Non capisco, so’ alfabeta». Vera Casamonica è vera e finta, c’è e ci fa, «scusi, mia zia non è andata a scuola molto…», la spalleggia il nipote Vittorino accanto a lei. «Lasci perdere, è come se avesse preso cinque lauree», lo liquida sornione Vespa. I giornalisti in studio sono veri e autorevoli, il direttore del Messaggero Virman Cusenza e Fiorenza Sarzanini del Corriere della sera. Provano a incalzare, a contraddire, Cusenza vorrebbe anche riportare la serata alla promessa del titolo, «Perché quel
funerale da padrino?», insomma «Bruno, stiamo parlando di un clamoroso naufragio di istituzioni…» di quella che «la Dia descrive come la famiglia malavitosa più radicata nel Lazio, o i telespettatori non ci seguono più».
Invece seguono eccome: lo show dei Casamonica batte lo show di Renzi, dice l’Auditel. Perché la serata «fa notizia» fin dal lancio della puntata, con la figlia e il nipote del «boss» accomodati sulle poltroncine bianche della «terza camera», proprio i parenti prossimi di Vittorio, celebrato in morte sulle note del Padrino. E Vespa è troppo abile e smagato per non sapere dove andrà a parare, furibonde polemiche del giorno dopo comprese.
La confezione è impeccabile, due giornalisti esperti a affiancare il conduttore dell’ammiraglia, un caso che ha fatto clamore anche sulla stampa internazionale. E due «protagonisti negativi» con l’avvocato, a rendere conto del perché di quella parata che ha «oltraggiato Roma», come ieri hanno ripetuto in tanti, ora sgomenti perché Porta a Porta avrebbe sommato oltraggio.
Oppure: Vespa ha fatto solo il suo mestiere di giornalista? Perché c’è chi parla di «assenza di contraddittorio», quando lo stesso conduttore fino all’ultimo confutava la favoletta del «papa buono» e di quei funerali che «noi li facciamo sempre così»? Perché inevitabilmente la scena se l’è presa Vera Casamonica, con i suoi grandi orecchini pendenti e i lunghi capelli da «zingara». Sul suo personaggio Vespa ha costruito la forza della trasmissione, intorno a lei e alle sue due spalle, il nipote cantautore e l’avvocato, ha montato uno spettacolo dai tempi perfetti, risate comprese.
Il «contraddittorio» — quello sempre reclamato nei talk fotocopia — ha ceduto il passo, perché un dibattito è plausibile se gli interlocutori usano lo stesso linguaggio.
E’ stata una serata consacrata all’informazione, all’inchiesta «vecchio stile»? No. È Porta a Porta, bellezza. La cronaca e la politica, da Cogne al dramma dei profughi, da Meredith all’Imu, calati nell’intrattenimento tv a costo di esaltare gli aspetti più raccapriccianti in un caso, propagandistici nell’altro. Vere e finte, come Vera. E certo non con sguardo innocente.
Non è servizio pubblico? Lo è da anni, e non è innocente nemmeno chi adesso grida allo scandalo. Dopo i funerali «spegnere i riflettori sarebbe stato meglio», dice l’assessore alla legalità Sabella. Accenderli prima sarebbe stato meglio ancora.
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