Nel
2006 ebbi un insperato colpo di fortuna: mi arrivarono dei soldi sui
quali avevo già messo una croce sopra, il pagamento per un lavoro svolto
due anni prima. Così divenni piccolo risparmiatore e investii metà
della somma in un fondo consigliatomi dalla banca, mentre con l’altra
metà mi decisi a sperimentare le prime tecnologie del trading online,
pur non avendo mai comprato un azione in vita mia. Naturalmente fui
prudente e mi feci un giardinetto con un po’ di It, un po’ di bio
tecnologie medicali, un po’ di assicurativi, un po’ di energia:
insomma un insieme sul quale c’era la minima probabilità di perdere. Fui
fortunato visto che era periodo di bolla precrisi e dopo sei mesi avevo
guadagnato in netto il 6 per cento. Ma nello stesso periodo il fondo
della banca aveva accumulato un guadagno lordo attorno allo 0,7 per
cento, vale a dire 10 volte di meno.
Mi chiesi come fosse possibile che i professionisti della banca
potessero trarre un così misero risultato rispetto a quello realizzato
da un assoluto principiante che dopo la seconda ora aveva rinunciato a
leggersi le pappardelle noiose e anche un po’ cretine delle società di
rating, per abbandonarsi all’istinto. E la risposta mi arrivò sussurrata
e confidenziale dopo qualche tempo: la banca (una delle maggiori in
Italia) vendeva ai clienti tre tipi di fondi, ma operava esclusivamente
attraverso un quarto fondo: alla fine della giornata se le cose erano
andate bene distribuiva le briciole sui prodotti finanziari dei clienti,
se erano andata male, scaricava su quelli tutte le perdite.
Ho voluto raccontare questo aneddoto personale per dire che non
mi sono affatto stupito del raggiro operato dalle quattro banche fallite
e malamente salvate. Ciò che mi ha indignato è il capolavoro di
nequizia raramente raggiungibile: da una parte si sono colpiti i piccoli
risparmiatori che illusi dall’esca golosa dei profitti, sono stati
indotti a comprare obbligazioni subordinate e azioni di banche in mano a
veri e propri ladri che rimarrano inpuniti galantuomini. Ma questo, si
sa, lo vuole l’Europa, la quale vuole anche che a partire dal primo
gennaio 2016, che siano pure i correntisti a pagare il prezzo
dell’illusionismo e dell’immoralismo finanziario. Del quale peraltro
anche la stesa Ue fa parte integrante e diligente: quando pigola che
l’investitore deve essere al corrente del livello di rischio non fa che
mentire innanzitutto perché il rischio finanziario per sua stessa natura
non può essere precisamente stabilito e poi perché esistono mille
metodi per nasconderlo, manometterlo o gestirlo a favore del sistema
finanziario stesso. Se poi si estende tutto ciò al semplice correntista,
del tutto ignaro per definizione di ciò che fa la banca siamo al colmo
dell’ipocrisia e della follia. Il resto lo vogliono i padroni del vapore
italiani, Renzi in testa con le sue famiglie di riferimento
direttamente implicate. Ed è un resto che scorpora i debiti e le
malefatte in una bad bank, concede alle banche nazionali la gestione
(di fatto l’acquisto) delle parti ancora sane degli istituti di credito,
ma con la garanzia da parte dello stato su ciò che Unicredit, Intesa e
Ubi stanno sborsando per il salvataggio, prima che gli 8,5 miliardi di
debiti possano essere spalmati su tutto il sistema creditizio.
Risultato: gli sportelli delle quattro banchette finiranno nelle mani
dei grandi istituti a costo e rischio zero. E alla fine saremo noi a
pagare, ignari correntisti della truffa globale. In ultimo il
salvataggio è avvenuto in extremis, prima del Capodanno 2016, nel quale
scattano le regole Ue del bail in che compensano obbligazionisti e
correntisti costretti a salvare l’istituto con azioni del medesimo, il
che rischierebbe di sottrarre potere all’opaca regione tra finanza e
politica come le vicende della Carife, ampiamente gestita da
Franceschini, potrebbero insegnare.
Insomma il governo opera con le stesse logiche e la medesima
sfacciataggine con le quali hanno operato le banche salvate: cosa che
pensando a certi ministri è del tutto coerente. Ma tutte queste non sono
che furbate dentro una menzogna globale che cerca di nascondere il
fallimento del neo liberismo: dove mettiamo i 350 miliardi di sofferenze
e crediti deteriorati in mano alle banche italiane che nessuno è in
grado di pagare o le centinaia di migliaia di miliardi in derivati che
sono in pancia agli istituti più grandi sulle due parti dell’atlantico?
Si scrivono e modificano regole vivendo nell’irrealtà del capitalismo
finanziario dove il debito diventa indispensabile al consumo, cioè al
mantenimento dell’ordine costituito e si moltiplica poi per via diretta
in aumento azionario (gli autoacquisti da parte dei grandi gruppi è
diventata una regola grazie ai vari quantitative easing) o
indirettamente in derivato: una logica nella quale l’economia reale ha
un ruolo marginale. Si aggiungono fiocchi a un abito strappato perché
l’opinione pubblica non se ne accorga.
Certo ogni tanto si sentono scosse premonitrici che sono le quattro
banchette del centro Italia o il blocco dei prelievi da parte di due
hedge funds statunitensi, il Third Avenue Management e lo Stone Lion
Capital, per arginare la fuga di investitori che tentano di scappare
prima di perdere tutto. La crescita globale nulla e il crollo degli
utili nelle materie prime cominciano a fare vittime, ma si va avanti lo
stesso come fa la Federal Credit Union che concede prestiti fino a due
milioni di dollari senza garanzia o deposito o assicurazione sul mutuo
per l’acquisto di immobili nella zona della California più supervalutata
e dunque a corto di clienti: tanto alla fine ci penserà la Fed, ovvero i
cittadini. I quali non sono più rappresentati da nessuno e men che meno
da chi dice di rappresentarli.
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