Per capire i risultati delle elezioni spagnole del 20 dicembre è necessario conoscere, almeno sommariamente, il sistema elettorale. Altrimenti si può incorrere in gravi fraintendimenti ed errori interpretativi.
Il territorio dello stato spagnolo è diviso in 52 circoscrizioni elettorali provinciali.
Non
esiste un collegio unico nazionale (come esisteva in Italia ai tempi del
proporzionale) per attribuire ai partiti anche i seggi corrispondenti
ai voti che non hanno concorso ad eleggere direttamente nelle
circoscrizioni.
Essendo
le circoscrizioni disomogenee dal punto di vista della popolazione e
del rapporto seggi elettori sono sempre stati avvantaggiati i due grandi
partiti (PP e PSOE) e i partiti nazionalisti catalani, baschi e
galiziani. E svantaggiati i partiti presenti su tutto il territorio ma
non abbastanza grandi per eleggere direttamente nella stragrande
maggioranza delle circoscrizioni.
In
altre parole, che gli esempi concreti parlano da soli, nelle elezioni
del 20 dicembre i seggi dei partiti presenti su tutto il territorio
hanno un rapporto con il numero di elettori molto diverso. Un seggio del
PP rappresenta 58mila voti. Del PSOE 61mila. Di PODEMOS 75mila. Di
CIUDADANOS 87mila. Di IZQUIERDA UNIDA 460mila (!!!).
Quanto
alla differenza fra i partiti presenti solo in poche circoscrizioni
rispetto a quelli presenti in tutte basti l’esempio che segue.
Il
PARTITO NAZIONALISTA BASCO con 300mila voti elegge 6 deputati e
IZQUIERDA UNIDA con 900mila voti ne elegge due. Il PNV con un terzo dei
voti di IU elegge il triplo di deputati. Un deputato di IU rappresenta
460mila elettori e uno del PNV 50mila.
Questo sistema, come è evidente, ha sempre prodotto un effetto preciso: il bipartitismo e con esso il voto “utile”.
Nella
stragrande maggioranza delle circoscrizioni gli elettori di IZQUIERDA
UNIDA sapevano, legislatura dopo legislatura, che il loro voto sarebbe
andato disperso, e quindi molti di loro hanno optato per votare per il
PSOE contro il PP.
Questo
effetto è stato moltiplicato in queste elezioni dalla presenza di
PODEMOS accreditato nei sondaggi della possibilità di competere per
vincere le elezioni.
Fino a qui la descrizione oggettiva del sistema elettorale e delle storture che produce nella rappresentanza.
Ora passiamo alle questioni politiche.
Prima
dell’analisi del voto vero e proprio è necessario esaminare,
sommariamente anche in questo caso e con particolare attenzione per la
sinistra, le questioni politiche in ballo in questa tornata elettorale.
I temi
centrali della campagna elettorale sono stati tre: le questioni
economico sociali, la crisi del bipartitismo insieme al tema della
corruzione e del “nuovo contro il vecchio”, la questione indipendentista
catalana ed insieme le riforme costituzionali, federali o meno.
Il PP
ha affrontato la campagna vantando la crescita economica del 3 % e la
creazione di un milione di posti di lavoro negli ultimi due anni,
attribuendoli all’efficacia della propria riforma del mercato del
lavoro. Ha tentato di apparire come scevro da corruzione per aver
espulso gli innumerevoli suoi dirigenti (anche di primissimo piano)
accusati e condannati. Si è eretto come difensore strenuo della
costituzione negando ogni possibilità di procedere a riforme in senso
federale e tantomeno di riconoscere il diritto all’autodeterminazione
dei catalani.
Il PSOE
ha contestato i dati economici vantati dal PP e si è perfino lievemente
autocriticato per aver promosso con l’ultimo governo Zapatero,
ottenendo il voto del PP, la riforma costituzionale che ha introdotto il
pareggio di bilancio in costituzione. Ha correttamente ricordato che i
posti di lavoro sono tutti precari (il 50 % dei contratti sono di durata
inferiore alla settimana) dimenticando che la maggior precarizzazione
del mercato del lavoro fu operata dal governo Zapatero. Ha proposto di
introdurre in costituzione i diritti sociali, ma senza rimuovere il
pareggio di bilancio. Ha attaccato il PP sulla corruzione, salvo
sentirsi elencare gli analoghi ed innumerevoli casi di corruzione del
PSOE. Ha proposto una riforma federale della costituzione, senza toccare
la monarchia, e negando il diritto all’autodeterminazione dei catalani.
CIUDADANOS
è un partito nuovo per la Spagna. Nato in Catalogna una decina di anni
fa come piattaforma civica contro l’insegnamento prevalente della lingua
catalana nelle scuole, e presente fino ad ora solo nel parlamento
catalano. Quando la crisi del sistema bipartitico è stata evidente e
PODEMOS era accreditato di poter vincere le elezioni, alcuni potentati
economici e i loro mezzi di informazione hanno esplicitamente e
dichiaratamente sponsorizzato un “necessario” PODEMOS di destra.
La sua
campagna elettorale è stata incentrata su proposte ancor più liberiste
di quelle del PP circa economia e lavoro, sulla retorica anticasta ed
anticorruzione come uniche e vere responsabili della crisi, sul “nuovo
contro il vecchio” e contro ogni aspirazione indipendentista e comunque
all’autodeterminazione del popolo catalano.
Passiamo ora alle complicate vicende della sinistra.
Dentro
la crisi e fino alle elezioni europee del 2014 IZQUIERDA UNIDA era, nei
sondaggi, accreditata di crescite spettacolari. Era accreditata di
raccogliere gran parte dei voti del movimento degli “indignados” essendo
il suo programma coincidente con le rivendicazioni del movimento.
Ristrutturazione del debito e non pagamento degli interessi sullo
stesso. Disobbedienza ai trattati neoliberisti europei. Rottura con
l’assetto costituzionale post franchista e processo costituente di una
repubblica federale. Cancellazione della “riforma” costituzionale del
pareggio di bilancio. Cancellazione delle riforme del mercato del lavoro
dei governi di PP e PSOE. Contrarietà alla NATO e alle missioni
militari spagnole in Afghanistan e seguenti. Riforma del sistema
elettorale in senso strettamente proporzionale. Pieno riconoscimento
della natura plurinazionale dello stato e diritto all’autodeterminazione
per ognuna delle nazionalità. Sono questi punti programmatici
sostanzialmente gli stessi con i quali IZQUIERDA UNIDA si è presentata
alle elezioni del 20 dicembre.
Ma alle elezioni europee dell’anno scorso si presentò PODEMOS.
Un
gruppo di professori (prevalentemente politologi e diversi esponenti di
una formazione politica (IZQUIERDA ANTICAPITALISTA) fuoriuscita da IU
proposero una lista elettorale richiamandosi esplicitamente al movimento
degli indignados.
Il nome
“podemos” (in italiano possiamo) deriva dallo slogan del movimento “si
se puede” a sua volta copiato dallo slogan “yes we can” di Obama, ed
usato soprattutto durante gli impedimenti degli sfratti dal forte
movimento contro gli sfratti (PAH).
Questa nuova lista aveva lo stesso programma di IZQUIERDA UNIDA. Quasi identico.
Ma ebbe
molto successo massmediatico (IZQUIERDA ANTICAPITALISTA aveva tentato
già in proprio una presentazione elettorale ottenendo nel 2011 nelle
circoscrizioni dove si era riuscita a presentare sempre meno del 0,5 %
dei voti) solo ed esclusivamente per il capolista Pablo Iglesias.
Fondatore di una TV digitale collegata ad un quotidiano e da tre anni
presente in tutti i dibattiti televisivi come opinionista. Personaggio
dalla forte retorica anticasta ed antisistema. Non privo di stravaganze,
come una difesa apologetica del diritto democratico (sic) dei cittadini
statunitensi a comprare e portare armi.
La lista di PODEMOS ottenne un ottimo 8% dei voti, contro il 10% di IZQUIERDA UNIDA e 5 deputati europei contro i 6 di IU.
Da quel momento Iglesias moltiplicò ancor di più le sue presenze televisive.
In
pochi mesi fu fondato il partito. La struttura del quale è
ultraverticistica. Segretario generale con enormi poteri. Segreteria
omogenea scelta dal leader. Decisioni importanti prese sottoponendo a
referendum fra gli iscritti (in internet senza pagamento di nessuna
quota) le proposte del leader ed eventuali altre alternative. Nei
diversi referendum fatti non hanno mai votato più del 20 % degli
“iscritti” con successo plebiscitario delle proposte di Iglesias.
Il
partito venne fondato in una kermesse (sei settemila partecipanti) con
una forte retorica anticasta, con la ostentazione della volontà di
conquistare la “centralità” della scena politica e di non confinarsi
nella logica destra-sinistra.
PODEMOS
sui territori verrà costituito in seguito con una attenta selezione dei
gruppi dirigenti operata dalla squadra centrale di Iglesias.
IZQUIERDA
UNIDA, sempre più ignorata dai mass media, reagisce a tutto ciò
proponendo unità. Dichiarandosi disposta a rinunciare alla propria
stessa presenza elettorale in favore di una lista unitaria costruita dal
basso, capace di agglutinare tutto ciò che fosse antiliberista e
concorde con i programmi di IU e di PODEMOS, ancora sostanzialmente
uguali. E indica come responsabile della costruzione dell’unità e come
proprio eventuale candidato (da sottoporre a primarie) a capeggiare tale
lista Alberto Garzon, il 29enne deputato eletto da IU alle politiche
del 2011 come espressione diretta del movimento degli indignados, di cui
era esponente di primo piano.
Ma ormai i sondaggi cominciano a dire che PODEMOS è il primo partito, e che Iglesias sarà il nuovo capo del governo.
Intanto
sorgono, sull’esempio di Barcellona dove la PAH locale lo propone prima
della fondazione di PODEMOS, in diverse città della Spagna esperienze
unitarie che raccolgono movimenti sociali e partiti della sinistra
radicale. Esperienze alle quali PODEMOS si accoderà buon ultimo, non
foss’altro che perché costituitosi dopo che erano già ampiamente
avviate.
Queste
liste vincono le elezioni in molte città. IZQUIERDA UNIDA partecipa a
quasi tutte. E dove le sue organizzazioni locali non lo fanno, come a
Madrid, vengono sconfessate dalla direzione nazionale già in campagna
elettorale, e poi espulse da IU.
Ma i
mass media, nonostante i risultati delle contemporanee elezioni
regionali deludenti rispetto alle aspettative (PODEMOS è sempre terzo o
quarto o quinto partito e sempre dietro al PSOE), attribuiscono il
successo delle liste unitarie cittadine unicamente a PODEMOS.
Da quel
momento però, PODEMOS, comincia a calare nei sondaggi. Forse a causa di
polemiche interne che ovviamente trovano ampio eco sui mass media.
Forse a causa del sostegno che PODEMOS da, ancorchè dall’esterno, a
diversi governi locali del PSOE. Forse a causa delle accuse di
estremismo che gli vengono rivolte da più parti per la natura
antisistemica del suo programma. Ma certamente a causa del primo
successo di CIUDADANOS alle regionali. E dalla competizione di
CIUDADANOS su un terreno che fino a quel momento era stato esclusivo di
PODEMOS: la retorica anticasta e anticorruzione.
IZQUIERDA
UNIDA insiste nella costruzione di una lista unitaria sul modello di
Barcelona en Comù in tutta la Spagna. A sostegno di questa proposta si
schiera un appello per una lista di unità popolare firmata da centinaia
di intellettuali, artisti, dirigenti sindacali ed anche da molti
esponenti locali di PODEMOS.
Ma PODEMOS inizia un processo di scivolamento verso posizioni moderate.
Alle
richieste unitarie di IU risponde che non vuole somme di sigle.
Nonostante IU non le proponga affatto è Iglesias in TV a rappresentare
così la proposta unitaria di IU.
Poi
vengono le elezioni catalane. La lista unitaria CATALUNYA SI QUE ES POT
ha un pessimo risultato. Principalmente dovuto all’inconsistenza della
proposta politica federalista in elezioni polarizzate sul tema
dell’indipendenza, al grande successo della lista indipendentista di
estrema sinistra CUP, ma anche al settarismo di Iglesias che si rifiuta
di comparire in pubblico con Garzon, nonostante PODEMOS e IU nazionali
sostengano la stessa lista, e a gravi errori dello stesso Iglesias che
non trova di meglio da fare che insultare la CUP e appellarsi al voto
degli immigrati spagnoli in Catalogna contro i catalani.
Tutte cose che provocano le dimissioni della segretaria di PODEMOS in Catalogna.
Nei mesi successivi PODEMOS continua a calare nei sondaggi.
La
proposta di IU sembra prendere quota. In Catalunya, Pais Valencià e
Galicia, si discute di liste unitarie con le forze locali, compresi
PODEMOS e IZQUIERDA UNIDA. Liste che saranno collegate ad una sola
lista in tutto lo stato in caso di accordo fra IU e PODEMOS. O che
saranno indipendenti da entrambi nel caso in tutto il resto della Spagna
ci siano le due liste di PODEMOS e IU. E che quindi in parlamento
formeranno gruppi autonomi. La legge lo permette visto che non esiste un
collegio unico nazionale.
Nella
discussione fra la segreteria di PODEMOS e IU, mantenuta rigorosamente
riservata, IU accetta che non si faccia un accordo generale e pubblico e
che la lista unitaria sorga come accordo in ognuna delle province.
Ma
neppure questo basta perché inusitatamente PODEMOS, con un improvviso
comunicato stampa dichiara chiuso ogni dialogo con IU. Ed accusa Alberto
Garzon di aver rifiutato di far parte delle liste di PODEMOS. Come se
per IU fosse possibile accettare di avere un solo candidato indipendente
nelle liste di PODEMOS senza nemmeno poter discutere del programma.
Da quel momento la deriva moderata di PODEMOS pare inarrestabile.
La
discussione programmatica di PODEMOS approda a non parlare più delle
cause strutturali della crisi a cominciare dal debito. Niente più
ristrutturazione del debito e tanto meno non pagamento degli interessi.
Niente più disobbedienza ai trattati europei e alla troika. Niente più
No alla NATO e per giunta Iglesias annuncia la candidatura dell’ex capo
di stato maggiore del governo Zapatero (campione della guerra in
Afghanistan), niente più rottura con la monarchia e la costituzione
postfranchista bensì “nuova transizione”. Ormai il profilo programmatico
di PODEMOS è sempre più vicino a quello del PSOE che a quello di IU. Ed
infatti il leit motiv della campagna di PODEMOS è stato l’appello agli
elettori socialisti delusi dalla corruzione, il nuovo contro il vecchio
(con grandi riconoscimenti a CIUDADANOS in questo senso), e i temi della
casta.
Perfino
sul tema catalano la prima versione presentata all’opinione pubblica
non parla di “referendum di autodeterminazione” come concordato dalla
lista catalana in cui PODEMOS è presente insieme a Esquerra Unida i
Alternativa e alle forze locali. PODEMOS è costretto ad aggiungere il
referendum e a scusarsi per la “dimenticanza”.
A tutto ciò va aggiunto il profilo sempre più da marketing elettorale di Iglesias.
I
sondaggi dicono che il nuovo re è popolare presso gli strati meno
acculturati della società? Ecco che Iglesias partecipa ad incontri e
ricevimenti (sempre disertati dalle forze della sinistra) omaggiandolo
di regali (raccolte di serie televisive) in modo da comparire sui
rotocalchi rosa come simpatico amico del re. O dice che gli piacerebbe
vedere il re candidarsi a presidente della repubblica e che è sicuro che
vincerebbe (presidenzialismo monarchico?). Il rivale Albert Rivera
(CIUDADANOS) spopola nelle trasmissioni di intrattenimento? E allora si
va a cantare e a suonare la chitarra nelle stesse trasmissioni. E a
raccontare episodi gustosi della propria vita privata. Per la prima
volta in Spagna i candidati principali dei partiti partecipano a questo
tipo di trasmissioni, chi ballando, chi cantando, chi giocando a ping
pong con un cantante, chi esibendosi in paracadute, chi portando i figli
piccoli alle trasmissioni, e così via… (Italia docet!). L’unico a non
farlo è Alberto Garzon. Che ovviamente per questo risulta molto meno
visibile e conosciuto degli altri.
Insomma, a sinistra alla fine il quadro politico alla vigilia delle elezioni era questo.
Non si
può dire, ovviamente, come sarebbero andate le cose in caso di lista
unica. Ma certamente non ci sarebbe stata la deriva moderata di PODEMOS.
Perché
si possono conquistare voti d’opinione sulla base dell’immagine
rassicurante e sorridente, omettendo di dire cose troppo “radicali” e
puntando ad incrementare la credenza che la crisi si risolva tagliando
gli stipendi alla casta e mettendo in galera i corrotti. Utilizzando le
categorie del nuovo e del giovane contro il vecchio. Ma è difficile
sostenere che si possa fondare su questo una alternativa di governo.
Mi spiace, ma è più o meno il contrario dello spirito del movimento degli indignados.
Ed è,
senza ombra di dubbio, vergognoso che la stampa italiana, compresa
quella sedicente di sinistra, presenti PODEMOS come se fosse la SYRIZA
spagnola, o ignori (consapevolmente o meno) la complessità del risultato
elettorale, come vedremo tra pochissimo.
A questo link si può trovare la tabella dei risultati ufficiali:
Come si può osservare PODEMOS ha ottenuto 3 milioni 181mila voti. Pari al 12,67 % dei voti e a 42 seggi.
Per il
semplice motivo che le liste EN COMU’ PODEM (Catalogna), EN MAREA
(Galizia) e COMPROMIS-PODEMOS-ES EL MOMENT (Comunidad Valenciana) sono
liste unitarie comprendenti forze locali (ben superiori a PODEMOS
locale) e IU (Catalogna e Galizia). E che queste liste avranno diritto a
gruppi parlamentari propri, avendo superato gli sbarramenti dei 5
deputati e il 15 % dei voti nella propria regione. Queste tre liste sono
andate molto bene, tutte e tre sul 25 % dei voti nei propri territori, e
sono tutte o primo (Catalogna) o secondo partito, comunque davanti al
PSOE.
Ancora
una volta IU è stata penalizzata dai mass media che hanno attribuito sic
et simpliciter a PODEMOS tutti i voti e i seggi di queste tre liste.
Compresi i voti e gli eletti di IU in Catalogna e Galizia. Quelli di
Barcelona en comù e Iniciativa per Catalunya in Catalogna e quelli di IU
e dei nazionalisti galiziani di sinistra in Galizia.
In
questo modo IU appare come quasi sparita nonostante i 920mila voti a cui
si dovrebbero sommare almeno una parte, difficile se non impossibile da
quantificare ma non certo irrilevante, del milione e 400mila voti
ottenuti dalle liste unitarie in Catalogna e Galizia.
Del
resto uno studio fatto dal quotidiano digitale “El Diario” dice che
sommando i voti di PODEMOS, delle tre liste unitarie regionali, e di IU
una lista unica avrebbe superato il PSOE di più di 500mila voti ed
ottenuto 14 deputati in più.
È pur
vero che è arbitrario fare questa somma. Però se le liste unitarie nei
territori dove si sono fatte sono andate molto bene, e comunque molto
meglio delle liste di PODEMOS nel resto della Spagna, bisognerebbe
tenerne conto. Soprattutto per il futuro.
Forse
non è detto che la sinistra reale o radicale che dir si voglia debba,
per conquistare voti nella speranza di governare, diventare sempre più
moderata fino a confondersi con i socialisti liberisti. E diventare
sempre più spregiudicata conducendo campagne elettorali americane. E
puntare sulla demagogia e sulla retorica anticasta non in aggiunta bensì
in sostituzione della critica alle vere cause della crisi. E costruire
partiti dalla incerta ideologia (il neopopulismo di Laclau) e con un
leader proprietario che decide tutto con il consenso plaudente di
miriadi di individui soli davanti al computer.
Forse.
La
sconfitta dei due partiti maggiori è tale che sembra impossibile che si
possa formare un governo. CIUDADANOS ha già detto che favorirà la
stabilità permettendo con i suoi voti di astensione l’investitura del
presidente del governo del PP, ma che rimarrà all’opposizione (in Spagna
è possibile eleggere il presidente del governo con una maggioranza
semplice in seconda votazione e poi governare in minoranza). Però anche
con l’astensione di CIUDADANOS il PP non avrebbe la maggioranza
semplice. Quindi il PP tenterà di ottenere altri voti di astensione. Ma
ogni strada sembra preclusa. A parte pochissimi deputati di formazioni
locali di centro o di destra delle Canarie e di altre Comunità Autonome,
sembra impossibile che il PSOE possa disporsi a permetterlo. E lo
stesso dicasi per i partiti nazionalisti catalani e baschi, con cui
ormai il PP è ai ferri corti sulla questione dell’autodeterminazione.
I
socialisti hanno già annunciato il voto contrario all’investitura di
Mariano Rajoi, e sono alla ricerca di eventuali alleati per tentare di
formare governo nel caso Rajoi non venga investito. Ma PODEMOS ha posto
la condizione impossibile da accettare per il PSOE per cui il governo
dovrebbe impegnarsi a permettere referendum di autodeterminazione nelle
Comunità dove esistono nazioni (Catalogna, Paese Basco, Galizia). È
vincolato a questa posizione dalle liste unitarie catalane e galiziane
nelle quali è presente al pari di IU. CIUDADANOS potrebbe astenersi
anche sulla investitura di Pedro Sanchez del PSOE, ma ha avvertito che
non lo farà insieme a PODEMOS.
Insomma, la situazione sembra bloccata.
Vedremo
come evolverà nelle prossime settimane e forse mesi. Lo scioglimento
del parlamento per impossibilità di formare un governo ed elezioni
anticipate non sono una prospettiva improbabile.
Le
forze indipendentiste catalane hanno dichiarato di voler procedere con
il processo unilaterale di costruzione di una Repubblica Catalana e si
appellano alla lista EN COMU’ PODEM affinché constati che nel parlamento
di Madrid non esiste nessuna maggioranza che possa permettere un
referendum vincolante in Catalogna, e si aggiunga quindi nel processo di
“disconessione” progressiva della Catalogna dallo stato spagnolo. Dopo
tre mesi di trattative il 27 dicembre l’assemblea delle CUP (Candidature
d’Unità Popolare, formazione indipendentista di estrema sinistra che
non si presenta per scelta alle elezioni spagnole e i cui voti sono
probabilmente andati in buona parte a EN COMU’ PODEM) dovrà decidere se i
suoi dieci deputati catalani permetteranno la formazione di un governo
di stretta osservanza indipendentista e con un programma fortemente
segnato da misure progressiste di stampo sociale, ma guidato da un
esponente della destra liberale catalana, Artur Mas.
Infine,
IZQUIERDA UNIDA insiste sulla necessità di “ripensare” tutta la
sinistra sul modello delle liste unitarie che hanno dimostrato che
l’unità di tutte le forze di sinistra, politiche e sociali, su programmi
radicali è in grado di sfondare e di proporsi seriamente per
un’alternativa alle politiche liberiste.
C’è da
sperare che PODEMOS capisca che l’alternativa, soprattutto in tempi di
buia crisi sociale, è possibile con l’unità su un programma coerente e
non a colpi di marketing elettorale e moderazione programmatica.
Per il momento, purtroppo, si tratta solo di una speranza.
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