La campagna elettorale europea è cominciata: Ollie Rehn il finlandese cooptato nel 2009 dai burocrati europei senza che nessuno mai lo abbia eletto, né in patria né altrove, ha cominciato con le bastonate all’Italia la sua ascesa alla presidenza della commissione europea. Il suo rivale il socialdemocratico Martin Schulz, forse non sarà così tranchant, ma è amico personale della Merkel e di certo non vuole contraddire il nuovo accordo per la grosse koalition che non prevede alcun cambiamento in termini di politiche europee.
Così possiamo cominciare a capire che aria tira dalle parti di Bruxelles per l’Italia: lo scontro fra un assertore berlinese dell’austerità e un burocrate ottuso quanto basta per essere la testa di legno di qualcuno che tira i fili, non lascia intravvedere quelle aperture o quelle chiusure d’occhio che in fondo sono state l’inconfessata speranza degli ultimi due anni, sia pure nell’ambito di un gioco delle parti. Ormai è abbastanza chiaro che l’inconsistente strategia presidenziale dei governi tecnici o di larghe intese dediti a fare i primi della classe senza offrire alcuna capacità di resistenza politica ai diktat della troika non hanno ottenuto l’attesa benevolenza sottobanco da spacciare come grandi vittorie, ma anzi hanno fatto nascere l’impressione che il nostro Paese sia l’ideale come vero banco di prova delle filosofie finanziarie dopo la distruzione della piccola e marginale Grecia.
In realtà non è solo l’Italia in gioco, ma tutto il continente e la strada senza uscita che ha imboccato. La stessa candidatura di Rehn al vertice decisionale è di per sé inquietante, visto che egli non è espressione della Finlandia o di un qualunque elettorato continentale, ma un personaggio di modestissima dimensione, cooptato dentro la commissione. Su quali basi, per quali motivi e su pressione di chi? Forse nella storia dell’uomo si possono rintracciare degli indizi.
Vabbé, mi direte, ma se è una persona di valore. Ma su questo ci sono forti dubbi, oltre a quelli suscitati dalla sua citazione di Peppone e don Camillo come vertice della letteratura italiana. Mi insospettisce il fatto che dalla Finlandia sia andato a laurearsi in Usa, ma non ad Harvard o a Yale, bensì in un college di quart’ordine, lo sconosciuto Macalaster (170° nella classifica degli atenei Usa per didattica e 38° come costi, dunque nemmeno una questione di retta) con sede a Saint Paul in Minnesota ( Stato peraltro che è andato in default ed è stato salvato dalle casse federali Usa), per prendere una di quelle lauree generiche, economia, relazioni internazionali e giornalismo, che di solito in America sono appannaggio delle ragazze in cerca di marito o delle piccole elite locali. Ma ha un masterino in Corporativismo e competitività industriale negli stati europei minori presso il S. Antony College di Oxford, il masterificio per souvenir culturali tanto per capirci: insomma per essere ufficialmente quello che tiene le redini dell’economia di un continente, mi sembra un po’ pochino. Però c’è anche qualcosa di più interessante in questo modesto curriculum: con chi ha un rapporto speciale il Macalaster College? Sorpresa: con la Merril Lynch che, guarda caso, è una delle grandi banche fallite e salvate dallo Stato americano, una delle maggiori colpevoli della bolla finanziaria, uno dei centri di azione dell’ideologia liberista. I docenti del Macalaster sono presi dalle filiali provinciali della Merril e gli studenti vanno in quelle stesse sedi a fare gli stage.
Così adesso l’ex studente Olli Rehn, con un passato anche da calciatore che per nostra sfortuna non è continuato, ci dice cosa dobbiamo fare per uscire dalla crisi in cui ci hanno cacciato i suoi insegnanti della Lynch, cerca rimedi all’interno di quella bolla ideologica che ha causato la crisi, si permette di comporre i suoi diktat, come l’aumento dell’Iva imposto con un visita personale a settembre. Ma a nome di chi parla Olli Rehn, che dopo aver inanellato errori su errori, nemmeno si è accorto come lo studio sul quale era stata fondata la politica economica europea è stato ridicolizzato e i suoi autori costretti a dire che si era trattato di un errore di excel? Di elettori no, della Finlandia no. O forse dello stato di Merril? Probabile, ma non cercatelo sulle carte.
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