mercoledì 11 dicembre 2013

Bertinotti e le ceneri della sinistra«Risorgerà, ma non con il Pd»

NEL SUO piccolo ufficio di ex presidente della Camera, Fausto Bertinotti accarezza la copertina del bimestrale che dirige, ‘Alternative per il socialismo’, e tutto sembra fuorché rassegnato. La probabile vittoria di Renzi nel Pd e l’eclissi del sindacato, dice, segnano la fine di un ciclo politico. Ma nel fuoco di conflitti sociali destinati a farsi sempre più intensi di certo nascerà una nuova sinistra di alternativa.
Bertinotti, cominciamo da lei: le manca la politica?
«No, mi manca solo la quotidianità del contatto con i compagni, la vita di comunità. Ma non esistono uomini per tutte le stagioni, il mio tempo è passato. Noto che il mestiere di politico è l’unico che non prevede limiti temporali: sarebbe opportuno fissare per legge l’età della pensione per i politici così come avviene persino per i vescovi».
Cosa pensa del Pd renziano?
«La probabile vittoria di Renzi segna la conclusione di un ciclo storico iniziato con l’atto di scioglimento del Pci e con il progressivo allontanamento della sinistra del movimento operaio. Non a caso è finita anche la storia del peso e della rilevanza del gruppo dirigente che proviene dal Pci».
Quel che è finito è chiaro, ma cosa nascerà?
«Lo vedremo. Certo è che la sinistra ha vissuto una mutazione genetica: aderisce al paradigma europeo imperante e si riconosce nella cultura liberale. Questo farà del Pd l’architrave di un sistema politico costruito sulla governabilità nelle condizioni date».
Curioso che la sinistra tradizionale scompaia proprio in epoca di conflitti sociali...
«Scompare la sinistra politica, perché questo capitalismo non accetta mediazioni sociali, ma non scompare la sinistra sociale: quella dei movimenti».
Che però è quasi priva di rappresentanza politica.
«Per ora. Vede, il modello economico e sociale imperante esclude dalla politica quasi la metà della popolazione, cioè i poveri, che si rifugia nell’astensione o nella protesta...».
Ma?
«Ma l’insubordinazione popolare è destinata a crescere e la rivolta, che non è violenza fisica, produrrà effetti politici. Pensi al caso di Syriza in Grecia: prima dei moti non contava nulla, oggi ha il 40% dei voti».
Insomma, la ‘vera’ sinistra rinascerà nel conflitto sociale.
«Certo, la sinistra dei lavoratori, la sinistra alternativa, è come una fenice: risorge sempre dalle proprie ceneri».
Eppure, i partiti alla sinistra del Pd sembrano malmessi...
«Vivono anche loro il fallimento della storia del Novecento. Ma è chiaro che una nuova stagione sta iniziando e che perciò nasceranno nuovi leader».
Le tensioni sociali cresceranno?
«Sì, ma non saranno più prevedibili. Prima, il conflitto era promosso da soggetti forti e riconoscibili, mentre le lotte odierne hanno per protagonisti movimenti senza struttura né leader. Sono movimenti spontanei, dunque imprevedibili».
È almeno dall’insediamento del governo Monti che il sindacato sembra aver smarrito il senso del proprio ruolo...
«La crisi del sindacato comincia negli anni Ottanta, gli anni di Reagan e della Thatcher, e poi cerca una forma di supplenza nella concertazione».
E oggi?
«Oggi, a parte la Fiom e il sindacalismo di base, i sindacati hanno rinunciato al conflitto con ‘il capitale’ e sono diventati parte del concerto istituzionale».
Un esempio?
«I salari italiani sono tra i più bassi d’Europa, ma anziché chiedere aumenti salariali o il reddito di cittadinanza, il sindacato chiede la riduzione del cuneo fiscale: è il segno che sindacato e impresa hanno ormai lo stesso punto di vista».
Quella incarnata da Renzi è ancora ‘sinistra’?
«I giovani di Occupy Wall Street rifiutano di votare perché dicono che ormai è possibile scegliere solo tra Coca Cola e Pepsi Cola».
Crede anche lei che destra e sinistra siano ormai uguali?
«In realtà no. Differenze d’approccio sono possibili, ma non riguardano più il modello di società e dunque i diritti sociali, bensì i diritti individuali. È la distinzione storica tra liberali di destra e liberali di sinistra: non è molto, in effetti, ma per chi si accontenta è pur sempre qualcosa».

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