Con molta probabilità gli sprechi in sanità saranno l’argomento chiave della prossima imminente manovra finanziaria. Ma eliminarli per davvero e non per finta, implicherebbe mettere in atto una profonda trasformazione morale che per diversi motivi tanto il governo che le Regioni non sono disposti a fare. Per cui andrà a finire che si taglierà la spesa a sprechi invariati. E la sanità piano piano scivolerà sempre di più verso la privatizzazione.
Ma di quali sprechi parliamo?
Il primo grande spreco sono le anti-economie cioè costi sostenuti per un sistema che nel suo complesso non dà in cambio benefici equivalenti. Esse per lo più sono legate a modelli vecchi di servizi (ospedali, medicina convenzionata ecc.) a professioni ingessate in vecchi stilemi operativi (soprattutto medici e infermieri) a modalità assistenziali superate. Anti-economia e arretratezza culturale sono la stessa cosa. Tutte le contraddizioni che esistono tra offerta di sanità e domanda di salute, che sono tante, sono tutte anti-economiche. Le più vistose riguardano i medici di medicina generale (un enclave corporativo rispetto al resto del sistema sanitario), la scarsa prevenzione per cui si hanno malattie che si potrebbero evitare ecc.
Il secondo grande spreco sono le dis-economie, cioè i clientelismi, le spartizioni, i servizi dati ad personam sulla base della tessera di partito e della rappresentanza sindacale, le strutture inutili, quelle sottoutilizzate, quelle in sovrannumero.
Il terzo grande spreco sono le ruberie: abusi, evasioni fiscali, speculazioni, corruzione… cioè tutte quelle cose che la Corte dei Conti ha definito “mala gestio” e che chiamano in causa per prima cosa le aziende.
Il quarto grande spreco è la medicina incoerente con gli effettivi bisogni dei malati: le prescrizioni eccessive, il ricorso ingiustificato alla diagnostica, i comportamenti opportunisti dei medici (medicina difensiva), atti clinici senza evidenza di efficacia, quindi una medicina inutile e superflua.
Il quinto grande spreco sono le transazioni disoneste: appalti, acquisti, project financing, malaffare rispetto alle forniture, mense, pulizie, amministratori disonesti.
Ma se le cose stanno così, che vuol dire “tagliare sugli sprechi” per usare il linguaggio di Gutgelt, responsabile della spending review renziana, e di Chiamparino, presidente della Conferenza delle Regioni? Vuol dire per caso finanziare le Regioni sulla base di budget finalizzati a progetti di riforma? Cioè allocare risorse sulla base di effettive garanzie di cambiamento? Vuol dire abbassare le malattie per fare più salute? Riformare i modelli di servizio ripensando le professioni dentro nuove organizzazioni del lavoro? Revocare incarichi abusivi? Chiudere servizi inutili? Cambiare la concezione delle aziende? Fare vera appropriatezza?
Purtroppo niente di tutto ciò che sia un cambiamento o poco più di niente ma solo in qualche spreco politicamente inoffensivo e ciò per due semplici ragioni:
– né il governo né le Regioni hanno un pensiero riformatore capace di fare cambiamento;
– gli sprechi in senso generale sono la base del consenso politico.
– né il governo né le Regioni hanno un pensiero riformatore capace di fare cambiamento;
– gli sprechi in senso generale sono la base del consenso politico.
Per intervenire veramente sugli sprechi non si deve tagliare ma riformare a partire dagli intrecci misteriosi tra politica e sanità. Ribadisco che il cambiamento possibile derivabile da interventi riformatori riguarderebbe almeno ¼ della spesa complessiva (quasi 30 mld). Non sto sostenendo che vi sono 30 mld di sprechi ma solo che almeno ¼ della spesa totale è suscettibile di essere riformata e per questo in grado di liberare un sacco di soldi ma senza ammazzare i diritti, senza punire i malati con le ingiustizie, le diseguaglianze, le privazioni, senza far morire nessuno e senza privatizzare un bel niente. Anzi facendo una sanità più moderna e efficace e più trasparente.
Cosa farà il governo? Le solite cose: ticket, tagli ai prezzi, sconti forzosi alle aziende produttrici, un po’ di farmaci a pagamento, tetti di spesa qua e là, limiterà le prestazioni rimborsabili, ridurrà il costo dei beni e i servizi, se ci riesce centralizzerà gli acquisti, continuerà a tagliare sui posti letto ospedalieri, terrà bloccate le piante organiche, metterà un po’ di prezzi di riferimento in modo che la famigerata siringa costi la stessa cifra in tutta Italia, tasserà i medici e i malati che non si attengono ai protocolli terapeutici, terrà ancora i contratti bloccati, ecc. Ma soprattutto farà illazioni cioè ricaverà delle conseguenze finanziarie da delle supposizioni di comodo: siccome esistono sprechi per un valore x allora tagliamo la spesa sanitaria per un valore equivalente ma senza garantire che gli sprechi saranno effettivamente superati e lasciando libere le Regioni di compensare il minor finanziamento tartassando i cittadini.
Il vero problema della prossima legge di Stabilità quindi non è abolire gli sprechi ma stabilire quanto spreco sia compatibile con gli interessi della politica con le manovre del governo e da ultimo con i forti limiti culturali di questa classe dirigente. E incredibile a dirsi, ma a fronte di 30 mld di spesa potenzialmente riformabile alla fine dei giochi il governo si accontenterà di pochi spiccioli, 4 mld al massimo o 5… ma solo perché in realtà esso non ha veramente idea di azzerare ciò che gli è funzionale. Una sanità senza sprechi per questa politica è inimmaginabile. Sono le politiche fasulle di questa politica il vero grande spreco. Questo è il dramma.
Se gli sprechi sono le armi della politica una sanità senza sprechi sarebbe disarmante. Come la pace.
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