Non
solo l'indice di gradimento di Matteo Renzi ma il destino del suo
governo sono appesi, al netto delle vittorie di Pirro sul piano
politico-tattico, alla cosiddetta "crescita". Se non l'avrà presto, nel
corso del 2015, le sorti del governo sono segnate, ed il renzismo andrà a
farsi friggere.
Chiariamo subito un punto per poi riprendere il discorso.
Come
insegnano la storia del capitalismo (vedi anche il "miracolo economico"
italiano negli anni '50 del secolo scorso) si può avere "crescita" del
Pil e parallela CRESCITA della miseria sociale di massa. Un'azienda può
ad esempio aumentare il suo fatturato spremendo come limoni le
maestranze, riducendo sia addetti che i salari. Ciò che crescerebbe
sarebbero solo i profitti di chi detiene il capitale — profitti che poi,
invece di essere investiti per allargare la base produttiva, potrebbero
essere giocati nelle bische della finanza speculativa.
Non
è quindi escluso, come insegnano i casi recenti di Spagna e Irlanda,
che una strategia mercantilistica e liberista basata sul mix di
austerità interna e aumento delle esportazioni produca un aumento del
Pil.
E'
esattamente questa la strategia tedesca che, di concerto, i burosauri
europei ed i Quisling Monti e Letta hanno deciso di imporre al nostro
Paese.
Il governo Renzi, nella sostanza, non ha cambiato strada (vedi Jobs Act)
visto che gli 80 euro messi in una tasca sono stati tolti dall'altra, a
conferma che l'obbiettivo non è il rilancio di investimenti e consumi
del mercato interno (tantomeno della keynesiana "domanda aggregata) ma
sfondare sui mercati esteri, con una competitività fondata su bassi
salari, l'aumento dello sfruttamento dei salariati e il sacrificio dei
diritti —e qui si spiega lo scontro con la CGIL e la fronda interna al
Pd.
Secondo le previsioni Centro Studi della Confindustria [vedi
immagine a destra] avremo addirittura un balzo del 2,1% nel 2015 e
addirittura del 2,5% nel 2016. L'Italia decollerebbe e Renzi avrebbe
vinto la partita.
Abbiamo il sospetto che queste previsioni, come quelle che ci han dato dal 2009 in poi, siano completamente sballate.
Lo diciamo noi? No, lo sostiene la Commissione europea in uno studio pubblicato proprio oggi. Ed il risultato va nella direzione opposta a quella della Confindustria.
Citiamo:
«La Commissione europea ha confermato la stima sul Pil dell'Italia per quest'anno al -0,5%.
Quanto al mercato del lavoro il tasso di disoccupazione lo scorso anno si e' attestato al 12,8%, in rialzo rispetto alle stime del 12,6% elaborate a novembre. Per il 2015 la Commissione Ue ha invece alzato le previsioni dal 12,6% al 12,8%. Sul fronte dei prezzi per l'Italia la Commissione europea ha infatti ridotto la stima sull'indice dei prezzi al consumo per il 2015 dal +0,5% al -0,3%.
Sui conti pubblici italiani la Commissione prevede infatti che il deficit di bilancio quest'anno si attesti al 2,6% del Pil, in calo rispetto al 3% del 2014, mentre nel 2016 e' stimato al 2%». [Milano Finanza del 6 febbraio 2015]
In
soldoni: nel 2015 avremo ancora recessione e deflazione, quindi
l'aumento della disoccupazione, con l'inevitabile effetto di costringere
chi ne ha bisogno a lavorare senza diritti per salari di fame. Ed il
debito pubblico? Ma è ovvio che non scenderà.
Voi
a chi credereste? Agli azzeccagarbugli della Confindustria che
stampellano Renzi o alla Commissione europea? Noi alla seconda.
Riprendo
il filo del discorso e concludendolo: non sarà un anno rosa e fiori per
nessuno di noi, ma nemmeno, se questo può consolarci, per Renzi ed il
suo governo i quali, alle prese con la dura realtà, vacillerranno, fino
forse, come si augurava Eugenio Scalfari e segnalavamo nell'agosto scorso, a lasciar posto alla troika.
Il "bello" deve ancora venire.
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