mercoledì 4 novembre 2015

La crisi di civiltà investe Roma e Vaticano di Sergio Cararo


La crisi di civiltà investe Roma e Vaticano
Sono molti e insidiosi i segnali che vedono la Capitale al centro di malevole attenzioni e tentazioni ancora inconfessate. Da quello che accade in Campidoglio fino al Vaticano, tutto sembra convergere verso una messa all'indice di Roma come “centro” politico del paese e “centro” spirituale del mondo. La tentazione, inconfessata ma ormai evidente, è quella di “spostare” la Capitale de facto da Roma a Milano. Sbaracchiamo subito il campo da ogni velleità campanilista. Le recenti sconfitte sul campo delle due squadre romane con quelle milanesi sembrano confermare il “presagio” di alcuni mesi fa che vide una colomba bianca lanciata dal balcone del Vaticano aggredita da due rapaci metropolitani.
Stoppiamo qui le suggestioni, che un loro immaginario però lo dipingono, e prendiamo di petto le contraddizioni che stanno emergendo intorno ai simboli del potere temporale, sia nella sua versione statuale che religiosa. Roma Capitale e Città del Vaticano sono infatti legati da una connessione che affonda nei secoli e ne ha legato i destini, i fasti e i nefasti.
Marx sottolinea profeticamente come il capitalismo nella sua continua e contraddittoria ansia da prestazione (per usare un eufemismo), punti continuamente a travolgere e ridefinire le strutture esistenti per crearne di nuove e funzionali alle proprie esigenze di valorizzazione. Questo processo diventa ancora più detonante dentro la crisi. E nessuno può negare che oggi il capitalismo – o meglio, i capitalismi- sono dentro una crisi sistemica che si riverbera anche come crisi della civiltà storicamente prodotta dal suo incedere ma anche dai temporanei compromessi o arretramenti che hanno subito nel XX Secolo (dal socialismo reale al welfare state).
Dentro questo violento processo di adeguamento e sopravvivenza, tutte le strutture e le sovrastrutture della civiltà vengono sollecitate bruscamente e rimesse in discussione. Questo riguarda sia la democrazia rappresentativa – che per decenni è stata spacciata come indissolubile dalla primazia del mercato – sia i monopoli spirituali (e temporali) che ne hanno criticato gli eccessi (il Vaticano, ad esempio).
Se una parte delle vecchie classi dominanti, e il ceto politico che ne era espressione, pensavano di uscire indenni dai contraccolpi della crisi in corso, la medesima illusione è stata coltivata per anni anche dalla Curia di Roma, ossia dalle ultime vestigia del potere temporale del papato. Ed invece ormai ce n'è per tutti.
La governance autoritaria, che dalla gerarchizzazione imposta da Bruxelles discende fino alle amministrazioni statali e locali imponendo piloti automatici e prefetti/commissari, sta ridefinendo completamente le regole della democrazia rappresentativa sostituendole con il dogma della governabilità. Renzi è l'espressione piena di questo modello.
Ma anche in Vaticano – una struttura che per ammissione di almeno due pontefici non è una democrazia nè un parlamento – l'aria non poteva che cambiare bruscamente.
L'apparenza ci lascia intravedere uno scontro tra conservatori e progressisti, la realtà ci dice invece che la crisi di civiltà sta bussando prepotentemente anche alle porte di San Pietro, illuminando nefandezze e bassezze note a molti ma finora sussurrate a mezza bocca o facilmente bypassabili dai diktat e dai desideri della vita reale degli uomini e delle donne, soprattutto di quelli che contano.
A uno squalo della finanza multinazionale quanto può interessare se il Sinodo si divide sulla comunione ai divorziati o sulle aperture verso l'omosessualità? Niente di niente. E per una classe dominante resa incerta e spietata dalla ricerca di uno spiraglio di uscita dalla crisi che l'attanaglia, quanto possono interessare la pertinenza delle unioni civili con la dottrina della Chiesa di Roma? Ancora meno. Del resto, come ha scritto Giuliano Amato, di diritti civili la società liberale ne può concedere a vagonate perchè non costano nulla, mentre i diritti sociali - che un costo ce l'hanno - vanno ridotti.
Dentro questa contraddizione si muove un mondo che non riesce più a stare al passo con i tempi dettati dalla crisi di civiltà del capitalismo, sia sul piano politico che su quello spirituale.
E allora cosa c'entrano in tutto questo i destini di Roma? C'entrano, perchè Roma è stata per un secolo e mezzo la Capitale di un mondo antico sottoposto bruschi scossoni e sede di un Vaticano capitale spirituale di un mondo ancora più antico e più vasto.
I tecnocrati che reggono le sorti dell'occidente capitalista ragionano con altri parametri, e se la costruzione di una struttura sovrastatale come l'Unione Europea deve realizzarsi appieno, anche le vecchie strutture devono adeguarsi. Il partito dell'Expo non è affatto bendisposto a convivere ancora con il partito del Giubileo “vecchio stile”. Una Milano vicino all'Europa (come cantava Lucio Dalla) in questo senso, diventa una Capitale più funzionale al modello di “civiltà” capitalista oggi dominante di quanto lo possa essere ancora una Roma troppo avviluppata ad un Vaticano che sa di antico e di inadeguato. Volendo usare un linguaggio corrente dopo la vicenda di Mafia Capitale, possiamo dire che è il Mondo di Sopra che vuole superare e distruggere il Mondo di Sotto togliendosi di torno anche buona parte del Mondo di Mezzo.

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