L’estate è giunta al termine. Nella nostra memoria resteranno i post
su Facebook e Twitter «ragazzi fa caldissimo», effettivamente condizione
atmosferica inaspettata sotto Ferragosto; foto di piedi sulla sdraio
con sfondo battigia-mare, orde di insospettabili feticisti ovunque; e
infine analisi pensose con sottintesa una parola d’ordine pressoché
unanime: «Bisogna dialogare con l’Udc» (con aggiunta del sobrio e
responsabile – così, sulla fiducia – «Casini è più affidabile di Di
Pietro»: se non dici una frase del genere sei un nemico della
democrazia). Dialogo con l’Udc, dialogo con
l’Udc, e te lo ripetono in tutte le salse, declinato in mille versi, con
gli endecasillabi, a voce alta a voce bassa, in versione rap o con
l’arpa di re Davide, perché è giusto perché è un obbligo perché tocca
farlo perché te lo chiedono i mercati, i tedeschi, i banchieri canadesi,
il sultano del Brunei.
Va bene. Una notte non prendevo sonno causa assalto di zanzare (in
estate ci sono le zanzare, rilevava qualcuno sempre su Facebook e
Twitter): avevo un dubbio, un ragionevole dubbio. Ma tu, tu io, e poi tu
che leggi, hai mai conosciuto un militante dell’Udc?
Personalmente ho passato in rassegna gli ultimi dieci anni della mia
vita: ricordo di aver parlato, o discusso, o strinto la mano, o visto a
cena, o intravisto dai finestrini dell’autobus un po’ di tutto. Fan
sfegatati di Berlusconi, finiani incalliti, giovani alcolizzati sotto
casa che spaccavano bottiglie e poi urlavano «Duce!», sostenitori
dell’Api di Rutelli (giuro), ex benzinai dell’Api, diessini dalemiani,
diessini veltroniani, post-diessini che leggono libri di Veltroni sulla
spiaggia, marxisti-leninisti di Firenze che ti tartassano al telefono,
socialisti del nuovo Psi di De Michelis con le sedie in mano pronti al
prossimo congresso, radicali petulanti, verdi, una montagna di ex
comunisti, demoproletari, azionisti con pacchetti azionari ma anche
senza, leghisti, grillini incazzati e grillini pragmatici, mastelliani
con la tessera della Cgil, ex umanisti, anarchici talmente anarchici che
votavano Rifondazione perché l’anarchia e basta stava stretta alla loro
anima anarchica. Ma mai, mai neanche uno, uno nella vita che dicesse:
«Sono un militante dell’Udc». A pensarci bene, neanche un elettore. Uno
che fosse uno. O uno che su Facebook, per dire, a orientamento politico
scrivesse: Udc (e lì di solito se ne vedono di tutti i colori. Un mio
conoscente mise: «Il Regno di Gesù nostro Signore!!», punti esclamativi
inclusi. Amicizia rapidamente tolta).
Allora, siccome anche io a questo punto vorrei togliermi lo sfizio di
dialogare con l’Udc, ma davvero e non attraverso i giornali, un Udc di
base che non sia Casini, o Cesa, o Buttiglione, o Cosimo Mele, ditemi
dove si trovano. Hanno delle sezioni, delle riserve naturali, dei luoghi
di incontro tipo una spa, una balera, che ne so un casinò, un casino,
insomma dove pascolano? Come sono fatti? Cosa pensano? Com’è fatta una
loro tessera? Chi stampa le loro bandiere? Sono vegani? Guidano la
macchina o c’hanno l’autista? No perché il dubbio è che tutta questa
storia del dialogo con l’Udc non sia altro che una mera spartizione di
potere fra ceti politici che nulla ha a che vedere con ciò che avviene
nella società reale. Quella fatta di gente normale, insomma. Che non
tratta assessorati, che non distribuisce posti di lavoro in cambio di
voti, che se gli dici «politica dei due forni» ti risponde «no
tranquillo grazie, il pane lo compro all’Auchan».
Ecco, un sogno nel cassetto. Conoscere un militante dell’Udc. E poi
dialogarci, finalmente. Prima o poi, nella vita, toccherà farlo.
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