ingenuo (per questo piace tantissimo alla massa qualunque) ha scritto ieri sulla sua pagina Facebook queste parole: “Ma
possibile che ancora non si è capito (e in questo senso saluto con
estremo favore l’alleanza strategica con Farage) che la vera
contrapposizione del presente e del futuro (e forse anche del passato ma
lo stiamo capendo solo ora) non è destra/sinistra ma primato
politica/primato finanza o sovranità/sottomissione?“. L’accordo con
l’Ukip di Farage non riguarda, dunque, una convivenza strumentale e
tattica ma una vera e propria “alleanza strategica”.
Non è un caso che oggi sul sito di Grillo sia comparso un documento a
firma del redivivo professor Paolo Becchi, nel quale si sostiene che “La sfida del futuro è tra sovranità e internazionalismo negativo,
che sta erodendo la maggior parte dei diritti e delle conquiste sociali
ottenuti a livello nazionale negli ultimi anni”: la risposta alla
globalizzazione sarebbe dunque il ritorno ai sacri confini nazionali.
Di fronte a contraddizioni planetarie, M5S rispolvera il sovranismo
nazionale: non è un impazzimento improvviso. Se ne potevano riconoscere i
presupposti.
Lo scrivevo già qui, nel febbraio 2013, analizzando uno dei discorsi tenuti da Grillo nella campagna elettorale per le politiche:
Lo scrivevo già qui, nel febbraio 2013, analizzando uno dei discorsi tenuti da Grillo nella campagna elettorale per le politiche:
«Non sai più chi siamo». L’incipit accarezza gli
elettori di destra, il nazionalismo, il senso di smarrimento e
l’orgoglio di essere italiani. Grillo prosegue: «Andiamo in guerra…
Siamo già in guerra. Siamo soci nella logistica coi francesi che vanno a
bombardare il Mali. Vanno a bombardare i tuareg e i musulmani e vanno a
dare una mano a un governo golpista, che ha preso il potere nel Mali,
che è strategico come posizione, c’è l’uranio e c’è l’oro. Loro sono
imperialisti». Qui richiama l’attenzione degli elettori di sinistra,
facendo riferimento alle mosse neo-colonialiste dei francesi cui
forniamo appoggio logistico.
Poi riprende il discorso più sciovinista, stuzzicando la rivalità
coi cugini d’oltralpe: «’Sti cazzo di francesi. Li vedi: Egalité,
Bonaparté… [mette in scena una specie di grammelot francofono]. Noi gli
facciamo la logistica dei missili». Senza soluzione di continuità si
passa di nuovo al sentimento di quelli che qualche anno fa sventolavano
le bandiere arcobaleno: «Ma io ci ho l’articolo 11! Noi siamo contro
qualsiasi tipo di guerra!». La parte conclusiva è un mix indistinguibile
di destra e sinistra, di paura dei musulmani: sono potenziali
terroristi ma vengono anche chiamati «amici». Fino alla conclusione che
tanto ha scandalizzato. «Ma scusate, vi faccio una domanda. Bombardi i
musulmani? Ma c’è Al Qaeda! Se Al Qaeda si incazza, viene qua e fa una
rappresaglia, con chi ce la dobbiamo prendere. Allora dato che siamo in
Eurovisione, voglio dire a tutti gli amici musulmani che non me ne frega
niente. Non l’ho deciso io. Non siamo coi francesi. Se proprio volete
bombardare… Qualche missile… Allora ve le diamo noi le coordinate [Si
gira verso un collaboratore sul palco gli fa leggere dei numeri su un
pezzo di carta]. Le coordinate giuste sono 41 gradi 52 primi a nord 12 e
gradi 28 primi a est. È leggermente più giù di Bologna, è una cittadina
carina. Il punto è preciso, il vuoto chirurgico. Il Parlamento
italiano».
«Nazionalismo dal basso, comunità dei produttori contro i ‘parassiti della Nazione’ che
risiedono sul suolo patrio, ma anche contro quelli che ne stanno
fuori»: così Nicola Casale in una riflessione sul grillismo ha
sintetizzato uno degli approdi ultimi dell’ideologia prêt-à-porter della
macchina elettorale messa in piedi da Grillo&Casaleggio. L’analisi
di Casale è intrigante: il grillismo pesca nella composizione sociale
del ceto medio impoverito e dei piccoli imprenditori colpiti dalla crisi
per estendersi ai giovani precari in cerca di «merito» e di giusta
valutazione delle loro «competenze». La composizione politica, di
conseguenza, risentirebbe del neoliberismo e dell’individualismo
proprietario del ventennio precedente, ma con una differenza
sostanziale: in tempo di crisi dell’ideologia e del mito del mercato,
chi detiene le «competenze» deve rimpiazzare «La Casta» dei politici.
Ancora, uno schema che proviene genericamente da sinistra (il
mettersi al servizio di una comunità, perseguire e difendere il bene
comune) viene pervertito e spostato sul piano nazionale: impegnarsi nel
M5S significa «riconoscersi come ‘comunità di interessi’ contro i
‘parassiti della Nazione’, politici, grande finanza e grande industria».
Assistiamo, spiega ancora Casale, alla «fusione eclettica di argomenti
di ‘sinistra e di ‘destra’ per fondare un programma ‘né di destra, né di
sinistra’, e, dunque, ‘veramente’ nazionale e nazionalista»,
sottolineando come questa deriva verso un «nazionalismo dal basso»
potrebbe pericolosamente contagiare altri paesi colpiti dalla crisi.
Esce in questi giorni la quarta edizione di “Un Grillo Qualunque”.
Viene confezionata con il titolo “Breaking Beppe” e contiene un nuovo
saggio iniziale che ripercorre gli ultimi dodici mesi, quelli che con la
salita al potere di Renzi hanno affermato il trionfo della
rappresentazione spettacolare sulla rappresentanza agonizzante.
Il
personaggio del Grillo politico assomiglia al personaggio Walter White,
protagonista della fortunata serie tv “Breaking Bad”: entrambi
oscillano impercettibilmente dall’empatia delle vibrazioni positive agli
impulsi che stuzzicano il nostro lato oscuro. Entrambi, Beppe e Walter
rappresentano la schizofrenia di una trama che fatica a trovare punti di
riferimento, alternano sguardi minacciosi a sorrisi bonari, evocano il
lato oscuro delle nostre vite in balia dell’incertezza.
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