A Napoli la protesta dei lavoratori dei consorzi per la raccolta dei rifiuti sale di giri e segnala, ancora una volta, l’opacità e gli equivoci che hanno trasformato l’intero sistema della rimozione della spazzatura in un vulcano, sempre a rischio eruzione. Prima la protesta davanti alla sede dell’amministrazione provinciale, poi l’assedio al termovalorizzatore di Acerra con i camion bloccati all’ingresso e una tregua molto fragile fino a quando non saranno sciolti i nodi di fondo che tutti fingono di ignorare.
Il primo punto è la mancanza di risorse finanziarie con il risultato che i circa 2mila dipendenti dei consorzi non ricevono lo stipendio da cinque mesi: i consorzi non pagano perché, a loro volta, non riescono ad incassare i soldi dai comuni.
Un circolo vizioso, nato e cresciuto da alcuni anni, con un’architettura faraonica di strutture, società e rubinetti di spesa che certo non è stata realizzata per dare efficienza al sistema e metterlo in sicurezza.
Il secondo nodo è la reale utilità di questi lavoratori, dei quali quasi la metà non ha letteralmente alcuna mansione da svolgere. Basta pensare che il consorzio di Napoli, dove pure risultano iscritti a libro paga 884 persone, è stato abbandonato dalle varie amministrazioni comunali e resta a disposizione, con questo organico, per una popolazione di appena 26mila abitanti.
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