di Alessandro Robecchi
pubblicata da Il Manifesto, 17 luglio 2011
Chiamiamo le cose con il loro nome: la manovra economica varata dal governo è senza ombra di dubbio una manovra di classe. E che classe, gente!
Chissà se gli onorevoli indagati, tipo quel simpatico Milanese, si sono presentati a votare la manovra con al polso cinque o sei orologi da migliaia di euro. Ci vuole una certa classe per fare come quel Papa che qualcuno vorrebbe arrestare: qualche macchinone chiuso in garage, la Jaguar regalata all'amica, la fuoriserie lucida per correre a votare i tagli agli asili nido. Classe, gente, non c'è altra parola!
E don Silvio, allora? Chiuso nel suo silenzio operoso potrà gioire del fatto che l'Italia non è la Grecia grazie soprattutto ai ticket sanitari e alla bastonatura dei bassi redditi. E, con una certa classe, potrà sorvolare il paese sui due nuovi superelicotteri da cinquanta milioncini della Presidenza del consiglio. Cadauno. O, se preferite, cadano tutti e due!, che sarebbe comprensibile preghiera.
Ci vuole una certa classe per tagliare le agevolazioni fiscali alle famiglie più povere in misura doppia che a quelle più ricche. È commovente sapere che gente che vive di consulenze milionarie, che spende un miliardo di euro all'anno per andare a casa con l'autista, trovi il tempo per far pagare ai cittadini la visita al pronto soccorso.
La classe non è acqua. E del resto è giusto che l'esempio venga dall'alto, che la classe dirigente e le massime autorità del governo mostrino sensibilità, moderazione nei costumi, propensione al risparmio. Tipo vivere gratis a casa di un amico come ha fatto il ministro dell'economia Tremonti. Fatelo anche voi e non avrete gli aggravi previsti per i mutui.
Ci vuole polso fermo per guidare un paese, ma anche un po' di stile non guasta, la forma è importante. Chissà come apprezzano gli otto milioni di italiani poveri. Diranno ammirati: però, che manovra di classe!
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