venerdì 20 giugno 2014

Syriza italiana, "Il contributo No Tav per una nuova resistenza". Intervista a Nicoletta Dosio



Che valutazione dai della tua esperienza come candidata e della vicenda della lista Tsipras alle elezioni europee?
L’aspetto migliore di questa esperienza è stato proprio quello di continuare in fondo la mia militanza di sempre a contatto con la realtà di base e i problemi della gente. Ho avuto modo di vedere di persona che i problemi che incontriamo in valle ci sono in realtà dappertutto: dalle fabbriche del milanese, nei territori con le varie male-opere che stanno distruggendo quel che resta di boschi e campagne, ma anche abbattendo case, per portare devastazione dove c’era bellezza e socialità. Si spargono veleni e denaro pubblico. Ho incontrato la desolazione dei migranti come nelle campagne in provincia di Alessandria, impiegati come schiavi per dodici ore di lavoro a un’euro e mezzo all’ora e pure, in qualche caso, obbligata a fare servizi nelle case dei padroni. Gente costrettaa bere l’acqua stesa dell’irrigazione. E questo nel silenzio più generale. E anche di quelle forze che dovrebbero dare una mano. Ho visto la situazione delle scuole. A Vigevano c’è una scuola con due mense, quella di chi può pagare e viene servito al tavolo, e una specie di sottoscala dove ammassano, invece, i bambini con il panino. E anche la situazione degli ospedali ho incontrato. Molti chiusi come in val di Susa, o con i pronto soccorso ridimensionati. Il problema della casa è devastante. A Torino l’altro giorno hanno sgombrato famiglie e bambini da corso Traiano. E con la resposmabilità del Pd. Insomma, un Paese schiacciato dal fiscal compact come tutta l’Europa. L’esperienza migliore è stata proprio la rabbia profonda e la volontà di trovare compagni di strada con cui marciare veramente.

Manca ancora un’Europa esigibile, ovvero una idea di unità che solo la sinistra può costruire attraverso le lotte.
Sicuramente gli organi istituzionali non stanno dalla parte delle persone e, come va detto, andare nelle istituzioni vuol dire trovare uno strumento in più da mettere a disposizione delle lotte. E’ questo, credo, il senso della presenza della sinistra nel Parlamento europeo. Differentemente dai tempi passai non c’è una difesa collettiva, ma qualcosa sta nascendo. Quello che io penso è che ci deve essere una sinistra che non sia solo una etichetta ma una realtà utile ai bisogni e al futuro di tutti.
Il Governo ha cancellato la parata istituzionale dell’11 luglio. Che idea vi siete fatti?
Hanno capito benissimo che il conflitto si stava preparando e che tante realtà giovani si mettevano insieme proprio per creare questo clima che andrà avanti nel controsemestre. Hanno battuto in ritirata perché hanno capito che non c’è più solo rassegnazione. I giovani non sono inerti. Hanno capito che devono mettersi in piedi perché hanno trovato il deserto intorno.
Dicevamo della sinistra europea. Un orizzonte che non potrà non essere di lotta in tutto il vecchio continente.
Sinistra europea per una lotta europea. Delocalizzazione del lavoro e inquinamento sono i due punti più importanti. In Europa non ci si salva da soli. Una dimensione che dovrebbe essere non solo europea ma mondiale. Il senso dell’Altra Europa dovrebbe essere proprio quello. La memoria storica delle lotte dovrebbe aiutarci in questo. Il trattato che stanno portando avanti sempre meno segretamente tra Usa e Ue sarà presto un patto anche militare e richiede una conoscenza generalizzata ma anche un conflitto comune. Dobbiamo renderci conto che il potere delle multinazionali sovrasta quello pubblico.
Quale credi sia il vostro contributo alla ricostruzione della sinistra in Italia?
Intanto, la nostra lotta è fatta di tante storie individuali e di memoria storica. Esperienze diverse che sono diventate efficaci perché hanno trovato un elemento di unità non fondato sulla mediazione. Nella chiara certezza che si difende il diritto a vivere e al futuro di tutti. Lotte che hanno recuperato altre lotte della memoria storica. Noi abbiamo chiamato la nostra lotta una lotta per il diritto a resistere e per una nuova resistenza. Ed è chiaro il riferimento alla resistenza al nazifascismo. I partigiani hanno lottato per una democrazia nel vero senso della parola. Soltanto ponendosi dei punti alti e non pensando di trovare accordi con i propri nemici che si può vincere e ricostruire la solidarietà di base e l’unità che poi è il motore reale della lotta. Eravamo accusati di localismo ma partendo dai bisogni reali vai ben oltre questo.

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