L’Acea versò 200mila
Euro al Comitato per il No al Referendum di giugno sull’acqua pubblica.
Soldi pubblici per difendere interessi privati.
La notizia, degna dell’attenzione di almeno dei 27
milioni di italiani che il 12 e 13 giugno hanno deciso che l’acqua deve
rimanere pubblica, oggi è relegata alla settima delle pagine dedicate
alla cronaca romana del quotidiano La Repubblica: nei giorni della
campagna referendaria, “nel fortino di piazzale Ostiense, il presidente
di Acea Giancarlo Cremonesi e l’ad Marco Staderini manovravano
all’insaputa del cda per garantire, con i soldi della multiutility, un
contributo di 200mila euro a favore del Comitato per il No, foraggiando e
di fatto tifando – continua Repubblica – per l’avanzata dei privati nel
capitale sociale della più importante azienda pubblica di Roma”. Bè,
semipubblica, occorre puntualizzare, visto che il Comune rimane
proprietario appena del 51% dell’ex municipalizzata. Fatto sta che lo
scorso 26 aprile l’avvocato Walter Marazziti, leader del "Comitato
nazionale per il No ai referendum sui servizi pubblici locali e tariffa
dell'acqua", chiese in una lettera a Cremonesi l'aiuto di Acea "per
cercare di recuperare il consenso di un'opinione popolare facilmente
influenzabile e che si sta quotidianamente stabilizzando sulle posizioni
dei referendari. Gli effetti devastanti che ne potrebbero discendere –
continuava Marazziti - sono molto più concreti e pesanti, e gli
imprenditori, non solo nel settore idrico, ne sono ben consapevoli". Al
terrore degli imprenditori risposero concretamente i due manager, pronti
ad aggirare il cda di Acea pur di erogare al Comitato per il No la
considerevole somma: Pierguido Cavallina, capo della Comunicazione –
racconta ancora Repubblica - inoltrò all'ad Staderini la richiesta,
"così come concordato con il presidente", di "un extrabudget di 200mila
euro da assegnare al capitolo di spesa di Relazioni Esterne mediante
l'apertura di un ordine interno dedicato". L'ad diede l'ok, e così il 9
maggio una “determinazione presidenziale” firmata da Cremonesi autorizzò
il versamento sul conto corrente del Comitato per il No della cifra
pattuita: "al fine di scongiurare l'affermazione referendaria dei
favorevoli all'abrogazione delle norme sull'acqua – c’era scritto - è
necessario contrastare l'attività dei Movimenti sostenuti da una buona
parte dei partiti politici, dei sindacati e della Chiesa". Si parla
dunque di fondi pubblici, a carico dei cittadini romani, anche di quelli
che hanno votato contro la privatizzazione del servizio idrico, quelli
che il 26 novembre torneranno in piazza per la manifestazione nazionale
contro lo scippo del referendum, quelli che fanno paura ai
privatizzatori. Del resto, come dimostra anche la vicenda greca, i
referendum terrorizzano chi sostiene le politiche antipopolari: un dato
che occorre tenere a mente, un’arma che è bene continuare a impugnare.
* Radio Città Aperta
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