domenica 13 dicembre 2015

La stabilità del "tempo indeterminato" nell'epoca del jobs act

La stabilità del "tempo indeterminato" nell'epoca del jobs act
Quando scrivevamo, noi come tanti, che con l'abolizione dell'art. 18 e il Jobs Act si tornava all'800, alla precarietà universale, dai vertici di governo e Confindustria si rispondeva "ma quando mai, restano tutte le tutele!"
Propaganda padronale, certamente. Ma come dimostrarlo empiricamente? Purtroppo non c'era che da attendere i fatti, crudeli e violenti come previsto. Fioccano tutti i giorni notizie di licenziamenti che colpiscono soprattutto delegati sindacali "non complici" (anche della Fiom e della Cgl, in qualche caso), ma anche semplici lavoratori senza particolari pregressi battaglieri. L'arbitrio padronale concesso dal Jobs Act è talmente vasto da comprendere di fatto tutto il ventaglio di motivazioni che a un datore di lavoro possono venire in mente.
Quella che qui vi proponiamo, ripresa addirittura dal giornale padronale per eccellenza - La Stampa, organo della Fiat o come si chiama adesso - è particolamente significativa. Si può essere licenziati per una "condivisione su Facebook" che all'azienda non arriva gradita... Da sottolineare anche il "favoloso stipendio" percepito dalla donna licenziata: 370 euro al mese.

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Licenziata dall’azienda per un post su Facebook
Daniela Ciampa, 38 anni, era addetta alla mensa scolastica di Nichelino in forza alla ditta Euroristorazione che l’ha licenziata per aver condiviso sul social network un messaggio che raccontava le lamentele dei genitori che avevano trovato insetti nei cibi dei loro figli.
di Giuseppe Legato, La Stampa
Daniela Ciampa, 38 anni, fino a ieri aveva un lavoro. Era addetta alla mensa scolastica di Nichelino in forza alla ditta Euroristorazione, la stessa che gestisce in città un maxi appalto per tre anni da 8 milioni di euro e che l’ha licenziata per aver condiviso su Facebook un post che raccontava le lamentele dei genitori che avevano trovato insetti nei cibi dei loro figli. 
Due settimane fa la signora Ciampa aveva ricevuto un provvedimento di sospensione. Per cinque giorni non avrebbe potuto presentarsi al lavoro, avrebbe dovuto produrre le sue controdeduzioni alle contestazioni dell’ufficio del personale. Si è affidata a un legale: «Abbiamo risposto che non ho commentato da dipendente, ma da madre. Mio figlio va a scuola a Nichelino e io pago il servizio. Nel post avevo scritto che neanche a me sarebbe piaciuto mangiare un piatto di polenta con uno scarafaggio. Non ho citato l’Euroristorazione e francamente, visto che il mio profilo ha tutte le restrizioni sulla privacy non capisco nemmeno come abbiano fatto a leggere un mio post».
Il caso – c’è da scommetterci – farà clamore. Perché lo stesso direttore della ditta, interpellato da La Stampa due settimane fa, aveva frenato sull’ipotesi licenziamento: «Per adesso – aveva detto – è una sospensione retribuita». È andata invece in un altro modo. Daniela Ciampa ha due figli, un matrimonio in crisi. Il figlio grande ha un problema oncologico. 
All’orizzonte c’è un ricorso al Tribunale del Lavoro: «Con quell’impiego guadagnavo 370 euro al mese netti, una cifra non incredibile, ma importante per mantenere un pezzo della mia vita e della mia famiglia».

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