Da maggioranza e opposizione Un silenzio sconcertante
Sul mondo del lavoro si sta stringendo una morsa tesa a stritolare il contratto nazionale di lavoro e il diritto alla pensione.
Sul mondo del lavoro si sta stringendo una morsa tesa a stritolare il contratto nazionale di lavoro e il diritto alla pensione.
Il contratto nazionale di lavoro dava "certezza" sul salario e sull'organizzazione del lavoro (orario - ritmi - mansioni - qualifiche - sicurezza). Le confederazioni sindacali, in accordo con la Confindustria ed il governo l'hanno declassato.
Le pensioni, che sono salario differito, garantivano una anzianità dignitosa. Ora si andrà in pensione sempre più vecchi e con assegni più poveri che verranno, anno per anno, ulteriormente taglieggiati dal costo della vita. Contratti di lavoro e sicurezza della pensione sono due facce della stessa moneta e il cuore del rapporto di lavoro dipendente. L'obiettivo dichiarato dalla Confindustria, dal governo (in primo luogo dal ministro del lavoro) è che non devono esserci più diritti certi, esigibili, altrimenti le persone, le famiglie si deresponsabilizzano e non pensano al futuro: per proteggersi non ricorrono al sistema assicurativo, in primo luogo per la pensione e la sanità. Le misure sulle pensioni presenti nella manovra economica confermano che l'obiettivo non è solo quello di fare cassa, ma di indebolire il sistema pensionistico pubblico. Sono 4 miliardi e 500 milioni i denari che tentano di prelevare, nei prossimi due anni, attraverso il blocco parziale e totale della rivalutazione annuale delle pensioni di importo superiore a 1.100 euro netti al mese (1.428 euro lordi). Cosa significa, in una manovra da realizzarsi entro il 2014, prevedere l'aumento dell'età per il diritto alla pensione a 65 anni per le lavoratrici del settore privato, dato che l'aumento dovrebbe partire dal 2020 e si realizzerebbe gradualmente entro il 2032? Lo stesso dicasi per la riduzione, ogni due anni e a partire dal 2014, dell'aumento dell'età in base alla speranza di vita. Va sfatata la favola che in Italia si va in pensione troppo presto. Siamo nella media europea in termini di diritto (60 anni le donne, 65 gli uomini), ma di fatto, una volta maturato il diritto, i lavoratori dipendenti devono aspettare un anno e gli autonomi 6 mesi a seguito di una norma varata dal governo su cui i sindacati sono stati silenti. Nello stesso tempo si annuncia che nel quadro della rimodulazione delle aliquote fiscali si dovranno reperire dalle erogazioni assistenziali 5 miliardi. Vogliono ridimensionare (eliminare) le pensioni di reversibilità che sono percepite per il 70% da donne con redditi modesti; tassare l'assegno di accompagno per gli invalidi totali, rivedere limiti di reddito per il diritto agli assegni e alle maggiorazioni sociali. Per l'assistenza si farà riferimento alla famiglia, quella col timbro dello stato civile, annullando così un diritto soggettivo. Per giustificare i tagli sulle pensioni in essere e future non hanno potuto prendere a pretesto i conti dell'Inps in quanto sono in attivo di circa 7 miliardi negli ultimi anni, miliardi che vengono confiscati dal Ministero del Tesoro. E' un attivo che proviene dai versamenti dei lavoratori dipendenti, dei precari, degli immigrati e sarebbe ancor più consistente se ogni anno questi versamenti non coprissero un deficit di circa 10 miliardi delle gestioni dei dirigenti d'azienda, dei lavoratori autonomi, del clero. Per il lavoro dipendente si sta costruendo una vera e propria gabbia. Se non si ha la forza di romperla provocherà danni non solo di ordine sociale alla convivenza civile, ma allo stesso tessuto democratico. A riprova della protervia e del cinismo di lor signori l'Inail, con grande clamore, ha annunciato che i morti sul lavoro sono stati 980, in calo di 50 rispetto al 2009 e gli infortuni denunciati 775.000 in calo di 15.000 sullo stesso anno. Quando si parla di infortuni ci si riferisce ad uomini e donne in carne ed ossa che perdono la vita, che si feriscono ed a migliaia restano permanentemente menomati in quanto costretti a lavorare senza sufficienti misure di protezione. Meno morti, sì, ma nello stesso anno la disoccupazione giovanile è schizzata al 30%, i disoccupati hanno superato i 2 milioni, i cassaintegrati sono più di 600.000; è cresciuto il lavoro nero e spesso nei cantieri edili l'infortunio viene trasformato dal padrone in malattia. La verità è che in rapporto agli occupati ci si infortuna, ci si ammala e si muore di più. E' sconcertante che vengano magnificati questi dati, complici i media, che rimangano in silenzio i partiti dell'opposizione parlamentare, che abbia taciuto anche il loquace Presidente della Repubblica.
Sante Moretti, Liberazione, 15/07/2011
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