Grande è il disordine sotto il cielo, e la situazione fa schifo. Dopo due giorni di blocchi a macchia di leopardo, fatti da soggetti diversi, si comincia a intravedere un minimo di “disegno politico” all'interno di un fluire senza direzioni precise. E non si tratta di un bel disegno.
Le organizzazioni principali restano – sul piano “vertenziale” - quelle già note: Life, Cobas Latte, movimenti di agricoltori ecc. Sul piano politico i gruppetti della destra fascista, che cominciano ora ad essere scavalcati – o “cavalcati” - da soggetti ben più forti.
«Se sarà votata la fiducia al governo e i politici non resteranno a casa, indiremo la prossima settimana una manifestazione a Roma che porti milioni di persone. Sarà un assedio pacifico e concorderemo il percorso con le forze dell’ordine, ma siamo disposti a restare fin quando i politici non andranno via». Danilo Calvani, uno dei coordinatori del movimento dei Forconi, il “contadino littorio” vicino a Forza Nuova e al gen. Pappalardo così sintetizza l'abbozzo di progetto, delineando i contorni di una “marcetta su Roma” se il Parlamento – stamattina – voterà la fiducia al governo Letta.
Berlusconi raccoglie subito l'assist e annuncia di volerli incontrare al più presto, invitando il governo a fare altrettanto. Qui l'orizzonte è semplice: ottenere lo scioglimento anticipato delle Camere e il voto con il “porcellum”, l'unico sistema elettorale grazie a cui può sperare di restare in gioco anche da “extraparlamentare”. Anche lui rischia di raccogliere poco, se questo momento di jacquerie dovesse durare a lungo o radicalizzarsi; perché la prospettiva elettorale non è davvero, in quel “muoversi”, il massimo dell'aspettativa.
Un altro candidato a raccogliere sul piano elettorale la protesta è Grillo, che ha scritto ai capi di polizia e carabinieri, invitandoli ad unirsi alla protesta. Era già “quasi” avvenuto, come riconosciuto da alcuni “capi” dei sindacati di polizia e persino dalle cronache di piazza di stampo “antagonista” ("quelli della celere, oltretutto, sono nostri amici e sono qui per proteggerci").
Si sono rotte alcune dighe, questo è chiaro. E si sono rotte su un input di destra, sia sul piano sociale che su quello politico. Non tutto quel che si muove è “piccola borghesia” (con un milione e mezzo di “Neet”, giovani che non studiano e non lavorano, non mancano certo le motivazioni per incazzarsi, anche senza un “programma” politico chiaro), ma il baricentro sociale è lì dentro. Gli autotrasportatori che bloccano le strade, per esempio, sono una categoria che conta su strada sempre meno camionisti “italiani”, oberati di tasse e accise; mentre a girare in modo stabile sulle autostrade nazionali sono soprattutto autisti stranieri pagati due soldi, per società estere. In questo caso la protesta è esplicitamente “protezionista”, il che facilita le semplificazioni “nazionaliste”, anti-globalizzazione in chiave retrò.
Sul piano della “rappresentanza politica” - checché se ne pensi o speri – il segno è quindi apertamente di destra. Voci diverse, degne di nota per qualità o numeri in piazza, per ora non ce ne sono.
Questo il dato da cui partire.
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