Università. Nella legge di stabilità c'è il taglio alle tasse sulle barche di lusso, non il sussidio di disoccupazione Dis-Coll ai ricercatori precari dell’università. Stanziate risorse per i 500 euro ai 18enni. Mai riconoscere i diritti a chi lavora: questa è la legge. La protesta a Montecitorio domani. Il coordinamento No Triv: «Ecco come il governo sta sabotando i referendum contro le trivelle»
Sono due le misure che, ad oggi, descrivono la legge di stabilità
che il governo Renzi si appresta a far votare al parlamento. Niente
disoccupazione ai precari della ricerca, ma intanto si elimina la
supertassa sugli yacht (sopra i 14 metri) introdotta dal governo Monti.
Nel patchwork impazzito delle micro-misure contenute nella manovra che
sarà discussa da oggi alla Camera tutto è improvvisato, ma nulla
è casuale.
Se il favore ai costruttori di barche di lusso è chiaro, più
complessa è la valutazione della bocciatura della possibilità di
estendere la «Dis-Coll» agli assegnisti di ricerca senza nemmeno
esaminare l’ipotesi di ricomprendere dottorandi e borsisti e limitandosi
a prorogare l’istituto per il 2016. In primo luogo questa decisione
contrasta con il presunto spirito di «civilizzazione» esibito dal
presidente del Consiglio Renzi nella lotta contro il terrorismo.
Soldi ai consumi, non a chi lavora
All’indomani degli attentati sanguinosi di Parigi, il premier
annunciò la famosa legge «un euro sulla sicurezza, un euro sulla
cultura». In questa partita rientrava la «mancetta elettorale» ai 18enni
nel 2016: 500 euro per andare al cinema, a teatro, ai musei. Soldi ai
«consumi», più che a coloro che quella cultura producono. È la legge che
Renzi ha seguito con gli 80 euro ai dipendenti fino a 26 mila euro di
reddito (ora esteso alle forze dell’ordine) o con i 500 euro ai docenti
della scuola, sempre per i «consumi».
Mai sostenere chi lavora, (o chi ha perso il lavoro), meglio
dirottare le risorse su chi compra e dunque finanzia le imprese o le
amministrazioni che usano eserciti di precari per tenere aperti musei
e tutto il circuito connesso nell’editoria di settore, ad esempio.
Questo impianto si è arricchito di un lieve incremento al Fondo
integrativo per la concessione di borse di studio che sale nel 2016 da
50 a 54,7 milioni (e altri 4,7 milioni nel 2017).
«Risorse assolutamente insufficienti per garantire la copertura
totale delle borse di studio e risolvere la drammatica situazione
causata dai nuovi meccanismi di calcolo dell’Isee: servono almeno altri
150 milioni per garantire la borsa di studio a tutti gli aventi diritto»
sostiene Alberto Campailla (Link).
Operazioni che non cancellano la realtà dei fatti: per chi studia,
elabora saperi e, addirittura, ne crea qualcuno non esiste alcuna forma
di tutela. Il caso dei precari della ricerca è paradigmatico: dottorandi
e assegnisti, che versano i contributi alla gestione separata Inps come
tutti i parasubordinati e autonomi, non avranno il sussidio di
disoccupazione. Non sono lavoratori, sono studenti a vita. Ne è nato un
caso: la «Dis-Coll» infatti è stata rifinanziata, ma non per tutti i
«cococò». Venerdì ci sarà anche una protesta a Montecitorio organizzata
da Flc-Cgil, i dottorandi dell’Adi, gli studenti di Link, i ricercatori
precari del Coordinamento dei Non strutturati e i ricercatori della
Rete29Aprile. In questi giorni ci sono presidi da Bari a Milano, da
Padova a Roma e Torino.
La protesta viene da lontano: una petizione online ha raccolto 9 mila
firme, sono state inviate 2.750 mail alla Commissione Bilancio della
Camera. Non è mai arrivata una risposta. Il governo Renzi, e il Pd, la
pensano come i baroni dell’università: i precari che versano i loro
contributi all’Inps sono controfigure che svolgono funzione da
soprammobile, mentre in realtà tengono in vita i corsi di laurea. Mai
riconoscere diritti nel basso impero renziano.
No Triv: Renzi sabota il referendum
Altro dettaglio che parla del tutto. Il coordinamento nazionale No
Triv sostiene che il governo «vuole sabotare il referendum»
anti-trivelle. «Un autentico inganno» lo definisce il movimento. Gli
emendamenti presentati dal governo alla legge di stabilità ricalcano
solo apparentemente i quesiti referendari presentati dalle regioni. Le
modifiche proposte dall’esecutivo dissimulano «in modo subdolo» il
rilancio delle attività petrolifere in terraferma e in mare, e persino
entro le 12 miglia marine, eludendo così gli obiettivi del referendum.
I passaggi incriminati sarebbero quelli che si riferiscono
all’abolizione del «piano delle aree» e nella previsione per cui si
fanno salvi tutti i procedimenti collegati a titoli abilitativi già
rilasciati» all’entrata in vigore della manovra nel 2016. «Un mix
esplosivo — così viene definito — L’obiettivo è mantenere in vita tutti
i procedimenti in corso entro le 12 miglia marine». «Questi emendamenti
sono un sabotaggio e uno schiaffo alla democrazia del nostro paese».
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