E' perentorio il giudizio di Stefano Rodotà sulla legge sulla diffamazione a mezzo stampa approvata al Senato e che adesso passa alla Camera. "È una proposta che mette a rischio il diritto costituzionale ad informare ed essere informati", "per questo la legge è pericolosa, non solo per la libertà d'informazione ma per la democrazia stessa."
La lettera che ha firmato insieme a Marco Travaglio, Milena Gabbanelli, Lirio Abbate ed altri, sottolinea il fatto che in un mondo in cui l'informazione digitale, il giornalismo partecipativo e il dialogo online, diventeranno maggioritari, si stia facendo una legge che non prevede adeguate garanzie per il web. Rodotà sottolinea che: "Quello che pure mi preoccupa, è che viene pericolosamente ampliata la responsabilità del direttore per omesso controllo, ormai improponibile in via di principio e sicuramente devastante per i giornali online, caratterizzati da un continuo aggiornamento”.
E' evidente come la questione ci vede estremamente sensibili e preoccupati. Da un lato conferma come la maggiore preoccupazione coercitiva della classe dominante si sia concentrata proprio sulla stampa online sulla quale, come giornale, abbiamo avviato una sfida che si sta rivelando efficace (abbiamo chiuso il 2014 con 2milioni e 850mila visite, il 40% in più rispetto al 2013) e quasi 40mila nella sola prima settimana del 2015, nonostante le festività. Il potere ha ben ccompreso tale potenzialità – non solo di Contropiano ovviamente – ed è corso ai ripari con una legge dal classico e ipocrita sapore liberale: niente più carcere per i giornalisti ma sanzioni pecuniarie e restrizioni tali da mettere in ginocchio e ridurre al silenzio chi non dispone di solide finanze per pagare le sanzioni. Come abbiamo già scritto in passato sappiamo contare meglio i metri quadrati di una cella che le migliaia di euro. E con almeno tre processi che ci attendono al varco avremmo preferito la vecchia legge che la nuova.
Per contrastare l'approvazione definitiva di questa legge è stato lanciato l'appello "No diffamazione". Ecco il testo che può essere sottoscritto qui.
#meglioilcarcere
La nuova legge sulla diffamazione è sbagliata.
Doveva essere una riforma della legge sulla stampa che eliminando la pena del carcere per i giornalisti, liberava l’informazione dal rischio di sanzioni sproporzionate, a tutela dei diritti fondamentali di cronaca e di critica: il testo licenziato al Senato rischia di ottenere l’effetto opposto, rivelandosi come un maldestro tentativo di limitare la libertà di espressione anche sul web.
La legge sulla diffamazione che potrebbe presto essere approvata, prevede in particolare:
1) sanzioni pecuniarie fino a 50 mila euro che appaiono da un lato inefficaci per i grandi gruppi editoriali e dall’altro potenzialmente devastanti per l’informazione indipendente, in particolare per le piccole testate online. Inoltre viene pericolosamente ampliata la responsabilità del direttore per omesso controllo, ormai improponibile in via di principio e sicuramente devastante per le testate digitali caratterizzate da un continuo aggiornamento;
2) un diritto di rettifica immediata e integrale al testo ritenuto lesivo della dignità dall’interessato, senza possibilità di replica o commento né del giornalista né del direttore responsabile, e che invece di una “rettifica”, si configura come un diritto assoluto di replica, assistito da sanzioni pecuniarie in caso di inottemperanza, che prescinde, nei presupposti della richiesta, dalla falsità della notizia o dal carattere diffamatorio dell’informazione;
3) l’introduzione di una sorta di generico diritto all’oblio che consentirebbe indiscriminate richieste di rimozione di informazioni e notizie dal web se ritenute diffamatorie o contenenti dati personali ipoteticamente trattati in violazione di disposizioni di legge. Previsione questa che non appare limitata alle sole testate giornalistiche registrate ma applicabile a qualsiasi fonte informativa, sia essa un sito generico, un blog, un aggregatore di notizie o un motore di ricerca, e che fa riferimento al trattamento illecito dei dati che è concetto dai confini incerti in particolare nell’ambito del diritto di cronaca e critica e che non ha alcuna attinenza col tema della diffamazione.
Più specificamente, la previsione di un assoluto diritto all’oblio, esercitato senza contraddittorio, è destinato a produrre un infinito contenzioso tutte le volte che, di fronte a richieste ingiustificate, il direttore legittimamente decida di non accoglierle. Ma la nuova norma può anche indurre ad accettare la richiesta solo per sottrarsi proprio ad un contenzioso costoso o ingestibile e, soprattutto, può portare alla decisione di non rendere pubbliche notizie per le quali è probabile la richiesta di cancellazione, con un gravissimo effetto di “spontanea” censura preventiva. I rischi non solo per la libertà d’informazione, ma per la stessa democrazia, sono evidenti
Una legge che modifica la normativa sulla stampa al tempo del web deve avere come primo obiettivo la tutela della libertà di espressione e di informazione su ogni medium: e questo non si ottiene prevedendo nuove responsabilità e strumenti di controllo e rimozione, ma estendendo ai nuovi media le garanzie fondamentali previste dalla Costituzione per la stampa tipografica.
La legge sulla diffamazione proposta ha invece il sapore di un inaccettabile “mettetevi in riga”, sotto la minaccia di facili sanzioni, rettifiche e rimozioni, per quei giornalisti coraggiosi, blogger e freelance che difendono il diritto dei cittadini ad essere informati per fare scelte libere e consapevoli.
La mancanza di norme che sanzionino richieste e azioni giudiziarie temerarie o infondate non fa che aggravare un quadro di potenziale pressione sull’informazione che la sola eliminazione del carcere come sanzione non è sufficiente a scongiurare e che anzi con la nuova legge si aggrava.
La nuova legge sulla diffamazione è pericolosa per le molte violazioni in essa previste del diritto costituzionale d’informare e di essere informati.
Per questo invitiamo tutti i cittadini ad aderire a questo appello, e chiediamo ai parlamentari di non approvare la legge.
Ne va della libertà di tutti.
I promotori:
Associazione Articolo 21,
Associazione Nazionale Stampa Online,
Confronti,
Federazione Nazionale della Stampa Italiana,
Libera Informazione,
Libertà e Partecipazione,
Ossigeno per l’Informazione,
MoveOn,
Valigia Blu,
USIGRAI
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