A Bersani è sembrata una festa. A noi una veglia funebre. E potremmo
chiuderla qui. Punti di vista diversi. Diverse aspettative: lui temeva
una discussione vera, noi ce la auguravamo. Non ci sarebbe altro da
dire, in effetti. In fondo dicevano già tutto – con la forza propria dei
simboli – i nomi evocati nel nuovo pantheon del centrosinistra
post-berlusconiano: un tale concentrato di
buonismo faziano, di mimetismo elettorale, di paraculaggine, non
l’avevamo visto neanche quando i politici andavano a “C’è posta per te”
(ci vanno ancora? boh). Alcuni, rispondendo, avevano la stessa
espressione ispirata e soddisfatta del concorrente che indovina la
risposta giusta mentre Gerry Scotti gli dice “sicuro? la accendiamo?”
(c’è ancora Gerry Scotti? boh).
Non avremmo aggiunto niente a quello che i candidati alle primarie
avevano non-detto da soli, se ieri in tv, su internet, in giro per
l’Europa, non avessimo visto quelle immagini: le manifestazioni, le
proteste, gli scontri, tutta quella gente convinta che la politica
dell’austerità sia un equivoco, se non proprio una truffa. La giostra
mediatica funziona così. Un giorno in tv ci sono i nostri educati e
ingessati aspiranti Obama e Kennedy e Clinton. Il giorno dopo ci sono
scontri e devastazioni (più fotogeniche dei discorsi che ci stanno
dietro, non c’è confronto tra una vetrina distrutta, un ragazzo
incappucciato o una riflessione di Landini) a ricordarci che non viviamo
nel migliore dei mondi possibili, nonostante il piano di salvataggio
della Grecia, il saggio Mario Draghi, l’intelligente Mario Monti,
l’inimitabile Giorgio Napolitano e la felice prospettiva di essere
governati dal Responsabile e Rassicurante Pierluigi Bersani.
Mettete insieme quelle immagini: i candidati e gli incazzati.
Guardatele una accanto all’altra. Non è solo banale indignazione o
ironia in stile ashtag #csxfactor. Non è superficiale adesione alla
piazza perché ci piace il casino e la protesta a prescindere. Prendete
la rabbia che cova, lo sbandamento, il dramma sociale, la mancanza di
risposte e di prospettive (e tutte quelle altre cose che di solito
vengono liquidate con qualche numero o percentuale, per valutare costi e
benefici di questo o quel provvedimento) e confrontatela con la
professionale sollecitudine con cui i candidati hanno evitato di parlare
della politica dell’austerità o dell’agenda Monti (roba noiosa, è
vero). Per non parlare della mancanza di qualsiasi riflessione sul
Ventennio berlusconiano e sulle cose che il centrosinistra avrebbe
dovuto o potuto fare, quando era opposizione e quando è stato
maggioranza: non ci si aspettava una resa dei conti in diretta, ma
neanche quella fastidiosa sensazione di assenza di gravità, come fossero
tutti sospesi da qualche parte su Marte, dove non arrivano i quotidiani
italiani. Magari è solo colpa del contesto. Avevamo già Mister Spread
che ci dice quando, cosa e come tagliare, per essere all’altezza delle
aspettative del Mercato. Ora c’è anche Mister Format che ci spiega cosa
dire e come dirlo, perché ci vuole una misura anglosassone anche nella
pantomima della libera concorrenza politica paritaria.
Lo so cosa diranno i sostenitori di Vendola: che lui ha provato, ha
detto, ha evocato, e comunque c’è il programma che parla… Sì, parla di
un candidato che punta a superare il 15% alle primarie per contare un
pochino di più nel prossimo centrosinistra in cui ci sarà anche Casini o
chissà cos’altro. Vendola, convinto oppositore di Monti eppure
co-firmatario di una carta di intenti che non lo rinnega affatto, sta
facendo un buon servizio alla “causa”?
Per non parlare del coro di giubilo indirizzato alla saggezza del
buon Bersani, la sua concretezza matura, la sua consapevolezza di avere a
che fare con le cose della vita e della politica, che sono per loro
natura ambigue, difficili, delicate, mica roba per massimalisti come
noi. Ormai la politica è una questione di estetica. Ci faceva schifo il
padre-padrone buffone, volgare, edonista, populista? Qualsiasi cosa oggi
ci appaia discreto, responsabile, serio, ci sembra una manna dal cielo,
anche se non potrà mai risolvere i problemi causati dal padrone di
prima, svolti in provvedimenti (o scelte mancate) dal governo che è
venuto dopo e l’ha commissariato (ma con le buone maniere). E tutti
orgogliosi, finalmente, di far parte di questo centrosinistra. Perché
non urlano, non litigano e stanno dentro i limiti stabiliti dal Format.
Queste sì che sono soddisfazioni. Poi non dicono quasi niente, ma fa lo
stesso.
Ma cosa diavolo potrà mai fare un Vendola in un governo
Bersani-Casini, che non abbiamo già visto ai tempi dei vertici tra
Prodi, Mastella, Diliberto e Pecoraro Scanio? E se non vogliamo
discutere di economia, vogliamo parlare allora della fine che faranno le
battaglie per i diritti civili, il testamento biologico, il matrimonio
omosessuale, la fecondazione assistita? Viene già la pelle d’oca. Ma poi
magari vince davvero Renzi, che Casini lo usa solo per fare i giochi di
parole (me lo immagino mentre prova davanti allo specchio) e che darà
finalmente all’Italia un partito moderno moderato riformista liberale
meritocratico laico & cattolico, vagamente di centrosinistra ma che
non disdegna le buone ragioni del centrodestra, nemico della burocrazia
statalista e dell’intellighenzia partitocratica. Toh. Un po’ come avere
insieme Blair, la Merkel, Bill Clinton e Cameron, però con un po’ di
Grillo e anche di Veltroni, così recuperiamo il tempo congelato in
questi anni dal nulla berlusconiano e dal fantasma del Pd e della
sinistra italiana. Dopo di che, quando saremo una nazione normalizzata,
potremo tornare a fare sul serio. A parte tutto, in effetti, c’è poco da
ridere. Ipotesi quartopolista, se ci sei batti un colpo!
Nessun commento:
Posta un commento