Renzi cambia verso all’anatocismo: lo reintroduce
Era stata una delle battaglie più lunghe e appassionate
delle associazioni di consumatori, e in particolare dell’Adusbef, che
l’aveva condotta con una perseveranza implacabile. Alla fine, dopo una
ventina d’anni di reclami, cause e ricorsi, sembrava che la guerra
contro l’anatocismo fosse stata vinta: una sentenza delle sezioni unite
della Cassazione e poi addirittura della Corte Costituzionale avrebbero
dovuto essere la pietra tombale per questa pratica delle banche, che
consiste nel calcolare gli interessi sugli interessi a debito dei
clienti. In altre parole, se si chiede un prestito, gli interessi sulla
somma ottenuta venivano a loro volta sommati ogni tre mesi per calcolare
i nuovi interessi che sarebbero decorsi da quel momento. In questo modo
il tasso effettivo (e dunque i soldi da restituire) aumentava in modo
esponenziale.
Alla fine i tribunali e la Cassazione (nel 2010) avevano dato ragione
ai consumatori, ma l’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti
aveva inserito nel consueto “decreto milleproroghe” di fine anno una
norma che costituiva in pratica una sanatoria per quanto avvenuto fino a
quel momento, bloccando i rimborsi richiesti dai clienti. Un nuovo
ricorso, questa volta alla Consulta, cancellava anche questa norma con
una sentenza del 2012. Al governo non restava che prenderne atto, cosa
che fu fatta con la Legge di stabilità dell’anno successivo.
Sembrava dunque che in materia non ci fosse più nulla da dire e che
quella lunghissima battaglia fosse stata vinta. Invece no, si
ricomincia. Perché l’attuale governo, con un blitz di cui pochi si sono
accorti, ha reintrodotto l’anatocismo con un decreto pubblicato il 25
giugno (il n. 91/14). Al danno si aggiunge la beffa, visto che il
decreto è stato chiamato “Disposizioni urgenti per il rilancio e lo
sviluppo delle imprese”.
Rispetto al passato cambia solo il fatto che il calcolo degli
interessi sugli interessi non potrà più avvenire ogni tre mesi, ma solo
ogni anno. Ci sono altri dettagli tecnici, che però non cambiano nulla
della sostanza del provvedimento.
Naturalmente l’Adusbef ha già annunciato un nuovo ricorso. Che molto
probabilmente avrà successo, visti i numerosi precedenti. Resta da
capire perché il governo si sia imbarcato in questa avventura,
reintroducendo un meccanismo odioso più volte giudicato illegale. Se è
la contropartita per aver chiesto più tasse alle banche, si poteva
scegliere un modo meno impopolare e soprattutto più furbo, data la quasi
certezza di una prossima ennesima cancellazione.
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