Arancioni, benicomunisti, quarto polo, non allineati, antiliberisti,
chiamateli come più vi piace. Fra un po’, comunque si chiameranno loro.
Ma come verrà costruito questo spazio a sinistra e indipendente
dall’alleanza moderati e progressisti?
«Ho molto apprezzato – spiega Paolo Ferrero, segretario del Prc –
l’intervista di De Magistris apparsa stamani sul Mattino. Con la scelta
di dar vita al movimento arancione viene rafforzato il processo di
costruzione della lista unitaria della sinistra contro le politiche
neoliberiste di Monti e del Fiscal Compact. Alle elezioni di primavera
vi sarà quindi un polo politico che dia una speranza e una prospettiva
concreta di cambiamento alle centinaia di migliaia di giovani e
lavoratori che il 14 novembre sono scesi in piazza contro le politiche
del governo Monti». In sintesi vuol dire che Rifondazione – che oggi e
domani terrà il suo comitato politico nazionale – intende cogliere la
possibilità offerta dagli appelli per costruire un polo alternativo al
centrosinistra, «la possibilità di non essere soli» ma dentro un
«processo di costruzione democratica della lista».
Dalle colonne del giornale napoletano, il sindaco di quella città dà
appuntamento «il 12 dicembre a Roma» per «il lancio della lista».
Saranno presentate «alcune persone che hanno deciso di mettere a
disposizione del Paese la loro storia. Avremo candidati ovunque, la
nostra è una lista nazionale». Ma lui, «Io non mi candido», resterà a
Napoli: «Non voglio mollare, e continuerò a lottare per avere adeguata
rappresentanza a Roma».
Ci sarà dunque un “modello Napoli” (vincente anche a Palermo?), ossia
l’alleanza tra pezzi di movimenti sociali e partiti non montisti? De
Magistris li chiama i “non allineati”, «quelli che con molta chiarezza
hanno detto di essere contro il governo Monti» e che, dopo le elezioni
potrebbero anche avere convergenze parlamentari con Grillo. E sono gli
stessi che hanno dato vita all’appello dei 70? I “professori” (Revelli,
Ginsborg, Pepino, Lucarelli, Mattei ecc…) che, dopo aver già incamerato
tremila firme in calce all’appello “Cambiare si può”, hanno confermato
l’appuntamento a Roma per il primo dicembre?
Nello scacchiere c’è l’enigma Di Pietro: il sindaco arancione
partenopeo gli lancia un salvagente: «Perché allora non mantenere il
buono dell’Idv in un altro soggetto di cui potrebbe essere sicuramente
uno dei fondatori?» ma l’ex pm di Mani pulite si profonde in profferte
di voti alle primarie per Bersani e/o Vendola probabilmente per frenare
l’emorragia causata dalla scissione a destra che avrà il Pd come
approdo. Fuori da questo gioco il Pdci e quei pezzi di sinistra
sindacale che fanno capo a Patta: stavano nella Fds ma si sono separati
per andare alle primarie. Ma non tutti. Insomma si sta aprendo uno
squarcio nello scenario dominato da due impianti – il montismo nelle sue
varianti del Pd o del partito della nazione di Casini e il “Vaffanculo
tutti” incarnato dal partito grillino.
«Noi che siamo scesi in piazza il 27 ottobre. Noi che scioperiamo e
manifestiamo insieme a tanti popoli d’Europa contro l’austerità. Noi che
non ne possiamo più di pagare i costi materiali della crisi e anche
quello morale dovuto all”ipocrisia di chi governa. Noi che facciamo? Ci
facciamo ancora rappresentare dalla compagnia di X Factor? E se questa
volta vogliamo non farci fregare dalla narrazione del centro sinistra,
dopo vent’anni di narrazione berlusconiana, per quale alternativa
lavoriamo?», si chiede anche Giorgio Cremaschi, leader dell’eresia
anticoncertativa interna alla Cgil e alla Fiom, promotore del No Monti
day e del comitato No debito. Popoff lo chiama al telefono per capire se
il primo dicembre ci sarà anche lui. «Lo spazio dentro cui dovrebbe
nascere un progetto elettorale dovrebbe essere quello della piazza del
27 ottobre – spiega – dentro il comitato ci sono varie anime ma siamo
più interessati a costruire un programma. Ne discuteremo il 15 dicembre
in un’assemblea nazionale: punti di programma per le elezioni e per dopo
le elezioni, punti di rottura con Monti, coi suoi fiancheggiatori e con
i fiancheggiatori dei fiancheggiatori».
Nelle parole di Cremaschi il timore di ambiguità, soprattutto per
l’idea di qualcuno di roncontrarsi col Pd all’indomani delle elezioni.
«Ma penso che andrò a discutere con questo appello e con altri». Certo è
che l’arancione non entusiasma Cremaschi: «Lo spazio che manca è quello
rosso, che sia rappresentativo delle lotte più radicali in corso nel
Paese». Ciascuno dei soggetti menzionati si interseca con gli altri
dentro ampie zone di sovrapposizione che potrebbero facilitare oppure
complicare il dibattito.
«Condividiamo i vostri giudizi sulla politica del governo Monti, la
necessità di opporsi alle sue scelte economiche liberiste e alle forze
che lo sostengono; per questo condividiamo il giudizio sul ruolo del Pd e
su coloro che si pongono dentro quel recinto – scrive anche l’esecutivo
nazionale di Sinistra critica ai promotori dell’appello “Cambiare si
può” – i contenuti programmatici che voi avanzate sono una base iniziale
per costruire un programma di alternativa alle scelte di austerità. Ben
venga dunque la spinta forte, che voi auspicate, alla costruzione di un
polo alternativo agli attuali schieramenti, non finalizzato a
riprodurre apparati, plurale, che si misuri anche sul terreno
elettorale, occorre costruire un luogo, senza primogeniture, formato da
diverse esperienze, appetibile soprattutto per giovani generazioni, per i
movimenti e per lavoratrici e lavoratori dal futuro sempre più
incerto».
Globalist.it
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