La
piazza era piena, l’atmosfera reattiva, il palco ben nutrito, la Rai
assente il che indica una certa vibrante preoccupazione a Palazzo
Pampers. Insomma la manifestazione in difesa della Costituzione è
riuscita, nonostante dubbi, ripicche, agitazione in chi detiene
bricioline di potere. La Magna Charta della Repubblica va attuata e non
stravolta attraverso manovre e patteggiamenti da corridoio, questo il
messaggio che si è concretato con le quarantamila persone in piazza del
Popolo e con le 420 mila firme raccolte dalla petizione de de il Fatto. E
tuttavia non mi sentirei di parlare di successo: l’occasione sarebbe
stata propizia a mettere in piazza le premesse di un nuovo soggetto
politico, ma invece nulla di tutto questo è stato delineato, anzi in
molti dal palco si sono affrettati ad escluderlo.
Come temevo la manifestazione si è tradotta in un beau geste, in un
bel pomeriggio pieno di intensi pensieri e buone intenzioni che però fa i
conti con troppi avversari: la codardia sociale di intellettuali
sofferenti di tunnel carpale a forza di firme, ma troppo preoccupati di
mettere a rischio la comoda presenza di tribuna, la resistenza delle
micro élite residuali della sinistra, la paura delle incognite e la
forte tentazione di illudersi ancora della possibilità di far passare il
messaggio e le pressioni al fantasma della socialdemocrazia residua nel
Pd o magari anche nei 5 stelle. E’ come scommettere che Frankenstein si
riveli di buon cuore, il che con la testa di Napolitano, l’animo di
Letta, l’apparato riproduttivo di Berlusconi, la cultura di Grillo, il
portafoglio della Bce ha la stessa probabilità di accadere come la
decadenza del protone in un nucleo di piombo.
Insomma non c’è stato il salto di qualità verso un nuovo soggetto
politico – non frettoloso, ma assolutamente deciso - che oggi è l’unico
strumento per coagulare i vari nuclei di resistenza umana al regime di
osservanza euro finanziaria. Saranno centinaia di migliaia di firme a
far cambiare idea a chi si è fatto beffe di milioni di elettori? Saranno
i discorsi in tribuna, trapelati solo attraverso lo streaming a
intaccare l’egemonia culturale del liberismo? O saranno gli ingegnosi,
brillanti, colorati, puntuali fuochi fatui delle analisi scritte e
ribadite in mille salse , ma lette sempre dalle stesse persone? No di
certo: una cosa che i nostri raffinati intellettuali non hanno ancora
afferrato o forse fanno finta di non capire è che solo l’azione può
permettere non solo di cambiare la situazione, ma anche di comprenderla.
Correggo subito lo sterzo, prima di uscire fuori dal sentiero angusto:
adesso che la manifestazione è riuscita, che si è rassicurato il sistema
politico dicendo che non si vuole creare nessuna nuova forza, che si
fa? E’ evidente che bisogna trovare uno strumento per allargare il
consenso e questo può essere fatto soltanto sul piano della prassi.
Oppure accontentiamoci del mugugno, tragico per qualcuno, drammatico per
molti, comodo per pochi; aspettiamo alcuni decenni, forse un secolo per
far penetrare consapevolezze, illudiamoci che alla fine il disagio e le
paure acquistino l’autocoscienza invece di rivolgersi subito verso le
forme più elementari e rozze di autodifesa come sta avvenendo in Grecia e
in Francia. Il fatto è che in barba a Newton meno azione significa più
reazione: questa è la fisica dei nostri tempi.
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