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La disoccupazione è il principale problema dell’Italia. Milioni
di disoccupati, di precari e sottoccupati, di persone che hanno smesso
di cercare lavoro. Poco meno di dieci milioni di persone non riescono ad
avere un lavoro, non dico soddisfacente, ma semplicemente che gli
permetta di vivere decentemente. Il governo dice che per uscire da
questa situazione occorre abbassare le tasse sul lavoro, in modo da
rendere più competitive le imprese e quindi aumentare l’occupazione. La
cosa che non dice il governo è che la bilancia dei pagamenti è in attivo
e cioè che l’Italia esporta più merci di quante ne importi. Questo
significa che l’industria italiana riesce a stare decentemente sul
mercato mondiale e che il problema non viene principalmente da lì.
Da dove viene il problema? Viene da un crollo
verticale dei consumi interni, del mercato interno. In pochi anni i
consumi si sono ridotti drasticamente e siamo tornati al livello dei
consumi di venti o trenta anni fa. Come mai si sono ridotti i consumi
interni? Perché è crollato il potere d’acquisto degli strati popolari:
negli ultimi trent’anni abbiamo assistito ad una redistribuzione della
ricchezza italiana dai poveri ai ricchi di dimensioni enormi, con 10
punti di Pil (pari a circa 150 miliardi di euro all’anno) sono passati
dai redditi da lavoro e da pensione ai profitti e alle rendite. È il più
gigantesco trasferimento di risorse che si sia visto in Occidente,
maggiore di quello che è riuscito a fare la signora Thatcher ai danni
dei lavoratori inglesi. In Italia tutto questo è accaduto con il
sostanziale consenso del Pds/Ds/Pd e di larga parte del sindacato
confederale.
In questa situazione il tema della giustizia
sociale, cioè della redistribuzione del reddito dall’alto verso il
basso, è tutt’uno con il rilancio dei consumi interni e questa è la
condizione necessaria al fine di aumentare l’occupazione. Anche perché
una eventuale ripresa economica trainata dalle esportazioni, se non
supera l’1%, non può dare alcun risultato positivo in termini
occupazionali. L’aumento della produttività delle imprese esportatrici è
infatti mediamente dell’1% all’anno. Per questo è semplicemente
impossibile avere una qualche soluzione del problema dell’occupazione in
assenza di un deciso intervento dello Stato in economia. Per questo
Rifondazione comunista ha avanzato la proposta di dar vita ad un piano
del lavoro e della riconversione ambientale dell’economia. Questo piano
si basa su due pilastri. In primo luogo il reperimento delle risorse
necessarie per finanziare il piano: patrimoniale sulle grandi ricchezze,
tetto di stipendi e pensioni al di sopra dei 5000 euro al mese, fermo
delle grandi opere inutili e dannose (come Tav e acquisto degli F35),
lotta alla grande evasione fiscale, equiparazione della tassazione dei
redditi da capitale con la tassazione dei redditi da lavoro ecc. Da
queste diverse fonti si possono recuperare poco meno di 100 miliardi di
euro all’anno. Con questi soldi è possibile dar vita a posti di lavoro
attraverso più azioni. In primo luogo abolendo la riforma Fornero sulle
pensioni e ristabilendo l’età per andare in pensione a 60 anni. In
secondo luogo dando vita ad un piano di riassetto idrogeologico del
territorio, ad un piano per mettere a norma acquedotti e fognature, ad
un piano per mettere a norma e rendere autonomi energeticamente tutti
gli edifici pubblici a partire dalle scuole, ad un piano per la piena
valorizzazione del patrimonio archeologico e museale, la piena copertura
delle piante organiche nella sanità, nell’istruzione e nella pubblica
amministrazione in generale. Com’è evidente, un intervento di tal fatta
metterebbe in moto lavoro pubblico e lavoro privato, in settori ad alta
utilità sociale e darebbe vita ad un milione e mezzo di posti di lavoro
nell’arco di tre anni. Ovviamente il tutto determinerebbe un
significativo aumento dei consumi interni e anche un significativo
aumento delle entrate dello Stato, cioè un volano per uscire dalla crisi
che a sua volta darebbe luogo ad altri posti di lavoro.
Perché il governo non lo fa, visto che questa
proposta non richiede la modifica dei parametri e dei vincoli europei?
Perché il governo italiano, il suo presidente del Consiglio e il suo
azionista di riferimento – il Pd – sono integralmente liberisti e
difendono gli interessi delle classi sociali che vedrebbero ridursi i
loro privilegi dall’applicazione di un simile piano finalizzato al
benessere sociale.
(pubblicato su Confronti di gennaio 2014)
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