giovedì 19 novembre 2015

Gli ultimi giorni dell’umanità di Alberto Rotondo, esseblog

People law flowers and light candles at the Place de la Republique square in Paris on November 14, 2015, following a series of coordinated attacks in and around Paris late on November 13. At least 128 people were killed in the Paris attacks on the evening of November 13, with 180 people injured, 80 of them seriously, police sources told AFP.  (MARTIN BUREAU/AFP/Getty Images)
Uno strillone — Edizione straordinaria! Assassinato l’erede al trono! Arrestato l’assassino!
Un ebreo — Menomale che non è un ebreo.
La moglie — Vieni via, andiamo a casa (lo trascina via).
Altro strillone — «Neue Freue Presse», edizione straordinaria! L’assassinio di Serajevo! È un serbo l’attentatore!
E’ difficile provare a dire l’indicibile, l’orrore assoluto , la violenza cieca e indiscriminata.
Ci provò giusto cento anni fa , durante gli anni terribili di quell’”inutile strage” che fu il primo conflitto mondiale, il grande intellettuale e scrittore satirico austriaco Karl Kraus .
Scrisse un dramma monumentale, dalla lunghezza spropositata. Un’opera scritta apposta per per non essere mai rappresentata . Non basterebbero infatti 10 giorni consecutivi per metterla in scena e, da allora, le produzioni teatrali ne hanno spesso curato una editio minor. Il titolo dell’opera è significativamente Gli ultimi giorni dell’umanità.
Si tratta di una celebrazione del raccapriccio, del cinismo spietato e financo del ridicolo della morte e della guerra , così come poteva essere avvertito da un esponente borghese di quell’ex Austria Felix che si apprestava a diventare il decadente “terreno di prova” per la distruzione del mondo.
Nell’edizione integrale dell’opera del 1922, il testo era accompagnato da una fotografia, una cartolina postale che la propaganda di guerra aveva già recapito a tutti gli austriaci. . In essa il corpo senza vita di Cesare Battisti, subito dopo l’esecuzione , è attorniato da una serie di funzionari imperiali , ufficiali e sottufficiali che posano sorridenti accanto al loro trofeo di guerra.
battisti
Se Karl Kraus aveva riempito migliaia di pagine per provare a raccontare l’indicibile orrore del conflitto bellico, una rappresentazione in realtà impossibile, un semplice scatto ci rivela l’abisso morale in cui ci affonda la guerra, ogni guerra. Tranquilli funzionari di provincia che posano vanesi accanto al corpo di un uomo giustiziato. Con un sorriso che si fa ghigno orrendo e futile di un’umanità ormai perduta.
Ma c’è un altro aspetto dell’opera di Kraus che va sottolineato. Non a caso Gli ultimi giorni dell’umanità iniziano con la voce di uno strillone che annuncia la ferale notizia “Assassinato l’erede al trono”.
Come scrisse Eric Hobsbawn : “Kraus udì, o piuttosto lesse sui giornali, i segnali che lo convocavano all’ultima battaglia” . Sapeva che “dove perisce lo spirito la frase, la sua carcassa, è più saporita per le iene”. Aveva intuito, in altre parole che “la stampa non solo esprimeva la corruzione dell’epoca, ma era essa stessa sua grande corruttrice, semplicemente attraverso “la requisizione di valori attraverso le parole”.
Ma Karl Kraus viveva un’epoca di parole forti, noi viviamo l’età in cui anche la parola più indignata e il dolore più profondo vengono soffocati dalla babele della comunicazione 2.0 e dalle dirette televisive in tempo reale dal campo di battaglia; mentre le dure parole del potere che annunciano vendetta e morte vengono nascoste dai monumenti di tutta Europa che indossano il tricolore e dai profili social blu bianco e rossi.
Abbiamo fatto fatica a renderci conto che stavamo vivendo in tempi di guerra.
Ma quel “pezzo della terza guerra mondiale”, per usare la celebre espressione di papa Bergoglio, che si è combattuto per le strade di Parigi venerdì scorso, ha mostrato a tutti che la guerra non è un fatto lontano, da rimuovere perché troppo ingombrante per la nostra felice coscienza di tranquilli e paciosi abitanti dell’Occidente.
Al contrario la guerra sarà, con il suo tremendo portato di odi e di vendette e l’ annientamento morale che ne consegue, la chiave interpretativa principale dei fatti politici e sociali di questa difficile contemporaneità.
Intanto il governo francese ha annunciato di voler prolungare lo stato d’emergenza, (una volta si sarebbe usata l’espressione più pregnante di stato di assedio) per un periodo di tre mesi .
Tre mesi in cui saranno vietate le manifestazioni pubbliche, verranno imposti limiti alla libera circolazione dei cittadini, fuori e dentro il territorio francese, si sospenderà la presunzione di innocenza e l’habeat corpus e si censurerà la manifestazione di pensiero non allineata.
Una vera e propria sospensione delle fondamentali libertà da cui è nata la République, à la guerre comme à la guerre.
Che Dio ci aiuti !

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