Cos’è
la moneta e come viene creata? Queste dovrebbero essere due delle
domande più semplici a cui rispondere in economia; dopo tutto, la moneta
è l’unica cosa che tutti noi usiamo in un’economia; ma davvero sappiamo
di cosa si tratta, e da dove viene?
Purtroppo conosciamo la
moneta allo stesso modo in cui i leggendari ciechi di Hindustan sanno
cos’è un elefante: colui che ha afferrato il tronco sa che è “come un
albero”, mentre quello che ha afferrato la zanna sa che è “come una
lancia “, e così via. La moneta è un elemento così sfaccettato e
onnicomprensivo del nostro sistema – il proverbiale “elefante in
salotto” [qualcosa così ovvia da non poter non essere vista, ndt] – che
la nostra attitudine a fissarci su un suo singolo aspetto ci impedisce
di sviluppare una comprensione corretta di cosa è realmente.
Non
sapendo cosa sia, diamo vita a “miti della creazione” riguardo la sua
origine, scontrandoci poi su questi come bande di fanatici religiosi
rivali. A un estremo troviamo persone come Paul Rosenberg, le quali
sostengono che il nostro sistema monetario è basato sulla frode :
“Possiamo
voi ed io scrivere assegni “emessi a nostro nome”? Ovviamente no.
Dobbiamo sostenerli con un valore. La Fed non lo fa. E così, il potente
dollaro USA non è sostenuto né da oro né da argento né da niente altro; è
semplicemente un trucco contabile.” (da “That Couldn’t Possibly Be True”: The Startling Truth About the US Dollar).
All’altro
estremo ci sono economisti mainstream come Paul Krugman, i quali
sostengono che come si crea la moneta non è un grosso problema e che
quindi quando si fanno modelli economici la si può ignorare
“C’è
un che di gioco di prestigio nel modo in cui trattiamo la moneta
stessa. Prima riconosciamo che è un bene del tutto speciale che la gente
desidera solo in quanto ce ne è dell’altra che ne vuole, poi ignoriamo
questa sua peculiarità per tutto il resto dell’analisi.” (da There’s Something About Money).
Ma
sbagliano gli uni e gli altri e per lo stesso motivo. Non hanno
compreso cosa sia la moneta. C’è una sola persona che lo abbia mai fatto
e no, non si tratta di Ayn Rand. Si tratta di Augusto Graziani(*),
un professore italiano di economia scomparso all’inizio dell’anno
scorso. Egli ha capito cos’è la moneta poiché ha posto e correttamente
risposto a una semplice domanda: in che cosa differisce un’economia monetaria da una in cui le transazioni si realizzano attraverso il baratto?
Ciò
esclude che l’oro sia moneta, poiché l’oro è un bene che chiunque può
produrre da sé con un po’ di estrazione mineraria (e molta fortuna).
Nonostante sia tanto peculiare e incredibilmente raro, l’oro non è
dunque altro che una merce: un’economia che utilizza l’oro nei suoi
scambi è a tutti gli effetti un’economia di baratto e non un’economia
monetaria. Come ha sostenuto Graziani:
“una
vera economia monetaria è incompatibile con la presenza di una moneta
merce. Una moneta merce è per definizione un tipo di moneta che
qualunque produttore è in grado di produrre da sé. Ma un’economia che
utilizza come moneta una merce che deriva da un normale processo
produttivo, non può essere distinta da un’economia di baratto.
Un’economia monetaria dovrà allora necessariamente utilizzare una moneta
segno, che attualmente è di tipo cartaceo” [lo scritto risale al 1989,
prima che fosse sviluppato il moderno sistema di moneta elettronica].
Ciò
non esclude naturalmente un mondo nel quale l’oro sia usato come base
per gli scambi: significa semplicemente che non si tratta di un’economia
monetaria. Coloro che affermano che “faremmo meglio a tornare all’oro”
stanno in realtà dicendo che non vogliono un’economia monetaria e che
considerano che in un’economia di baratto ci sarebbe invece maggior
benessere.
Tuttavia non è sufficiente identificare la moneta
come segno, poiché vi sono alcuni strumenti cartacei – come le lettere
di credito – che sono utilizzate nelle transazioni ma lasciano
un’obbligazione di debito tra il compratore e il venditore. Un’economia
che utilizza cambiali non è un’economia monetaria – ha precisato
Graziani – ma un’economia basata sul credito.
“Se
in un’economia basata sul credito alla fine di un periodo alcuni
operatori debbono ancora del denaro ad altri, è necessario un pagamento
finale, il che significa che non è stato utilizzata moneta.”
Per
essere moneta, il “segno” dato in cambio di un bene deve essere
accettato come pagamento definitivo, ma ciò comporta il rischio che chi
ha prodotto il “segno” riceva qualcosa in cambio di nulla, e anche
questo dovrebbe essere escluso in un sistema economico ideale.
Ciò ha portato Graziani a stabilire tre condizioni basilari che la moneta deve soddisfare per essere tale:
1) La moneta deve avere valore di segno (altrimenti darebbe luogo a baratto e non a scambi monetari)
2)
La moneta deve essere accettata come mezzo di regolamento definitivo
delle transazioni (altrimenti sarebbe credito e non moneta);
3) La moneta non deve garantire privilegi di signoraggio a qualunque agente che effettui un pagamento.
Graziani ha individuato un solo modo per soddisfare queste tre condizioni:
“l’unico
modo per soddisfare quelle tre condizioni è quello di effettuare
pagamenti attraverso ‘promesse di pagamento’ fatte da un agente terzo ed
è la banca il tipico agente terzo dei nostri giorni”
Quindi
la moneta è fondamentalmente la promessa che una banca fa al suo
cliente, e un pagamento monetario è il trasferimento di quella promessa
da un cliente all’altro. Graziani ha descritto la tipica transazione
basata su assegni che ha dominato lo scambio monetario prima che si
sviluppassero i pagamenti elettronici:
“Quando
un agente effettua un pagamento per mezzo di un assegno, egli soddisfa
la sua controparte con la promessa della banca di pagare l’importo
dovuto. Una volta che il pagamento è effettuato, non rimangono rapporti
di debito e credito tra i due agenti. Ma uno di loro è ormai un
creditore della banca, mentre il secondo è un debitore della stessa
banca. Ciò assicura che, nonostante il fatto che i pagamenti finali sono
effettuati a mezzo di moneta cartacea, gli agenti non godono di alcun
tipo di privilegio.”
Questa accurata visione della moneta
ha portato Graziani a due rivelazioni su cui si è basato il mio modo di
modellare la moneta dal primo momento in cui sono venuto a contatto con i
suoi scritti. In primo luogo, anche se tutti noi tendiamo a pensare
allo scambio come qualcosa che coinvolge due persone che commerciano due
beni, in realtà tutte le operazioni coinvolgono tre parti -un
venditore, un acquirente, e una banca – e solo una merce, la cui
contropartita è il trasferimento di una promessa di pagamento della
banca dal compratore al venditore. Pertanto tutte le transazioni sono
triangolari: qualsiasi pagamento monetario deve quindi essere una
transazione di tipo triangolare, che coinvolga cioè almeno tre agenti,
il pagatore, il beneficiario, e la banca.
In secondo luogo, le
banche devono essere parte dell’analisi economica – lasciandole fuori si
omette il principale (anche se non unico) modo in cui si crea denaro in
un’economia moderna – e non possono essere semplicemente accorpate alle
altre imprese:
“Le
imprese sono presenti sul mercato come venditori o acquirenti di merci e
ricorrono alle banche per effettuare i loro pagamenti; le banche
d’altro canto producono mezzi di pagamento, e agiscono come stanze di
compensazione tra imprese. In un modello di economia monetaria, le
banche e le imprese non possono essere aggregate in un unico settore.”
Purtroppo, questo [errore] è precisamente ciò che fanno gli economisti tradizionali. Come Krugman ha affermato recentemente:
“in
un certo senso la moneta è una strana cosa, che può riguardare le
persone in quanto attività reale- denaro contante – ma è in ultima
analisi, come ha detto Paul Samuelson, un “congegno sociale”; il suo
valore è più o meno evocato dal nulla. La Macroeconomia Mainstream ne
riconosce la stranezza – in particolare, si basa molto sulla possibilità
delle banche centrali di decidere quanta moneta legale creare – ma per
il resto considera i soldi un po’ come dei beni ordinari. Questa visione
non è però naturale per molti, quindi c’è sempre spazio per gli
eccentrici della moneta.”
La suddetta “visione” è in realtà
un errore, ed è il motivo per cui gli economisti mainstream non vedono
l’importanza delle banche nella creazione della moneta. Non è solo la
Federal Reserve che può creare moneta, come ritengono molti dei quali
Krugman etichetta “eccentrici della moneta” – né la Fed può controllare
il credito bancario come credono i macroeconomisti tradizionali, tra cui Krugman.
Le
banche creano moneta mediante l’emissione di un prestito ad un
contraente; registrano il prestito come una attività, e il denaro che
depositano nel conto del contraente come una passività. Questo, in un
certo senso, non è diverso dal modo in cui la Federal Reserve crea
moneta, contro cui Rosenberg si scaglia definendolo una frode. In realtà
è semplicemente la natura di un’economia monetaria: la moneta è
semplicemente la promessa di un terzo di pagare, che noi accettiamo come
pagamento definitivo in cambio di beni. I due principali soggetti terzi
le cui promesse accettiamo sono lo Stato e le banche.
E’
semplicemente la natura della moneta: non è sostenuta da nulla di
“fisico” ed invece si basa sulla fiducia. Naturalmente ci possono essere
degli abusi di fiducia – e francamente questi provengono più spesso
dalle banche che dallo Stato. Ma grazie all’avversione degli “eccentrici
della moneta” come Rosenberg nei confronti dello Stato, e la
predominanza di “eccentrici del baratto” come Krugman – che ignora
completamente le banche e nonostante ciò finge di capire l’economia –
continuiamo ad ignorare il gioco principale: è ciò che le banche fanno
(nel bene e nel male) che guida l’economia.
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