domenica 25 novembre 2012

Lo spettro della patrimoniale nella Germania di Merkel di Tonino Bucci




Ogni quattro anni in Germania viene pubblicato un rapporto ufficiale del governo federale sulla povertà. Puntuale, ogni volta, scatta il dibattito politico. Quasi cinquecento pagine che fotografano la distribuzione della ricchezza privata e le variazioni di altri indicatori sociali, come la disoccupazione e l'accesso a istruzione e cultura. Del rapporto 2012 è iniziata a circolare una prima bozza a settembre. L'immagine della Germania che se ne ricava è quella di un paese che negli ultimi anni si è arricchito. E non di poco.
Eppure, a vedere la distribuzione della ricchezza - per il 53 per cento in mano a un'élite ristretta del dieci per cento della popolazione - il benessere non si traduce automaticamente in coesione sociale - come per lo più è stato nella storia del paese. La società tedesca comincia a essere attraversata da squilibri - anche se da queste parti la crisi non è ancora arrivata e se quei contrasti non si riflettono ancora nella politica nazionale. Non c'è solo la divisione tra i grandi detentori della ricchezza privata e il resto della popolazione, ma anche quella tra gli occupati nei settori industriali legati all'export (il 2013, però, sarà difficile anche per loro) e il popolo dei “minijob", dei lavoratori in prestito, seguiti a loro volta dai disoccupati di lungo periodo che vivono delle sovvenzioni statali (erogate secondo le norme del cosiddetto Hart IV).
E dire che, complessivamente parlando, i patrimoni privati sono aumentati dal 2007 a oggi di 1,4 bilioni di euro. Negli ultimi vent'anni la ricchezza privata si è più che raddoppiata, da 4600 a circa diecimila miliardi. In Italia, per avere un paragone, la ricchezza privata ammonta a 8600 miliardi - stando ai report che pubblica ogni anno la stessa Banca d'Italia. Ma a trarne profitto sono i ricchi. Sempre più ricchi.
In Germania, la metà della popolazione che sta sotto, possiede appena l'uno per cento dell'intera ricchezza, mentre dieci anni fa disponeva del quattro per cento. In questa fascia i redditi sono erosi dall'inflazione. L'altra metà della popolazione, quella che sta sopra, ha nelle proprie mani il restante novantanove per cento dei patrimoni. Nel dettaglio, il dieci per cento più ricco della popolazione detiene oltre la metà della ricchezza privata complessiva, il 53 per cento, tra investimenti, capitali, proprietà immobiliari e profitti industriali. Negli ultimi anni i più ricchi hanno visto aumentare i propri patrimoni di ben otto punti percentuali (dal 45 al 53 per cento).
Persino il governo della cancelliera Merkel ammette l'esistenza del problema. Tanto che in un passaggio della prima bozza del Rapporto lo stesso governo si impegnava a verificare «se e come la ricchezza privata, oltre alla tassazione progressiva del reddito, possa essere utilizzata per finanziare la spesa pubblica in maniera decisiva». Ai commentatori questa frase era sembrata un'apertura alla patrimoniale. O, comunque, a un intervento straordinario nei confronti dei grandi detentori della ricchezza privata che, numeri alla mano, hanno accumulato ingenti patrimoni negli ultimi anni. E' bastato però il sospetto a far scattare in piedi i partiti della coalizione di governo, Angela Merkel in testa. «Esattamente il contrario di ciò che abbiamo deciso nel patto di governo», parola dell'esperto di economia e capogruppo della Cdu, Michael Fuchs. Patrimoniale? «Pura retorica di sinistra», la definisce un altro esponente del partito della Merkel, Steffen Kampeter.
Stiano tranquilli i ricchi. Nella nuova stesura del Rapporto - notizia di questi giorni - il testo è stato modificato e al posto della frase incriminata, inserito un testo molto più rassicurante. «Il governo federale s'impegna a valutare in che modo si possa promuovere un impegno personale e finanziario volontario dei possessori di patrimoni per il bene comune». Il ministero del lavoro e del sociale (il Bundesarbeitsministerium) - si precisa - prenderà in esame «solo ed esclusivamente il tema della responsabilità sociale e dell'impegno filantropico volontario». Il bivio è tra austerità e patrimoniale, tra la politica dei tagli alla spesa pubblica e ai redditi da lavoro, da un lato, e la tassazione dei grandi patrimoni, dall'altro. E' questa la scelta fondamentale. Quella della patrimoniale sarà una delle rivendicazioni con cui la Linke affronterà il 2013, l'anni delle elezioni politiche per il Bundestag. «La distribuzione disuguale della ricchezza - non solo in Germania, ma anche in Germania - ha contribuito in maniera decisiva alla crisi finanziaria ed economica. I grandi patrimoni che si sono accumulati nelle mani di pochi, sono affluiti nei mercati finanziari con lo scopo di ottenere rendite più alte possibili». «La Linke - così Bernd Riexinger, presidente del partito assieme a Katja Kipping - sostiene un'imposta sui grandi patrimoni e una tassazione sui redditi più alti in tutta Europa per finanziare i costi della crisi finanziaria e la riduzione dei debiti pubblici».

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