venerdì 16 gennaio 2015

Il problema non è la crisi capitalistica di Santiago Alba Rico


Vediamo innanzi tutto cosa non è una crisi capitalista.
Che 950 milioni di persone soffrano la fame in tutto il mondo, questo non è una crisi capitalista.
Che ci siano 4750 milioni di poveri in tutto il mondo, questo non è una crisi capitalista.
Che ci siano 1000 milioni di disoccupati in tutto il mondo, questo non è una crisi capitalista.
Che più del 50% della popolazione mondiale attiva lavori in condizioni precarie, questo non è una crisi capitalista.
Che più del 45% della popolazione mondiale non abbia accesso ad acqua potabile, questo non è una crisi capitalista.
Che 3000 milioni di persone non abbiano accesso a servizi minimi di salute, questo non è una crisi capitalista.
Che 113 milioni di bambini non abbiano accesso all'educazione e 875 milioni di adulti continuino ad essere analfabeti, questo non è un crisi capitalista.
Che 12 milioni di bambini muoiano ogni anno a causa di malattie perfettamente curabili, questo non è una crisi capitalista
Che 13 milioni di persone muoiano ogni anno a causa del degrado dall'ambiente e del cambio climatico, questo non è una crisi capitalista.
Che 16306 specie siano in pericolo di estinzione, fra le quali un quarto dei mammiferi, non è una crisi capitalista.

Tutto questo succedeva prima della crisi. Che cos'è, quindi, una crisi capitalista? Quando comincia una crisi capitalista?
Parliamo di crisi capitalista quando affamare 950 milioni di persone, mantenerne 4700 milioni nella povertà, lasciare senz'acqua al 45% della popolazione mondiale e senza servizi di salute al 50%, sciogliere i poli, negare aiuto ai bambini e farla finita con gli alberi e gli orsi ormai non genera profitto sufficiente per 1000 imprese multinazionali e 2 milioni e mezzo di milionari.
Ciò che dimostra la superiore efficienza e capacità di resistenza del capitalismo è che tutte queste calamità umane – che avrebbero invalidato qualunque altro sistema economico – non hanno nessun effetto sulla sua credibilità, né gli impediscono di funzionare a pieno ritmo. È esattamente questa indifferenza meccanica che lo rende naturale, invulnerabile, imprescindibile. Il socialismo non sopravvivrebbe a questo disprezzo per l'essere umano, così come non sopravvisse in Unione Sovietica, perché è pensato esattamente per soddisfare le necessità dell'essere umano; il capitalismo sì che sopravvive e perfino si irrobustisce con le disgrazie umane, perché non è stato concepito per alleviarle. 
Nessun altro sistema storico ha prodotto più ricchezza, nessun altro sistema storico ha prodotto più distruzione. Basta considerare in parallelo queste due direttrici – la direttrice della ricchezza e la direttrice della distruzione – per rendersi conto di tutto il suo valore e di tutta la sua magnificenza. Questo doppio compito, che è il suo, il capitalismo lo fa meglio di chiunque altro ed il suo trionfo è inappellabile; che ci siano sempre più cibo e sempre più fame, più medicine e più malati, più case vuote e più famiglie senza tetto, più lavoro e più disoccupati, più libri e più analfabeti, più diritti umani e più crimini contro l'umanità. […]

Le soluzioni che propongono, e applicheranno, i governi del pianeta perpetuano, in ogni caso, la logica immanente dell'ampliamento del profitto come condizione di sopravvivenza naturale: privatizzazione di fondi pubblici, allungamento della giornata lavorativa, licenziamento libero, diminuzione delle spese sociali, sgravio fiscale agli imprenditori. Cioè, se le cose non vanno bene è perché non vanno peggio. Cioè, se 950 milioni di affamati non garantiscono abbastanza profitto, bisognerà raddoppiare questa cifra. Il capitalismo consiste in questo: prima della crisi condanna alla povertà 4700 milioni di esseri umani; in tempi di crisi, per uscirne, solo può aumentare il tasso di profitto aumentando il numero delle sue vittime. […]
 
Il problema non è la crisi del capitalismo, no, ma il capitalismo stesso. […] In un mondo con molte armi e poche idee, con molto dolore e poca organizzazione, con molta paura e poco impegno – il mondo che ha prodotto il capitalismo – la barbarie è molto più probabile del socialismo. […]

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