di Marina D'Ecclesiis, in www.radiocittaperta.it
“Presidente Napolitano, perchè il segreto di Stato deve servire per nascondere i traffici di armi?”.
Così titola il comunicato che accompagna la “Lettera aperta” al Presidente della Repubblica che la Rete italiana per disarmo e la Tavola della pace hanno inviato per richiamare l’attenzione sulla recente notizia dell’imposizione del segreto di Stato da parte del Governo su una consegna di armi partite dal nostro paese.
Ciò ha di fatto bloccato le indagini che la magistratura di Tempio Pausania stava conducendo riguardo la destinazione finale di un carico di armamenti sequestrati in Sardegna nel 1994 e che, su ordine del Tribunale di Torino, avrebbero dovuto esser distrutti. “Si tratta di armamenti – sottolineano le due associazioni – che nei mesi scorsi sarebbero stati consegnati dalla Marina Militare all’Esercito, per essere poi consegnati ai ribelli libici”. Il carico di armi, inoltre, è stato trasportato dal deposito di Santo Stefano a Civitavecchia, utilizzando navi passeggeri della Saremar e della Tirrenia, mettendo a rischio l’incolumità dei passeggeri civili.
Il sospetto della destinazione degli armamenti è alimentato dal fatto che l’Italia con la Francia e la Gran Bretagna, ha inviato ufficialmente in Libia dieci ufficiali che gestiscono lo stato maggiore dei ribelli, affiancando i loro vertici militari ma curando di fatto le funzioni di comando e coordinando i movimenti degli insorti e i raids aerei della Nato. Oltre a questi consiglieri l'Italia ha inviato in segreto in Libia altri team di militari, per lo più appartenenti alle forze speciali, con compiti di supporto ai miliziani e operativi da fine maggio. Una tempistica che coinciderebbe con l'arrivo a Bengasi dei carichi di armi che vent'anni fa avrebbero dovuto equipaggiare l'esercito croato all'epoca in guerra contro i serbi. Compiti simili poi, sono assegnati in Libia anche a unità francesi e britanniche che in alcuni casi affiancherebbero in azione le milizie ribelli.
Si tratta di iniziative che esulano dal comando Nato delle operazioni e che investono la responsabilità dei singoli Paesi anche perché le forniture di armi alla Libia violano l'embargo stabilito dalle risoluzioni dell'Onu.
Intanto scenari inquietanti emergono dalle cronache giudiziarie di questi giorni, proprio sul traffico di armi. A finire in manette, Piergianni Prosperini ex assessore al Turismo di Milano che secondo quanto emerge dall'ordinanza di custodia firmata dal gip avrebbe avviato una trattativa come una sorta fiduciario del governo eritreo per la vendita allo Stato africano di visori notturni, fucili da caccia e pescherecci. Questo però, precisano gli inquirenti, è un reato tentato ma non consumato per il quale l'accusato risulta sì indagato ma per reati fiscali: ci sarebbero infatti delle percentuali d'intermediazione percepite in nero.
E mentre c’è chi tenta di far soldi con il traffico d’armi c’è chi da anni si batte contro l’illegalità ed è puntualmente abbandonato dallo Stato italiano, piu’ interessato a nascondere i suddetti traffici. Stiamo parlando di Gianni Lannes, giornalista che ha condotto inchieste sulle navi dei veleni, sul traffico d'armi, sui rifiuti tossici e nucleari, sulle armi scaricate dalla NATO in Adriatico, sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e sulla strage di Ustica. Oggi si viene a sapere che dopo numerosi attentati Lannes è stato ancora una volta abbandonato dallo Stato. La revoca della scorta, comunicata telefonicamente, avviene guarda caso ad un paio di mesi di distanza dalle dichiarazioni dell' On. Angelo Cera dell'UDC, il quale, dopo aver incensato Totò Cuffaro (condannato a 7 anni per favoreggiamento mafioso), ha dichiarato ad una televisione locale che "[Lannes] lo sistemerò io".
Così titola il comunicato che accompagna la “Lettera aperta” al Presidente della Repubblica che la Rete italiana per disarmo e la Tavola della pace hanno inviato per richiamare l’attenzione sulla recente notizia dell’imposizione del segreto di Stato da parte del Governo su una consegna di armi partite dal nostro paese.
Ciò ha di fatto bloccato le indagini che la magistratura di Tempio Pausania stava conducendo riguardo la destinazione finale di un carico di armamenti sequestrati in Sardegna nel 1994 e che, su ordine del Tribunale di Torino, avrebbero dovuto esser distrutti. “Si tratta di armamenti – sottolineano le due associazioni – che nei mesi scorsi sarebbero stati consegnati dalla Marina Militare all’Esercito, per essere poi consegnati ai ribelli libici”. Il carico di armi, inoltre, è stato trasportato dal deposito di Santo Stefano a Civitavecchia, utilizzando navi passeggeri della Saremar e della Tirrenia, mettendo a rischio l’incolumità dei passeggeri civili.
Il sospetto della destinazione degli armamenti è alimentato dal fatto che l’Italia con la Francia e la Gran Bretagna, ha inviato ufficialmente in Libia dieci ufficiali che gestiscono lo stato maggiore dei ribelli, affiancando i loro vertici militari ma curando di fatto le funzioni di comando e coordinando i movimenti degli insorti e i raids aerei della Nato. Oltre a questi consiglieri l'Italia ha inviato in segreto in Libia altri team di militari, per lo più appartenenti alle forze speciali, con compiti di supporto ai miliziani e operativi da fine maggio. Una tempistica che coinciderebbe con l'arrivo a Bengasi dei carichi di armi che vent'anni fa avrebbero dovuto equipaggiare l'esercito croato all'epoca in guerra contro i serbi. Compiti simili poi, sono assegnati in Libia anche a unità francesi e britanniche che in alcuni casi affiancherebbero in azione le milizie ribelli.
Si tratta di iniziative che esulano dal comando Nato delle operazioni e che investono la responsabilità dei singoli Paesi anche perché le forniture di armi alla Libia violano l'embargo stabilito dalle risoluzioni dell'Onu.
Intanto scenari inquietanti emergono dalle cronache giudiziarie di questi giorni, proprio sul traffico di armi. A finire in manette, Piergianni Prosperini ex assessore al Turismo di Milano che secondo quanto emerge dall'ordinanza di custodia firmata dal gip avrebbe avviato una trattativa come una sorta fiduciario del governo eritreo per la vendita allo Stato africano di visori notturni, fucili da caccia e pescherecci. Questo però, precisano gli inquirenti, è un reato tentato ma non consumato per il quale l'accusato risulta sì indagato ma per reati fiscali: ci sarebbero infatti delle percentuali d'intermediazione percepite in nero.
E mentre c’è chi tenta di far soldi con il traffico d’armi c’è chi da anni si batte contro l’illegalità ed è puntualmente abbandonato dallo Stato italiano, piu’ interessato a nascondere i suddetti traffici. Stiamo parlando di Gianni Lannes, giornalista che ha condotto inchieste sulle navi dei veleni, sul traffico d'armi, sui rifiuti tossici e nucleari, sulle armi scaricate dalla NATO in Adriatico, sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e sulla strage di Ustica. Oggi si viene a sapere che dopo numerosi attentati Lannes è stato ancora una volta abbandonato dallo Stato. La revoca della scorta, comunicata telefonicamente, avviene guarda caso ad un paio di mesi di distanza dalle dichiarazioni dell' On. Angelo Cera dell'UDC, il quale, dopo aver incensato Totò Cuffaro (condannato a 7 anni per favoreggiamento mafioso), ha dichiarato ad una televisione locale che "[Lannes] lo sistemerò io".
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