"L'incursione e i bombardamenti su Gaza non puntano a distruggere Hamas.
Non hanno il fine di fermare il fuoco di razzi su Israele, non puntano a
instaurare la pace.
La decisione israeliana di far piovere morte e distruzione su Gaza, di usare armamenti letali degni di un moderno campo di battaglia su una popolazione civile largamente indifesa, è la fase finale di una pluridecennale campagna per fare pulizia etnica dei palestinesi.
Israele usa sofisticati jet da attacco e navi da guerra per bombardare campi profughi densamente popolati, scuole, abitazioni, moschee e slum; per attaccare una popolazione che non ha aviazione né contraerea, armamenti pesanti, unità di artiglieria, blindati (...). E la chiama guerra. Ma non è guerra, è un assassinio.
Quando gli israeliani nei territori occupati dicono che si devono difendere, si difendono nel senso che ogni esercito occupante deve difendersi dalla popolazione che sta schiacciando. Non puoi difenderti, quando stai occupando militarmente la terra di qualcun altro.
Questa non è difesa. Chiamatela come volete, ma non è difesa."
La decisione israeliana di far piovere morte e distruzione su Gaza, di usare armamenti letali degni di un moderno campo di battaglia su una popolazione civile largamente indifesa, è la fase finale di una pluridecennale campagna per fare pulizia etnica dei palestinesi.
Israele usa sofisticati jet da attacco e navi da guerra per bombardare campi profughi densamente popolati, scuole, abitazioni, moschee e slum; per attaccare una popolazione che non ha aviazione né contraerea, armamenti pesanti, unità di artiglieria, blindati (...). E la chiama guerra. Ma non è guerra, è un assassinio.
Quando gli israeliani nei territori occupati dicono che si devono difendere, si difendono nel senso che ogni esercito occupante deve difendersi dalla popolazione che sta schiacciando. Non puoi difenderti, quando stai occupando militarmente la terra di qualcun altro.
Questa non è difesa. Chiamatela come volete, ma non è difesa."
Noam Chomsky
TERRORISTI di Bruno Steri, www.lavorincorsoasinistra.it
Si
fa fatica a scrivere dell’ennesimo eccidio perpetrato da Israele ai
danni del popolo palestinese, di cui gli abitanti del carcere a cielo
aperto di Gaza sono parte. Mancano le parole (peraltro ripetutamente
dette e scritte) per articolare una riflessione, un appello, una
proposta. Parlano le immagini (in particolare, quelle dei bambini
straziati) e il numero dei morti: siamo già a un centinaio, di cui una
buona parte civili.
In realtà, che vi sia qualcuno che stia direttamente sul posto e
scriva di ciò che sta succedendo è essenziale. Lo sta facendo Michele
Giorgio, unico giornalista italiano presente fisicamente a Gaza; come lo
aveva fatto Vittorio Arrigoni, al tempo di “Piombo fuso”, l’altra
criminale incursione dell’esercito israeliano a Gaza (in quella
circostanza, i morti furono 1.300). Camminando tra le macerie di quel
che rimane di un edificio governativo nel rione Nasser, il
corrispondente de il manifesto annota: “In questo martoriato lembo di
terra l’unica cosa che un palestinese può fare quando gli israeliani
bombardano è pregare”. Non c’è altro da fare per trovare riparo sotto la
pioggia di bombe, in assenza di rifugi e senza neanche l’avvertimento
degli allarme antiaereo. Sanno bene cosa vuol dire permanere per ore e
per giorni in una tale esposizione al rischio della vita i coraggiosi
cooperanti italiani che sono là accanto ai loro amici palestinesi,
quelli con cui hanno condiviso giorno dopo giorno l’impegno civile e
sociale. Ho letto nelle cronache i nomi di tre di loro e verrebbe voglia
di gridarli al mondo. Salvo Maraventano, Valentina Venditti, Rosa
Schiano: nomi di persone che non conosco, ma certo questi sono oggi
italiani di cui esser fieri. Con l’appello che pubblichiamo qui di
seguito, i cooperanti italiani a Gaza hanno sbugiardato l’ineffabile
(tecnico) ministro degli Esteri Giulio Terzi, il quale non ha perso
tempo ad indicare negli esponenti di Hamas i responsabili dell’attuale
drammatica situazione e a giustificare ogni crimine purchè fatto in nome
di una malintesa “sicurezza di Israele”. Così come non aveva perso
tempo la scorsa estate a sollecitare un’Unione Europea a suo dire troppo
esitante e ad auspicare che siano rotti gli indugi e si proceda
all’ennesimo “intervento umanitario” (armato), stavolta contro la Siria.
Del resto, al rappresentante del governo italiano si è autorevolmente
aggiunta la voce della massima carica della Repubblica, il presidente
Napolitano, il quale si è affrettato a esprimere la sua solidarietà a
Bibi Netanyahu. Di questi italiani – di questi, sì – c’è davvero da
vergognarsi. A questi autorevoli signori bisognerebbe ricordare che non è
“politicamente corretto” portare la propria solidarietà a dei
terroristi. Già, terroristi: perché chi decide di far cadere da un
cacciabombardiere o da un drone, ultimo prodotto di un’avanzatissima
tecnologia, una bomba sulla testa di civili inermi non è meno terrorista
di un uomo che si fa esplodere in mezzo alla gente. A proposito di
“crimini contro l’umanità” (di cui troppo spesso e con visuale strabica
si straparla)
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