martedì 11 giugno 2013

Fai il cartomante ma con partita Iva di Bruno Ugolini, L'Unita


Nella disperata ricerca di un qualche lavoro, in questi tempi di crisi galoppante, c’è anche chi offre occupazioni «creative». Come quella del «cartomante». Trovo così, negli appositi siti che ospitano annunci, offerte simili a questa: «Cercasi operatori telefonici per centro di cartomanzia telefonica. La collaborazione viene svolta dal proprio domicilio. Indispensabile linea telefonica rete fissa, connessione ad internet o chiavetta». È altrettanto indispensabile, naturalmente – precisa l’annuncio -, essere titolari di una partita Iva. È il requisito indispensabile richiesto a migliaia di giovani e non più giovani alla ricerca di un lavoro.
Anche a quelli che continuano a coltivare la speranza di lavori tradizionali di carattere manuale. Come quello del carpentiere. Ed ecco un’azienda del nord Milano che «ricerca per collaborazione professionale n.1 carpentiere/saldatore finito con partita Iva». Così come c’è chi si offre: «Buongiorno, mi chiamo H..N…e sono un albanese da tanti anni regolarmente in Italia. Lavoro come artigiano con partita Iva e sono in regola col Durc (che sta per Documento unico regolarità contributiva, ndr). Vista la crisi nel settore, valuto e cerco nuove opportunità di collaborazione. Compenso stimato circa 19 euro/ora (oltre Iva se dovuta) ma, sulla base della proposta, si valutano anche compensi inferiori».
È in atto, insomma, una specie di esodo dai contratti flessibili alle partite Iva. Un’assai documentata relazione di Patrizio Di Nicola (Osservatorio Lavoro Atipico Associazione 20 maggio – tutelare i lavori) ha spiegato che nel cosiddetto lavoro parasubordinato si sono persi dal 2007 a oggi 207.881 posti di lavoro (175mila solo tra i collaboratori). Costoro non sono passati al lavoro stabile. Sono diventati disoccupati o hanno aperto partite Iva individuali nella speranza che camuffandosi da imprenditori si possa rintracciare un’occupazione.Così i contribuenti attivi per ogni anno possessori di partita Iva sono passati dai 222.571 del 2007 ai 281.259 del 2011 con un aumento di poco meno di 59mila partite Iva. La riforma Fornero ha incentivato questo aspetto. Quelli che ricorrono a tale sponda non sono solo ragazze e ragazzi. La maggioranza – dice sempre la relazione Di Nicola -, di coloro che hanno contribuito all’aumento delle partite Iva (ovverosia il 73%) sono al di sopra dei 60 anni e probabilmente provengono in gran parte dal lavoro subordinato. «Dopo l’espulsione dal lavoro, hanno avuto come unica via d’uscita quella di diventare lavoratori autonomi». Tutte persone che tra l’altro vedono le loro modeste retribuzioni falcidiate dagli aumenti dei contributi Inps. Una scelta che porta il netto disponibile di un soggetto che ha un reddito di 1.000 euro al mese dai 545 euro attuali a 485 euro mensili, dopo il completamento dell’aumento dei contributi Inps.Un quotidiano, il Corriere del Veneto, ha pubblicato un’inchiesta, a cura di Sandro Mangiaterra, in cui tra l’altro si riportano alcune interviste. Così leggiamo che Roberto, 30 anni, veronese, dopo la terza media ha iniziato a fare il muratore. Poi però l’impresa per cui lavorava gli ha raccontato che le commesse erano in calo e bisognava ridurre i dipendenti cominciando dai più giovani offrendo loro di passare alla partita Iva così «non sarebbe cambiato niente». Invece ora, racconta Roberto, «mi devo pagare io i contributi previdenziali e l’assicurazione contro gli infortuni, oltre a tutte le tasse. Ho calcolato che per prendere lo stipendio di prima, 1.200 euro netti al mese, dovrei fatturare 30mila euro all’anno. E quando ci arrivo?».
Il giornale ha chiesto anche un parere a Lia Colpo, coordinatrice per il Veneto del Nidil Cgil, il sindacato delle nuove identità del lavoro. Ed è lei a spiegare, confermando l’osservazione di Di Nicola, come ci siano, «anche cinquantenni espulsi dalle fabbriche, che tentano di lanciarsi in un’attività in proprio per portare a casa qualche soldo e arrivare all’età della pensione». Mentre Daniele Marini, professore di sociologia dei processi economici all’Università di Padova, nonché direttore scientifico della Fondazione Nordest, osserva: «Chi invece si ritrova senza un posto in età matura vive la partita Iva come una speranza di reddito per continuare a pagare le bollette o come una forma transitoria per rimanere agganciato al mondo del lavoro». Ultracinquantenni e giovani travolti, insomma, da eguale destino. Nell’attesa che il governo Letta-Alfano passi dalle parole ai fatti.

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