Marco Doria, Giuliano Pisapia, Massimo Zedda, ovvero gli “anomali” sindaci di Genova, Milano e Cagliari scrivono un’accorata lettera a La Repubblica perché “le notizie che arrivano dalla Francia suonano come un ulteriore campanello d’allarme che deve farci riflettere e che impone, a chiunque possa, di fare qualcosa per impedire che la destra, il populismo e la paura vincano”.
E come dargli torto? Il risultato elettorale della Francia mette paura a chiunque abbia un poco di buonsenso.
Ma per i tre sindaci la causa del rischio Francia viene dalla “divisione delle forze di centrosinistra”, ovvero tra Pd e Sel e i cosiddetti “civici”. E qui Doria, Pisapia e Zedda sbagliano clamorosamente.
Prima di tutto, sempre per rimanere nel politicismo, perché le forze di centrosinistra non si sono divise. Semplicemente un partito, il più grande, il Pd, non ha più nulla a che vedere con il centrosinistra. E infatti sta vivendo queste esperienze di governo delle città come un’anomalia da risolvere. L’idea di candidare l’uomo di Letizia Moratti, amico di Cl a sindaco di un “centrosinistra” è semplicemente una cazzata. Perché Sala con il centrosinistra (anzi, la sinistra-centro come Pisapia ha spesso chiamato il governo di Milano), con i valori e la cultura che lo ha ispirato non c’entrano assolutamente nulla. Anzi, sono esattamente il loro opposto: Milano non è da bere. Milano è da rendere vivibile e fruibile a chi oggi non può permettersi di viverla.
Ma il torto grave dei tre sindaci è la estrema superficialità della loro analisi: l’Italia è oggettivamente a rischio Francia, ma lo è perché da decenni quella che ci ostiniamo a chiamare sinistra sta facendo le stesse politiche della destra, avendo come religione il liberismo e come unico obiettivo la gestione di scelte politiche fatte altrove, in Europa o dalle multinazionali. Da decenni anche la cosiddetta sinistra campa alla giornata, avendo come obiettivo quello di mantenere il potere dove ce l’ha.
Siamo il Paese occidentale con più analfabetismo funzionale, siamo il paese occidentale con il più alto indice di ignoranza.
Non possiamo stupirci se siamo a rischio Francia. Siamo in queste condizioni perché da decenni le politiche che dovrebbero favorire cultura e istruzione sono state relegate alle ultime pagine delle agende politiche. Dei governi, delle Regioni, e anche dei Comuni.
Siamo in queste condizioni perché le politiche del lavoro e sul lavoro favoriscono i ricchi e i potenti, i capitani di industria e finanza. Quelli che una volta si chiamavano volgarmente padroni. Perché da decenni non esiste una seria politica di redistribuzione della ricchezza. O meglio esiste: si ruba ai poveri per dare ai ricchi. E infatti non è un caso se in Occidente, e in Italia, i ricchi sono sempre più ricchi mentre la classe media sta assottigliandosi e i poveri sono sempre più miserabili. Non c’entra la crisi [‘Lucciole per lanterne – Crisi economica o ingiustizia sociale?‘], perché l’indice di ricchezza complessiva, in questo Paese e in Occidente, cresce. È proprio una questione politica. È la politica di sinistra, socialdemocratica, che ha come primo compito quello di redistribuire la ricchezza e di tutelare chi, nel rapporto di forza tra ricchi e poveri, è sfavorito. Nel dare strumenti di crescita, di tutela, nel dare servizi sanitari, culturali, per il trasporto, per il sociale, per la cultura.
E invece chiunque abbia governato questo Paese, per quanto si sia fatto chiamare di sinistra o di centrosinistra, ha favorito: la scuola privata, la sanità privata, il trasporto privato (e in quello pubblico ha favorito l’alta velocità rispetto ai trasporti locali, quelli che servono ai lavoratori per risparmiare e che dunque sono un modo per redistribuire ricchezza), ha privatizzato la cultura affidandone la gestione ai privati.
Insomma, non solo non ha contrastato l’isolamento sociale, la spinta all’individualismo più sfrenato, la cultura del tutti contro tutti, del forte che mangia il debole sia dal punto di vista culturale (la tv di Stato è spesso persino peggio delle tv private) che da quello, solo per citare un esempio tra tanti, delle politiche migratorie.
Ma ha proprio fatto politiche “di destra”. Favorendo lo smembramento dei sindacati, dei lavoratori, riducendo i diritti, restringendo le possibilità di crescita individuale.
Queste cose non le sostengono pericolosi estremisti, ma illustri linguisti, fior fiore di economisti, e perfino il Papa.
Ma ha proprio fatto politiche “di destra”. Favorendo lo smembramento dei sindacati, dei lavoratori, riducendo i diritti, restringendo le possibilità di crescita individuale.
Queste cose non le sostengono pericolosi estremisti, ma illustri linguisti, fior fiore di economisti, e perfino il Papa.
Ma non c’è nulla da fare, i “politici”, anche i sindaci con il loro legittimo provare a difendere il loro lavoro o a rimanere in carica continuano a guardare al domani e non al lungo periodo. Al loro interesse e non a quello “generale del Paese”.
Salvo poi uscirsene con analisi superficiali, fuori dalla realtà, politiciste e più da tifosi di sport che da dirigenti politici.
Salvo poi uscirsene con analisi superficiali, fuori dalla realtà, politiciste e più da tifosi di sport che da dirigenti politici.
E ci stupiamo se siamo a rischio Francia?
Facciamo, pensiamo, inventiamoci delle politiche nuove, e davvero di sinistra, se vogliamo che le persone siano meno “di pancia” o “egoiste” quando poi vanno a votare. Altrimenti siamo tutti francesi. Questa volta nel senso peggiore del termine.
Di seguito l’indice di ignoranza Ipsos.
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