lunedì 12 gennaio 2015

A chi giova lo “scontro di civiltà” di Carlo Formenti

Presentando le stragi di Parigi come un 11 settembre europeo, uno spartiacque che non lascerà nulla di immutato, le caste politiche e i media del Vecchio Continente hanno subito chiarito come intendono sfruttare l’occasione che i tre kamikaze francesi di fede musulmana hanno offerto loro su un piatto di argento.
L’11 settembre è stato utilizzato dall’imperialismo americano per intensificare la sua politica di aggressione sugli scenari del Vicino e Medio Oriente, ma soprattutto per instaurare un regime di sorveglianza e controllo sempre più invasivo e repressivo nei confronti degli stessi cittadini americani, come di quelli dei loro “alleati” (dal Patriot Act al sistema di spionaggio globale che abbiamo scoperto grazie alle rivelazioni di Edgar Snowden).
Allo stesso modo, le stragi di Parigi verranno usate per suscitare un patriottismo europeo che non si era ancora riusciti a inculcare nelle teste di cittadini ostili a questa Europa governata da oligarchie finanziarie, incapace di garantire qualsiasi spazio di partecipazione democratica (in questi giorni è in atto la seconda, vergognosa campagna di minacce e intimidazioni contro gli elettori greci perché non votino Syriza).
Siamo chiamati a mobilitarci in una guerra contro il terrorismo che viene presentata come una guerra di religione e un confronto fra civiltà; così sperano di indurci a rinunciare a ulteriori quote di libertà (non l’innocua libertà di satira, ma quella di contestare, lottare, esprimere opinioni antagoniste nei confronti del sistema neoliberista e delle sue politiche) in cambio di sicurezza (e poco importa se l’innalzamento dei livelli securitari non è mai riuscito a impedire nuovi attentati).
L’impegno dei giornali conservatori è, in questo senso, assiduo. Il Corriere della Sera ripubblica le urla di odio di Oriana Fallaci, accompagnandole con gli anatemi contro il “buonismo” delle sinistre dei vari Pierluigi Battista, Piero Ostellino ecc.  Con tronfia ignoranza, si parla di una civiltà musulmana che non sarebbe mai uscita dal medioevo (alle corti dei mori di Spagna si godeva di livelli culturali ben più avanzati di quelli di un’Europa appena uscita dal peggior oscurantismo).
Soprattutto si lamenta la mancata separazione fra Chiesa e Stato (come se l’Occidente rappresentasse la punta avanzata di un percorso storico univoco, vincolante per ogni altra nazione e cultura) sventolando la bandiera di un laicismo tanto più sospetto in quanto nasconde la realtà di una civiltà che ha sostituito la religione cristiana con la religione del mercato, un culto assai più esigente che ha generato e continua a generare  guerra, sfruttamento e oppressione in tutto il mondo.
Ma l’ignoranza (spesso simulata: ci si finge ignoranti per nascondere quanto si sa benissimo) attinge livelli sublimi nella descrizione del “nemico”. Quasi nessuno ricorda che la guerra l’abbiamo iniziata noi occidentali con le nostre imprese coloniali e neo coloniali, né che siamo stati noi a foraggiare di risorse e armi il nemico: dall’appoggio ai Talebani in funzione anti russa all’alleanza con l’Arabia Saudita, la vera testa di serpente di tutti i fondamentalismi, ma troppo utile per essere sconfessata (vedi come si è prestata a pilotare il crollo del prezzo del petrolio per colpire altri Paesi produttori come la Russia e il Venezuela).
Quasi nessuno ricorda che siamo stati noi occidentali ad appoggiare i peggiori regimi totalitari (dallo Scià di Persia ai militari egiziani) contro i movimenti popolari che volevano rovesciarli, per paura di perdere il controllo sul petrolio. È nel vuoto politico, sociale e culturale prodotto da queste politiche che è cresciuto quel grumo di rabbia, paura e risentimento in cui affonda le radici il terrorismo integralista; il quale non è affatto un “residuo” medioevale ma il prodotto ipermoderno (vedi il suo uso avanzato dei media) di conflitti locali e globali.

È laddove e quando non è possibile dare forma e sbocco politici alla speranza di cambiamento, che si affermano forme di religiosità fanatiche come quelle che oggi ci aggrediscono. Questo è ancora più chiaro nel caso delle “conversioni” di giovani migranti di terza/quarta generazione, quali erano i protagonisti degli attentati di Parigi: figure che incarnano il fallimento delle politiche di integrazione e delle chiacchiere “multiculturali” di una società che ha confinato la racaille (la feccia, come li chiama Sarkozy) nei ghetti periferici; ragazzi che fino a poco fa non erano nemmeno musulmani praticanti e che poi hanno cercato e trovato risposte in un discorso pseudoreligioso che dava voce al loro risentimento.
In fondo questa è la stessa logica che fa sì che i ceti popolari bianchi, impoveriti dalla crisi, esprimano la loro rabbia contro le politiche neoliberiste avvicinandosi all’estremismo di destra. Il vero peccato delle sinistre non è il buonismo, ma la loro incapacità di rappresentare gli interessi degli ultimi, interessi che hanno tradito per inseguire il consenso elettorale delle classi medie. È su di loro che ricadrà la responsabilità se il progetto di scatenare una guerra fra poveri (perché questo sarebbe il cosiddetto “conflitto di civiltà”) avrà successo e vedrà i combattenti di entrambe le parti organizzati ed egemonizzati da forze politiche reazionarie.
Infine, cari concittadini europei, sarebbe il caso di tenere presente quanto segue: se è vero che il mondo, come ha denunciato papa Francesco, sta precipitando in una nuova guerra mondiale, ebbene lo scontro fra Occidente e Islam è solo uno dei tanti fronti di un conflitto globale che assume forme diverse (guerra per il controllo dei mercati con la Cina e altre potenze emergenti, prodromi di una tradizionale guerra di confine con la Russia, per tacere dei conflitti che attraversano i continenti africano e sudamericano). L’unico modo per uscirne non è mobilitarsi in sostegno del proprio polo imperiale, bensì spostare il conflitto sul terreno della lotta di classe, qui in Europa come in tutti gli altri Paesi coinvolti.

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