Seguendo anche il meno possibile le chiacchiere da portineria e da talk che fioriscono sulla strage di Parigi, si capisce che il vero dramma sta nella catastrofe dell’intelligenza e dal progetto autoritario che s’insinua come un veleno nel vuoto della memoria, del ragionamento e del sensus sui, tutte facoltà rattrappite più del solito di fronte a un’emozione così povera di contenuti da essere un indecoroso epitaffio per i morti. Proprio ieri sera ho sentito uno di quei bottegai dell’attualità, disposti a imbonire se stessi e il pubblico per un’adeguata mancia, impostare il discorso sull’angosciosa domanda: ma i mussulmani in Europa, come la pensano, non è che si faranno suggestionare dalla tesi che la fusillade nelle strade di Parigi ha qualcosa a che vedere con i bombardamenti e le stragi occidentali che da quindici anni colpiscono luttuosamente il Medio oriente?
Così la guerra che ogni giorno viene descritta persino a suon di fanfare diventa una tesi assurda: anche se fosse vero che li assoldiamo, li bombardiamo, li invadiamo e li massacriamo per il loro bene, poveri esseri inferiori, pur sempre esercitiamo la violenza. Questo è un fatto testimoniato oltretutto da un milione e mezzo di morti in quindici anni, non è un’idea come un’altra e a volte davvero mi rammarico di non essere nel circo di acrobati e clown dei talk per dire il fatto loro a certi gonfi e prezzolati imbecilli. Una volta tanto per prendermi la soddisfazione E’ almeno dal 2011 che siamo ufficialmente in guerra contro il cosiddetto terrorismo, peraltro creato dagli apprendisti stregoni, che ci vantiamo di questa guerra, che ingrassiamo i produttori di armi e adesso scopriamo che è solo una tesi stravagante? E’ il colmo dell’idiozia.
Eppure c’è una ratio nella stupidità: convincere le persone, contro ogni evidenza, che non ci sono ragioni plausibili per gli attacchi in occidente e che essi sono dovuti in gran parte al fanatismo religioso, ovvero alla guerra di civiltà, che diventa, nelle illuminate parole di qualche commentatore particolarmente degradato, stile di vita. Sarà che sparano contro il caffè della mattina e le scosciature fashion.
Dunque guerra all’Islam, quando non è moderato, con le destre che protestano sdegnate perché è noto che i musulmani non sono mai moderati. La regressione infantile verso la crociata è evidente e viene instillata anche in modo indiretto: qualche settimana fa ho sentito con queste mie orecchie parlare dei crociati come di “truppe occidentali”. Certo si trattava di una quelle orride robacce anglo americane per analfabeti nelle stie che propone Focus, ma tutto fa nell’accostare surrettiziamente il caos in medio oriente e la sua geopolitica con eventi di un lontano passato che non c’entrano nulla. Così come l’espressione “di lingua e fede islamica” uscita fuori da un’ineffabile cronista della Sette e che fa il paio con la signorina “di buone letture” che tuttavia non ha mai sentito parlare di un tizio chiamato Camus.
Eppure non bisogna essere storici o sociologi e nemmeno particolarmente addensati con l’agar agar della critica nella società liquida per comprendere una cosa che balza agli occhi se solo ci si mette le cuffie e si azzera il chiacchiericcio: la religione monoteista con medesime radici bibliche non costituisce la massima divisione tra occidente e mondo musulmano, anzi è uno dei cardini di unione e comprensione tra due tipi di società che hanno intrapreso strade sociali differenti entrate poi in un conflitto asimmetrico quando il mondo si è rimpicciolito. E lo testimonia persino il Papa quando dice che non vuole porte blindate. Naturalmente la religione, come parte del bagaglio identitario, come facilitatrice di sacrificio e pretesto metafisico delle modalità sociali è sempre stata giocata in ragione degli interessi reali, tanto che il cristianesimo è servito a giustificare enormi stragi, certo di molte misure superiori a quelle verificatesi durante l’espansione islamica per impadronirsi di terre altrui.
Sarebbe impossibile descrivere qui in poche parole il portato della rivoluzione borghese prodottasi prima con Lutero e Calvino che hanno cercato di adeguare la religione ai nuovi criteri delle società e poi con la rivoluzione francese, dopo la quale la devozione è sempre più divenuta un fatto privato, ancorché utile a mantenere lo status quo, due secoli nei quali è stata anche liberata una nuova idea della natura e della sua indagine scientifica. Ma tutto questo è ancora in nuce o in procinto di avere sbocchi diversi in altri mondi che hanno concetti diversi della libertà, dell’essere nel mondo, dei rapporti sociali e di produzione. Non è certo un caso se le petromonarchie della penisola arabica preferiscano importare lavoro e competenze, lasciando che la popolazione locali campi delle ricche briciole del banchetto petrolifero: sanno bene che altrimenti durerebbero poco con o senza Allah. Dietro lo scontro religioso che talvolta fornisce pretesti e braccia, si nasconde semplicemente lo scontro di interessi e di potere, cioè la radice della guerra e in particolare la volontà delle elites occidentali di mantenere il controllo su territori e risorse senza i quali il loro potere entrerebbe in crisi. La guerra di civiltà, nella quale si è sempre dalla parte giusta fino a che non arriva la sconfitta, non è che una finzione oltre che una buona scusa per eliminare da noi buona parte degli “stili di vita” per i quali si dice che la guerra è giusta. E non solo giusta, ma l’unica cosa per cui vale la pena, come ha detto il primo ministro francese Valls, di sforare il patto di stabilità per produrre nuove armi: non per le pensioni, per i salari, per il welfare, per far vivere dignitosamente le persone, ma per andare a bombardare e a uccidere.
Si esiste in effetti la guerra di civiltà, però non è affatto dell’Islam, ma di chi con questi pretesti vuole derubarci della dignità, delle conquiste di un secolo e mezzo oltre che del futuro. Sfruttando i poveri cristi travolti dalla tragedia che essi hanno creato. Molti dei quali sarebbero ancora vivi se avessero sbarrato il passo per tempo a questi banditi.
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