Qui mi tolgo il casco e familiarizzo, lì invece appioppo manganellate
e procedo a fermi e denunce. E’ ormai visibile, e prevedibile, il
doppio standard che gli apparati coercitivi dello Stato addetti alle
piazze stanno utilizzando di fronte alle proteste sociali e ai soggetti
che le esprimono.
La netta impressione che si ricava di fronte agli avvenimenti di
questa settimana comincia a definirsi. Poche migliaia di persone in
tutta Italia, abbondantemente amplificate dai mass media (i cd Forconi)
si vedono assegnato un ruolo di primo piano nella rappresentazione della
protesta anti-sistema. Dall’altra parte gli apparati del sistema
dominante che procedono sulla strada delle misure lacrime e sangue
indicata dalla troika europea (Bce, Ue,Fmi). E in mezzo? In mezzo non
deve esserci spazio per null’altro se non la complicità e la sociologia.
Chi ha provato a fare saltare questo schema (gli studenti a Roma e
Torino o i centri sociali a Venezia) ha ricevuto una risposta durissima
sul piano repressivo.
Si conferma così quel doppio standard, ben visibile nella relazione
annuale dei servizi di sicurezza al Parlamento che ha dedicato cinque
pagine ai movimenti della sinistra e una sola paginetta striminzita e
rassicurante ai gruppi neofascisti. Non solo. Dei secondi si dice che
sono impegnati solo sul sociale e nel proselitismo via web, dei primi si
indica la pericolosità del coordinamento tra chi è impegnato nelle
vertenze sociali.
Questa gabbia definisce i rapporti dentro la situazione politica e
sociale di quei settori di un paese impoverito e incattivito,
consapevoli (ma non ancora coscienti in termini di identità di classe)
di essere diventati anch'essi un “esubero” che la gerarchizzazione e la
centralizzazione a livello europeo non integra più e pertanto ritenuti
inservibili nella sfida della competitività.
Alcuni rapporti ci parlano di mezzo milione di operai espulsi dal
ciclo produttivo in quattro anni (2008-2012) sia per le ristrutturazioni
sia per le chiusure delle fabbriche, liquidati come esuberi. Si parla
di decine di migliaia di esuberi anche tra i lavoratori nei servizi
strategici (telecomunicazioni, trasporti, credito etc.). Sullo sfondo
incombe la realtà di 2,2 milioni di giovani Neet (che non studiano più,
non lavorano, non fanno formazione) anch’essi collocati come esuberi
sociali in una fase in cui nel mercato del lavoro la domanda e lo spazio
si più fatto stretto. Fin qui, si potrebbe dire, è la logica classica
del capitalismo che colpisce e taglia sul fattore lavoro come reazione
del proprio Dna, ossia di quegli “spiriti animali” che agiscono di
conseguenza.
Ma la mannaia degli esuberi si è andata abbattendo anche su settori
sociali intermedi, fino a ieri parte integrante del sistema economico in
quanto “proprietari dei propri mezzi di produzione”. Autotrasportatori,
padroncini, coltivatori diretti, microimprenditori di attività
commerciali o nei servizi. Sia nel commercio che nei trasporti ha agito
una fortissima polarizzazione sociale che ha stretto gli esercenti tra
la grande distribuzione (che ha distrutto migliaia di piccole attività) e
la fascia bassa gestita ormai da immigrati che riescono a spingere
prezzi più bassi e orari più lunghi. Nel trasporto si segnala l’arrivo
di migliaia di camionisti stranieri che lavorano in condizioni di
flessibilità totale e sono meno vincolati da un apparato normativo
asfissiante come quello messo in campo dai governi italiani.
Un bel pezzo di quel mondo di lavoro autonomo, di quel “piccolo è
bello” nel quale spesso sono sopravvissuti – anche cambiando coscienza e
identità sociale – tanti operai espulsi dalle fabbriche, è stato scosso
con violenza dalla nuova divisione del lavoro a livello europeo… ed è
stato espulso, è stato costretto ad una brusca discesa del suo status
sociale e di reddito. Nasce da questo la rancorosa e indefinita protesta
dei Forconi.
Ma questo pezzo di società- che tanto spesso è stato usato contro i
lavoratori salariati pubblici e privati – non ha dimestichezza con
l’organizzazione, la lotta organizzata, la dimensione collettiva, anzi è
fortemente conforme ad una logica individualista.
E’ su questo settore che è partita l’occupazione dello spazio della
protesta anti-sistema consentita… dal sistema dominante stesso. Una
funzione che ormai con evidenza è stata agevolata anche dalle
indicazioni ricevute dai contingenti di polizia e carabinieri nelle
piazze o negli snodi autostradali presidiati dai Forconi. Si
familiarizza, ci si riconosce come parte dello stesso “popolo di
Italiani”, magari si enfatizza con forti presidi di blindati e
camionette che rallentano il traffico (spesso per prudenza o per
curiosità), e forse si condivide anche il sistema di idee, un blob
indefinito e reazionario in cui quelli che appaiono più organizzati e
con più attivisti a tempi pieno disponibili sono proprio i gruppi
neofascisti
In alcune città si è provato a far saltare questo schema. Ma sia
all’università di Roma (quei presunti "figli di papà" che studiano….)
che a Torino, a Brescia ed infine a Venezia, il clima e le indicazioni
sono state completamente diverse: botte, cariche, fermi e denunce
(“prendiamone qualcuno” gridava un funzionario di polizia nei viali
della Sapienza).
A questo punto il re è nudo e né la sociologia né lo spontaneismo e
l'inseguimento "delle piazze" aiuteranno a venirne fuori in positivo.
Non possiamo nasconderci che le realtà dell’antagonismo di classe sono
arrivate impreparate lì dove si manifestano punti di rottura spuri o
imprevisti (es. i Forconi a Torino). La realtà lascia capire che occorre
prepararsi ad altri episodi con questa o altra natura. Tutto ciò
costringe a fare una ginnastica mentale, politica e di iniziativa alla
quale in tanti – a sinistra- sono completamente disabituati. E’ tempo di
adeguare e aumentare il ritmo di questa ginnastica a tutto campo: da
quello sindacale a quello sociale, da quello ideologico a quello
comunicativo. Non c’è molto tempo.
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