Sinceramente
non mi è piaciuto il modo in cui il documento-appello che indice
un’assemblea a febbraio, è stato proposto: in forma anonima, senza
trasparenza sul modo e sui luoghi in cui è stato concepito (dopo il
“tavolo” romano un tavolino?), senza assunzioni di responsabilità (che
in questi casi è essenziale per certificare la credibilità).
Non
mi convince neppure la motivazione data da Claudio Riccio sul
Manifesto, e cioè che l’assenza dei nomi dei proponenti significhi che
l’appello “non ha proprietari”. L’impressione, mi si perdoni la
franchezza, più che di una “res nullius” è- al contrario - quella di una
Società anonima, con un azionista di riferimento neppur tanto nascosto.
Forse è un eccesso di diffidenza. O frutto di pregiudizio… Ma anche il
solo sospetto di una “proprietà occulta” da parte di una sola
componente, è un elemento tossico, che si dovrebbe evitare con ogni
attenzione, tanto più quando si tratta di un processo che invece, per
scaldare i cuori, avrebbe avuto bisogno di un’immediata prova di
disponibilità e di generosità da parte di tutti, con logica includente
anziché escludente, con percorsi trasparenti e partecipati, ristabilendo
circuiti di fiducia che si sono essiccati.
Un’occasione
perduta, per un cambio generazionale, di genere e di leadership, di cui
si sente un disperato bisogno (guardate le facce dei protagonisti
spagnoli della rinascita di una sinistra nuova e avrete la misura della
distanza).
Dovremo
discuterne a fondo nell’Altra Europa, su come impedire che il progetto a
cui abbiamo così fortemente creduto venga risucchiato nei vicoli di
Bisanzio (ci sono già varie proposte interessanti d'iniziative nostre).
Per quanto mi riguarda, anche se non considero l’assemblea di febbraio
un “patrimonio comune”, io personalmente sarei anche pronto ad andarci,
perché sono convinto che non bisogna lasciare scoperto nessun terreno,
con spirito costruttivo (se non sarà un gioco di corrente coperto o
addirittura scoperto) e competitivo (soprattutto competitivo, se la
competitibilità dei contenuti è davvero sincera), per portarci l’unico
documento POLITICO finora davvero condiviso da tutti: cioè le due pagine
di “Noi ci siamo”, il reale e positivo contributo unitario prodotto dal
“tavolo”, quello che dovremmo considerare il suo unico “successo” (se
non vogliamo sempre e comunque buttar via tutto). Vorrei che fossimo in
tanti, con questo atteggiamento, per chiedere a TUTTI se vi si
riconoscono ancora e se lo considerano la possibile base di un autentico processo costituente a tutt’oggi di là da venire e per il quale, credo debba essere chiaro, non ci sono surrogati né giochi di prestigio che tengano.
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