Lo sapevamo già, sapevamo tutto
di Pier Francesco De Iulio, megachip.it
Lo sapevamo già, sapevamo tutto. Lo sapevamo. Lo sapevano e lo sanno
coloro che in questi anni hanno tenuto gli occhi aperti. E sarebbe stato
facile chiuderli. Per indifferenza. Per stanchezza. Perché è più facile
distogliere lo sguardo. Assecondare la visione corta sulle cose che
quotidianamente ci propina il mainstream mediatico.
A poche ore dai recenti attentati di Parigi, leggo, tra i tanti commenti
dell'orgia comunicativa sui social network, uno in particolare: "Credo
che lo sgomento sia maggiore perché si tratta di un'irruzione nella vita
di tutti i giorni. Se accade in Libano, come è accaduto, rientra nelle
probabilità, purtroppo...".
"La vita di tutti i giorni", certo. Ma di chi? Si tratta di "Noi" che
stiamo al di qua della linea di fuoco. Quella linea rossa di sangue al
di la della quale da anni, ogni giorno, si ammazza: in Libia, in
Palestina, in Yemen, in Siria, in Afghanistan, in Iraq, in Ucraina, in
Turchia... Una linea dove "Noi" (anche) ammazziamo. Dove "Noi" (anche)
abbiamo armato e continuiamo ad armare le mani degli assassini.
Non abbassiamo la guardia della coscienza e della ragione.
Osserviamo. Vigiliamo. Agiamo concretamente per la pace, al di qua e al
di la della linea. Affinché nessuno rientri più nella "probabilità".
Stiamo scivolando (ci stanno trascinando) in una guerra di cui nessuno
conosce realmente gli effetti devastanti che avrà (che ha) sulla gente,
sui popoli che la subiranno (che già la subiscono). Sarà una guerra che
introdurrà elementi nuovi. Nessuno sarà pronto. Alla guerra non si è mai
pronti. Prevarrà la paura. E l'odio. E la guerra c'è già. Fermiamola.
Prima che tutto accada
di Sandro Moiso
Prima che tutto accada occorre ragionare e far pensare.
Prima che la canea mediatica fascista, razzista, nazionalista, militarista, perbenista e di sinistra falsamente antagonista inizi ad ululare occorre dire, scrivere, organizzare. Prima ancora che arrivi il conteggio definitivo delle vittime.
Prima che le colpe si riversino sui più deboli e sugli ultimi occorre prepararne la difesa.
Prima che i potenti cerchino il nostro abbraccio occorre denunciarli.
Prima che gli incoscienti accorrano a manifestare con l’imperialismo, il militarismo e il patriottismo, come ai tempi di Charlie Hebdo, occorre smascherare i moventi e i mandanti.
Prima che la canea mediatica fascista, razzista, nazionalista, militarista, perbenista e di sinistra falsamente antagonista inizi ad ululare occorre dire, scrivere, organizzare. Prima ancora che arrivi il conteggio definitivo delle vittime.
Prima che le colpe si riversino sui più deboli e sugli ultimi occorre prepararne la difesa.
Prima che i potenti cerchino il nostro abbraccio occorre denunciarli.
Prima che gli incoscienti accorrano a manifestare con l’imperialismo, il militarismo e il patriottismo, come ai tempi di Charlie Hebdo, occorre smascherare i moventi e i mandanti.
Da tempo vado scrivendo che la guerra è alle porte e nella notte tra
il 13 e il 14 novembre ci è entrata in casa. Solo gli imbecilli, che
troppo spesso governano le società, potevano pensare che la guerra
rimanesse sempre lontana. Solo un pubblico rintronato dai media e dai
social network poteva pensare di continuare a godersi lo spettacolo
dalla finestra di uno schermo. Solo una sinistra fumosa e pervertita nei
suoi ideali e nei suoi principi poteva negarne l’attualità. Nessuno ha
ragionato a sufficienza sul significato di “guerra asimmetrica”.
Certo lo hanno fatto i militari, i servizi più o meno segreti, gli
esperti di geopolitica e hanno usato le loro conoscenze per diffondere
il panico e la paura. Una paura superficiale, strumentale al fascismo
strisciante e al nazionalismo razzista. Una paura irrazionale, ma ancora
lontana. Uno sfondo per una rappresentazione politica e governativa
ancora tutta rivolta alle strategie di governo e di mantenimento del
consenso.
Ma il 14 novembre non è soltanto l’equivalente europeo dello spettacolo americano dell’11 settembre. E’ un altro 28 giugno 1914.
A poco più di un secolo di distanza la guerra è arrivata definitivamente sul fronte occidentale. Ma non l’hanno portata gli immigrati e i profughi, come tanti continuano a blaterare.
A poco più di un secolo di distanza la guerra è arrivata definitivamente sul fronte occidentale. Ma non l’hanno portata gli immigrati e i profughi, come tanti continuano a blaterare.
L’hanno portata gli alleati dell’Occidente e dell’Europa (Stati del
Golfo? Arabia Saudita? Israele? USA? Turchia?). L’ha portata la
competizione imperialista tra gli stati occidentali e la loro necessità
di balcanizzare il Vicino Oriente senza, tra l’altro, saperne prevedere
le conseguenze.
L’ha portata la miseria politica, sociale ed economica delle periferie metropolitane diseredate dove si formano i moderni Gavrilo Princip.
L’ha portata la miseria politica, sociale ed economica delle periferie metropolitane diseredate dove si formano i moderni Gavrilo Princip.
L’ha portata l’incapacità di pensare autonomamente il mondo da parte
di chi a questo vorrebbe opporsi. L’ha portata la mancata azione
sindacale in difesa di chi lavora. L’ha portata un antifascismo ridotto a
pacifismo e a spettacolo estetizzante. L’ha portata l’analisi fumosa
degli pseudo-intellettuali che si dilettano di discettare sulla cultura
della destra, là dove vi è solo odio, violenza e menzogna. L’ha portata
un parlamentarismo ridotto ormai a veder gli schieramenti antagonisti di
un tempo rispecchiarsi l’uno nell’altro così come i loro avversari
populisti.
L’ha provocata l’indifferenza per il destino della specie e
dell’ambiente in cui dovrebbe vivere. L’ha provocata l’egoismo del
guadagno e del profitto. L’ha provocata l’egoismo dei singoli e delle
nazioni. L’ha provocata la scomparsa del concetto di classe e di lotta
di classe. L’ha provocata un modo di produzione distruttivo e assurdo,
spacciato per progresso e modernità. L’ha provocata il petrolio e le
società che se ne occupano e servono. L’ha provocata il motore a scoppio
e le guerre tra coloro che ne detengono il monopolio della produzione.
L’ha provocata il consumismo con le sue cattedrali in attesa di essere
trasformate soltanto in cimiteri di corpi e di merci.
L’ha determinata l’assenza di lotta di classe o anche solo una sua
seria e riconoscibile rappresentanza politica, sia a livello nazionale
che internazionale. L’ha determinata la frenesia per la novità politica e
per il rifiuto dell’esperienza passata. L’ha determinata la scomparsa
delle capacità organizzative e la ricerca della soggettività edonistica
che ha trionfato nella società dello spettacolo. L’ha determinata le
convinzione che un concerto potesse sostituire la lotta. L’ha
determinata una concezione del tempo arcaica in cui si pensa che venti,
trenta o cento anni costituiscano una distanza enorme tra gli
avvenimenti e che ha contribuito ad annullare ogni memoria dell’azione
anti-militarista e antifascista e delle forme più adeguate per condurla.
Prima di tirare calci al vento come gli impiccati Villon, però,
possiamo ancora provare a reagire, lottare, studiare ed organizzare.
Abbiamo mani, voci, libri, esperienze, tastiere, penne: usiamole.
Gridiamo, scriviamo, denunciamo, lottiamo. Non domani. Oggi.
Prima che sia troppo tardi.
Gridiamo, scriviamo, denunciamo, lottiamo. Non domani. Oggi.
Prima che sia troppo tardi.
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