Magari
fa comodo dimenticarlo, ma in Italia è tuttora viva e vegeta
un’organizzazione terroristica che per un secolo ha fatto migliaia di
morti ammazzati, che 13 e 12 anni fa mise l’Italia a ferro e a fuoco con
stragi mai viste in Europa e nel mondo (salvo la Colombia e il Libano) e
che da vent’anni non spara più perché ha avuto quasi tutto ciò che
chiedeva: la revoca di centinaia di 41-bis per i detenuti e
l’ammorbidimento progressivo del carcere duro per chi ci è rimasto, una
legge più blanda sui pentiti, l’omertà legalizzata con la sostanziale
depenalizzazione della falsa testimonianza, la chiusura delle
supercarceri di Pianosa e Asinara, la delegittimazione scientifica di
magistrati e pentiti, continui limiti alle intercettazioni e alle
indagini, grandi opere da sub appaltare agli amici degli amici, mano
libera sugli affari da Sud a Nord, condoni fiscali per ripulire i soldi
sporchi direttamente con lo Stato, addirittura (dal 1999 al 2001)
l’abolizione dell’ergastolo, leggi col buco su voto di scambio e
autoriciclaggio, ora persino l’innalzamento del limite ai pagamenti in
contanti da mille a 3 mila euro (così da poter spendere i proventi delle
estorsioni spicciole senza dare nell’occhio).
Questa organizzazione
terroristica, essendo formata da italiani doc, quasi tutti cattolici e
molto devoti, non suscita lo stesso allarme di quelle di origine
maghrebina e mediorientale. Eppure controlla da decenni un vasto
territorio: non fra Siria e Iraq, ma fra Sicilia, Calabria e Campania,
con propaggini non in Libia o in Mali, ma in Lazio, Emilia Romagna,
Piemonte, Lombardia, Val d’Aosta e altre regioni. Non si è mai
proclamata Stato solo perché non ne aveva bisogno: diversamente
dall’Isis, fortunatamente isolato, esecrato e combattuto dall’intero
consesso civile, questa organizzazione terroristica ha sempre avuto
ottimi rapporti con quello già esistente, attraverso premier, ministri,
sottosegretari, politici,governatori,sindaci,funzionari, poliziotti,
carabinieri, 007, avvocati, banchieri, commercialisti, giornalisti,
medici e prelati, ottenendo trattative, leggi di favore, impunità,
assunzioni, appalti, finanziamenti, licenze, cure sanitarie e
sacramenti. Senza tutti questi agganci (i “concorsi esterni”), dopo due
secoli di vita, sarebbe stata sconfitta da un pezzo. Un sette volte
presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, è risultato associato a essa
fino al 1980 (e aveva cominciato nel 1946). Il n. 3 del Sisde, Bruno
Contrada, era pagato dallo Stato ma lavorava per essa, infatti fu
condannato a 10 anni.
Un tre volte presidente del
Consiglio, Silvio B., leader del centrodestra, intratteneva con essa
affettuosi e fruttuosi rapporti tramite l’amico Marcello Dell’Utri,che
nel 1992-’93 s’inventò Forza Italia e ora sconta una condanna a 7 anni
per mafia nel carcere di Parma, a qualche cella di distanza da Totò
Riina. Un due volte presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ora
senatore a vita, ha appena rifiutato di testimoniare nel quarto
processo su una delle stragi da essa perpetrata, dove morirono il
giudice Paolo Borsellino e gli uomini della scorta (il primo processo fu
depistato da uomini della polizia, che confezionarono ai giudici un
pacchetto completo di falsi colpevoli per risparmiare quelli veri). Il
pm che sostiene l’accusa nel processo sull’ultima trattativa fra
l’organizzazione e pezzi dello Stato, Nino Di Matteo, è stato condannato
a morte dal Riina con un piano stragista giunto al trasporto
dell’esplosivo a Palermo,ed è costretto a viaggiare su un bomb jammer,
ma soprattutto a subire l’isolamento dalle istituzioni e dalla sua
categoria, il dileggio dei pennivendoli berlusconiani e l’indifferenza
di quelli “progressista”. Invece
l’attuale ministro dell’Interno Angelino Alfano, responsabile
dell’ordine pubblico e della lotta al terrorismo, passa per il nuovo
Kennedy (nel senso di JFK) per le intercettazioni ambientali in cui si
sentono alcuni mafiosi augurargli una morte violenta per non aver
abrogato il 41bis. Ora, il 41bis non è stato abolito non solo da Alfano,
ma da tutti i governi succedutisi da quando fu istituito (decreto
Scotti-Martelli, 6.8.1992). Ed è di competenza del ministro della
Giustizia Andrea Orlando.Perché,allora,i
mafiosi vogliono farla pagare a quello dell’Interno Alfano? Perché essi
stessi spiegano che, diversamente da altri, Alfano è stato “portato qua
con i voti degli amici. È andato a finire con Berlusconi e poi si sono
dimenticati tutti”. Cioè è stato eletto da loro e poi s’è scordato di
loro. Ma di questo passaggio cruciale delle intercettazioni non c’è
traccia nei titoli dei giornali e dei tg, così Alfano può tirarsela da
martire ambulante che “rischia ogni giorno la vita per la lotta alla
mafia”. Purtroppo i mafiosi dicono ben altro: più che come Kennedy, è
come Salvo Lima.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 22/11/2015.
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