Casa Pound Cremona, la sezione dell’organizzazione
nell’ambito lombardo probabilmente più consistente, fin dalla sua
nascita nel maggio 2013, seguendo una regola interna che a ogni sede
corrisponda un’intestazione propria, si è scelta il nome di
«Stoccafisso». Apparentemente un gioco. Nella città che fu del Ras
Roberto Farinacci, gran organizzatore di squadracce, questo
particolare è tutt’altro che innocuo. La storia racconta che sul
finire del «biennio rosso», quando i fascisti della bassa val Padana
si videro recapitare da alcune prefetture il divieto di detenere
i manganelli, ricorsero all’uso di pezzi di baccalà, stecche dure
lunghe più di un metro e mezzo da utilizzare come bastoni. Da qui la
scelta del nome, indicativo della natura di Casa Pound, che
ispirandosi al primo movimento fascista, quello degli esordi, esalta
ostentatamente l’epopea delle aggressioni ai dirigenti e ai
militanti socialisti e comunisti come degli assalti alle sedi delle
camere del lavoro e delle leghe contadine. L’attacco preordinato
di domenica sera al centro sociale Dordoni di Cremona, non a caso,
è stato condotto seguendo gli antichi insegnamenti, concentrando
gruppi di picchiatori, anche provenienti da altre città (Parma
e Brescia), per colpire in forte superiorità numerica, senza
problemi.
Più volte Casa Pound ha anche «mimato» in cortei per le vie di Roma
le «spedizioni punitive» del 1920–1921 sfilando su camion scoperti
con a bordo militanti agghindati con tanto di Fez. Le stesse
denominazioni con cui ha marchiato i propri punti di ritrovo o i
propri siti di riferimento, dalla libreria La Testa di Ferro (in
ricordo del giornale fondato nel 1919 da Gabriele D’annunzio al tempo
dell’impresa fiumana) al forum internet Vivamafarka (dal
romanzo-scandalo di Marinetti del 1909, Mafarka il futurista,
sottoposto in quegli anni a processo per oltraggio al pudore, in
cui si decantavano le gesta immaginarie di un re nero che amava la
guerra e odiava le donne), dicono di questa identificazione.
Non siamo di fronte a semplici suggestioni culturali. Dalle sue
fila, analizzando i fatti accaduti, solo negli ultimi tre anni,
provengono Gianluca Casseri che a Firenze nel dicembre 2011 ha
assassinato a colpi di pistola due ambulanti senegalesi, ferendone
gravemente un terzo, e Giovanni Ceniti, ex responsabile di Casa
Pound Novara, uno dei killer di Silvio Fanella ucciso a Roma
nell’estate scorsa. Un’organizzazione che la Cassazione, il 27
settembre 2013, nell’ambito di un procedimento a Napoli contro il
suoi dirigenti locali ha giudicato «ideologicamente orientata
alla sovversione del fondamento democratico del sistema».
Prima dell’aggressione di Cremona, solo qualche settimana fa,
a fine dicembre, se ne era verificata un’altra, con le stesse
modalità, a Magliano Romano, dove una ventina di squadristi di Casa
Pound con i passamontagna, armati di spranghe e bastoni, avevano
aggredito i tifosi dell’Ardita, un club di supporter della squadra
romana di calcio del quartiere San Paolo. Sette i feriti, con
fratture, escoriazioni ed ecchimosi.
L’incredibile impunità di cui gode Casa Pound è sotto gli occhi di tutti. È tempo di porre il problema.
* Saverio Ferrari - il Manifesto
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